Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo
Felkészülés meghatározatlan ideig tartó együttlétre
2020
Paese
Ungheria
Genere
Drammatico
Durata
95 min.
Formato
Colore
Regista
Lili Horváth
Attori
Natasa Stork
Viktor Bodó
Benett Vilmányi
Andor Lukáts
Zsolt Nagy
Marta (Natasa Stork), giovane neurochirurga di fama internazionale, si innamora follemente al punto di mollare tutto per amore. Dopo aver conosciuto un uomo ungherese in New Jersey durante una conferenza medica, non ha dubbi ed è disposta a seguirlo a Budapest: lui, però, sembra non averla mai conosciuta. Dopo lo shock iniziale, Marta inizia un lungo percorso di indagine per scoprire la verità.

“Penso di averti inventato nella mia testa”: i versi confessionali di Sylvia Plath, dedicati ad un amore perduto o forse mai esistito, fanno da apertura ad un film (il secondo della cineasta ungherese Lili Horvát) che ruota proprio attorno al ruolo dell’immaginazione nel colmare il vuoto lasciato da un profondo e insoddisfatto bisogno d’amore, un vuoto i cui disastrosi risultati sono stati recente oggetto di riflessione in film come Joker (2019) di Todd Phillips. Una scelta efficace quella di rendere Márta una neurochirurga: ciò dona una certa poeticità al fatto che la donna si ritrovi a confrontarsi sia con il cervello in quanto organo fatto di materia organica, che lei conosce e sa maneggiare molto bene, sia con qualcosa di molto più spaventoso e incontrollabile, ovvero ciò che quell’organo è capace di generare. Una capacità che tuttavia potrebbe rivelarsi un appiglio per Márta, la quale sembra desiderare che il suo terapista le diagnostichi un disturbo della personalità, perché nulla è terrificante quanto la possibilità che il suo grande amore si sia semplicemente rivelato una delusione, un’ipotesi apparentemente avvalorata dalla speculare e delirante ossessione che il giovane studente di medicina nutre per lei. La Horvát dimostra così di saper costruire dei personaggi credibili, complessi e perciò profondamente umani. Molto interessanti anche le scelte stilistiche: il montaggio, la musica che oltrepassa il confine della diegesi e la sensazione quasi onirica data dalla grana della pellicola 35mm ci proiettano nella mente di Márta e alimentano fino alla fine il sospetto che si tratti di un narratore inaffidabile. Di grande impatto i primissimi piani sul suo volto, un’enigmatica maschera di compostezza attraverso cui riusciamo a vedere solo quando nessuno la osserva. Presentato alle Giornate degli Autori della 77° Mostra del Cinema di Venezia e proiettato al 45° Festival di Toronto nella sezione Contemporary World Cinema, il film è stato presentato dall’Ungheria per la corsa agli Oscar del 2021.
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