Slow West
Slow West
2015
Paesi
Gran Bretagna, Nuova Zelanda
Generi
Western, Sentimentale, Azione
Durata
84 min.
Formato
Colore
Regista
John Maclean
Attori
Kodi Smit-McPhee
Michael Fassbender
Ben Mendelsohn
Caren Pistorius
Rory McCann
Edwin Wright
Andrew Robertt
Jay Cavendish (Kodi Smit-McPhee) è un ingenuo sedicenne che, dalla Scozia, ha viaggiato fino a raggiungere le lontane e desolate praterie del Colorado in cerca del suo amore perduto. Sulla sua strada incontra il misterioso Silas (Michael Fassbender), che si offre di fargli da guida dietro compenso. Jay non sa, però, che Silas è un cacciatore di taglie il cui obiettivo sono proprio John (Rory McCann) e Rose Ross (Caren Pistorius), amore di Jay su cui pende una taglia da duemila dollari.
Sorprendente esordio dietro la macchina da presa per John Maclean, di professione musicista, che qui dipinge con una lenta e dolce pennellata un immaginario western che si rifà a tutti i più classici stereotipi del genere: il solitario, le taglie sui fuorilegge, furfanti scorbutici e vendicativi. Maclean, però, non li ripete pedissequamente, ma li capovolge ai fini della storia, che ha molti più punti in comune con una fiaba che con il classico western all’americana. La sceneggiatura, firmata dallo stesso regista, si prende i suoi tempi e dilata (a tratti eccessivamente, tanto da sfiorare la maniera) le sequenze per esaltare un senso di meraviglia e di impotenza, veicoli di quel romanticismo che è il pilastro portante del personaggio principale; il quale, in un mondo assurdo, violento e senza anima, è destinato a soccombere. Pur non disprezzando alcuni toccanti affondi contro il genocidio nei confronti dei nativi americani, la pellicola viaggia con disinvoltura (con più di un debito nei confronti di maestri come Tarantino e i fratelli Coen) verso l’inevitabile ed epica conclusione. Da parte sua, Maclean aggiunge al genere quel tocco di speranza nell’umanità che in opere simili sembrava essere stato bandito per sempre. Buono il livello del cast, in cui spiccano il villain di Ben Mendelsohn e Caren Pistorius, al primo ruolo di rilievo; meno convincente è Kodi Smit-McPhee, il cui accento scozzese si perde a più riprese. Presentato al Sundance Film Festival, dove ha ottenuto il Premio della giuria.
Sorprendente esordio dietro la macchina da presa per John Maclean, di professione musicista, che qui dipinge con una lenta e dolce pennellata un immaginario western che si rifà a tutti i più classici stereotipi del genere: il solitario, le taglie sui fuorilegge, furfanti scorbutici e vendicativi. Maclean, però, non li ripete pedissequamente, ma li capovolge ai fini della storia, che ha molti più punti in comune con una fiaba che con il classico western all’americana. La sceneggiatura, firmata dallo stesso regista, si prende i suoi tempi e dilata (a tratti eccessivamente, tanto da sfiorare la maniera) le sequenze per esaltare un senso di meraviglia e di impotenza, veicoli di quel romanticismo che è il pilastro portante del personaggio principale; il quale, in un mondo assurdo, violento e senza anima, è destinato a soccombere. Pur non disprezzando alcuni toccanti affondi contro il genocidio nei confronti dei nativi americani, la pellicola viaggia con disinvoltura (con più di un debito nei confronti di maestri come Tarantino e i fratelli Coen) verso l’inevitabile ed epica conclusione. Da parte sua, Maclean aggiunge al genere quel tocco di speranza nell’umanità che in opere simili sembrava essere stato bandito per sempre. Buono il livello del cast, in cui spiccano il villain di Ben Mendelsohn e Caren Pistorius, al primo ruolo di rilievo; meno convincente è Kodi Smit-McPhee, il cui accento scozzese si perde a più riprese. Presentato al Sundance Film Festival, dove ha ottenuto il Premio della giuria.
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