Toglimi un dubbio
Ôtez-moi d'un doute
2017
Paesi
Francia, Belgio
Generi
Commedia, Drammatico
Durata
100 min.
Formato
Colore
Regista
Carine Tardieu
Attori
Cécile de France
François Damiens
Guy Marchand
André Wilms
Alice de Lencquesaing
Lyès Salem
Sam Karmann
Brigitte Roüan
Julie Debazac
Il quarantenne Erwan (François Damiens) lavora come artificiere esperto nel disinnesco di bombe e mine che risalgono alla Seconda Guerra Mondiale. La sua professione così rischiosa non è niente in confronto al caos della sua vita privata, un vero e proprio campo minato: sua figlia Juliette (Alice De Lencquesaing) è incinta ma non sa e non vuole sapere chi è il padre, mentre un test medico rivela a Erwan che l'uomo che l'ha cresciuto non è il suo vero padre. Mettendosi alla ricerca del genitore biologico individua il settantenne Joseph (André Wilms) e si innamora della travolgente Anna (Cécile de France).
A partire da delle premesse “esplosive” legate al personaggio principale e ispirandosi alla lezione del cinema di Claude Sautet e in particolare al suo È simpatico, ma gli romperei il muso (1972) con Yves Montand, la regista Carine Tardieu ha messo in piedi una ronda familiare delicata, giocata su un registro giocoso ma mai lezioso, sottilmente e amaramente ironico. Incentrato sull’impossibilità di mantenere il controllo sulla propria vita nel momento in cui gli imprevisti provvedono a infiammarla e sabotarla, Toglimi un dubbio vede il protagonista, interpretato dal sempre misurato e sfaccettato Damiens, prestarsi efficacemente al ruolo del reduce dell’Iraq e dell’Afghanistan, una figura che non si vede quasi mai nel cinema europeo: corpulento e appesantito dalla malinconica e da un evidente travaglio esistenziale dai connotati quasi infantili, il suo Erwan è il cuore e l’anima del film e non è un caso se il suo leggero venir meno, in termini di minutaggio, generi un evidente calo di tono e di livello nella seconda parte del film. Rimane comunque una toccante pellicola sulla famiglia o, per meglio dire, su tutte le famiglie possibili e la loro peculiare, molteplice, inesauribile idea di infelicità e di tenerezza («La gente ha sempre un secondo fine e, alla fine, siamo tutti soli»), ma il ritmo funziona a fasi alterne e alcuni dialoghi sono meno incisivi di quanto dovrebbero. Impostato come un’investigazione dai contorni psicoanalitici, il film della Tardieu riflette anche sul concetto antico e desueto di militanza, tra gag (un cane di nome Pinochet cui “è bellissimo dare ordini”) e nostalgia mai ottusa e banale, ma non si preclude nemmeno un tocco da commedia sentimentale degli equivoci (non sempre riuscita, ma comunque coinvolgente), galvanizzata oltretutto dall’ambientazione in Bretagna e dai frastagliati e ancestrali scenari del golfo di Morbihan e della riviera di Etel. La scrittura non è sempre dosata al punto giusto e il film inciampa spesso in sequenza troppo abbozzate e frettolose per convincere a pieno (il personaggio di "Zorro" in primis), ma il disegno d’insieme, anche grazie alla bravura degli interpreti, non è del tutto da dimenticare tra amori e ossessioni costellati da odissee degne della saga degli Atridi. Magnetica e molto erotica Cécile de France nei panni di una donna tanto granitica quanto piena di crepe e fallimenti amorosi. Presentato alla Quinzaine des réalisateurs a Cannes 2017.
A partire da delle premesse “esplosive” legate al personaggio principale e ispirandosi alla lezione del cinema di Claude Sautet e in particolare al suo È simpatico, ma gli romperei il muso (1972) con Yves Montand, la regista Carine Tardieu ha messo in piedi una ronda familiare delicata, giocata su un registro giocoso ma mai lezioso, sottilmente e amaramente ironico. Incentrato sull’impossibilità di mantenere il controllo sulla propria vita nel momento in cui gli imprevisti provvedono a infiammarla e sabotarla, Toglimi un dubbio vede il protagonista, interpretato dal sempre misurato e sfaccettato Damiens, prestarsi efficacemente al ruolo del reduce dell’Iraq e dell’Afghanistan, una figura che non si vede quasi mai nel cinema europeo: corpulento e appesantito dalla malinconica e da un evidente travaglio esistenziale dai connotati quasi infantili, il suo Erwan è il cuore e l’anima del film e non è un caso se il suo leggero venir meno, in termini di minutaggio, generi un evidente calo di tono e di livello nella seconda parte del film. Rimane comunque una toccante pellicola sulla famiglia o, per meglio dire, su tutte le famiglie possibili e la loro peculiare, molteplice, inesauribile idea di infelicità e di tenerezza («La gente ha sempre un secondo fine e, alla fine, siamo tutti soli»), ma il ritmo funziona a fasi alterne e alcuni dialoghi sono meno incisivi di quanto dovrebbero. Impostato come un’investigazione dai contorni psicoanalitici, il film della Tardieu riflette anche sul concetto antico e desueto di militanza, tra gag (un cane di nome Pinochet cui “è bellissimo dare ordini”) e nostalgia mai ottusa e banale, ma non si preclude nemmeno un tocco da commedia sentimentale degli equivoci (non sempre riuscita, ma comunque coinvolgente), galvanizzata oltretutto dall’ambientazione in Bretagna e dai frastagliati e ancestrali scenari del golfo di Morbihan e della riviera di Etel. La scrittura non è sempre dosata al punto giusto e il film inciampa spesso in sequenza troppo abbozzate e frettolose per convincere a pieno (il personaggio di "Zorro" in primis), ma il disegno d’insieme, anche grazie alla bravura degli interpreti, non è del tutto da dimenticare tra amori e ossessioni costellati da odissee degne della saga degli Atridi. Magnetica e molto erotica Cécile de France nei panni di una donna tanto granitica quanto piena di crepe e fallimenti amorosi. Presentato alla Quinzaine des réalisateurs a Cannes 2017.
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