Tra gli ospiti del festival anche Paolo Ruffini, che ha presentato al pubblico di Castiglione del Lago PerdutaMente, documentario che racconta le vicende di persone che si prendono cura dei propri cari malati di Alzheimer. Ecco il resoconto della nostra chiacchierata con Ruffini e dell’incontro col pubblico di Castiglione.
La cinefilia
"In prima e seconda elementare, quando si studiava la preistoria, arrivai in classe col vhs di 2001: Odissea nello spazio. Non so fare sport, non conosco il calcio, nella mia vita sono solo andato al cinema. Ho aperto un cineforum e poi come tutti i provinciali, dopo il liceo classico, sono andato a studiare a Roma, vedevo 4 film al giorno, ho visto 278 film in sei mesi: partivo da Barberini e finivo all'Atlantico sulla Tuscolana, mi ero messo da parte dei soldi come animatore turistico e avevo un budget per andare al cinema. Vivevo in una bettola a Giulio Agricola, pagavo 280 mila lire al mese per stare in una bettola. Ho una casa che è un video noleggio con 16000 film. Amavo i cartoni animati, Bud Spencer & Terence Hill, il cinema americano anni ’80, i film di John Carpenter, mentre l'amore per Fellini è nato negli ultimi anni, da ragazzo mi diceva meno. Qualcuno volò sul nido del cuculo è il mio film della vita e come spettatore sono onnivoro, passo da Satantango di Béla Tarr a W la Foca di Nando Cicero. Di recente Oppenheimer non mi è piaciuto, per me è un filmetto e vorrei poterlo dire senza che qualcuno mi uccida, perché trovo Nolan sopravvalutato, anche Insomnia non era molto riuscito. Su Oppenheimer pensavo: "Non mi dire che ora che esplode la bomba mette il silenzio". Barbie mi è piaciuto molto, mentre trovo che Io Capitano sia straordinario, per non parlare di Aggro Dr1ft di Harmony Korine. Il cinema salva dalla solitudine, dalle cattive compagnie, è un amico importante, io ho anche un rapporto omosessuale con il cinema, nel senso che ci faccio proprio l'amore, ma non ho mai avuto un approccio molto intellettuale. Amo molto il cinema, ma non amo chi ama il cinema, trovo che chi ama il cinema oggi sia spesso insopportabile, i cinefili sono diventati quasi tutti degli squadristi. Non amo né il calcio né la politica, non amo ciò che divide ma ciò che unisce. Ci sono dei film che devo rivedere ogni cinque anni, me li sono segnati, Arancia meccanica è uno di questi. Provate a vederlo prima delle elezioni: non è attuale, è urgente".
Il politicamente corretto
"Fantozzi visto oggi sembra avanguardista, specie in un momento culturale così buio come il politicamente corretto: pensate all'ultima maschera della commedia dell'arte che dice che la moglie è un cesso, la figlia una scimmia e picchia le suore. O pensando a Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto..., dov'è un conflitto di classe bellissimo e il protagonista maschile chiama quella femminile "bo**ana industriale". E ho citato due personaggi di sinistra, Salce e la Wertmüller. Pasolini oggi non potrebbe fare Mamma Roma o Salò e Ultimo tango a Parigi, che era stato messo al rogo, oggi Bertolucci non lo inizierebbe nemmeno. Tutto il nostro bagaglio culturale oggi non esisterebbe, non ci sarebbe nemmeno Mastroianni che frustra le donne della sua vita nel finale di 8 e mezzo. Ciò che mi fa arrabbiare è che il politicamente corretto non arriva dalla destra, o da un dittatore, ma dal basso, c'è una fasciodemocrazia per cui devo rispondere a RealCettina78 o Johnny da Frosinone sui social che si sente offeso. E il problema principale dell’arte, e del cinema soprattutto, è che il pubblico ha smesso di fare il pubblico. E se il pubblico smette di fare il pubblico, non capisci più a chi ti rivolgi. Perché il pubblico vota già da sé comprando o non comprando un biglietto o cambiando canale. T’immagini se, al cinema, dovessimo verbalizzare tutto quello che pensiamo? Non riusciresti a vedere il film. Ed è quello che accade oggi. Tutti verbalizzano i loro pensieri e non si riesce più a vedere il film.Adorno, il grande filosofo della scuola di Francoforte, diceva che supereremo la Shoah solo quando potremo fare battute sugli ebrei senza provare imbarazzo. Sui social, secondo me, c'è pochissimo da ridere".
La comicità e lo stracultismo
"È facile non crescere sull'isola che non c'è, bisogna imparare a non crescere su questa terra. Io non mi sento un comico, più un equivoco. Enrico Brillante, che è stato qui oggi a Castiglione del Lago, è un grande comico, io sono più un attore, anche se ho fatto film brillanti, programmi coi comici o film spudoratamente comici. Non è detto che i comici siano simpatici, sono una categoria devastata dal fallimento stesso immediato del loro effetto. Il gelo della mancata risata è un fallimento che porta il comico a una grande frustrazione e a un'ansia rispetto a se stesso. Non ho mai conosciuto un comico di ottant'anni risolto, sono di una tristezza e di una malinconia infinita. A me fa molto ridere la volgarità, sono un grande stracultista. Una signora che parla con il cane come se fosse il figlio, quella è la vera volgarità. Il mio sogno era lavorare con Boldi e De Sica e l'ho realizzato facendo il loro ultimo film, Natale a Miami, oltre all'album di famiglia Super Vacanze di Natale coi 35 film di De Laurentiis, una follia, un blob pazzesco. Uno degli attori italiani più straordinari per me è Renzo Montagnani, che guardava dal buco della serratura, ha avuto una vita tragica familiare, ma è riuscito a farne un grande carburante di commedia. Mi piacerebbe tantissimo fare un film su di lui. Ho imparato che per fare un film serio si può anche essere scemi, ma per fare gli scemi bisogna essere serissimi. Non ho mai visto un attore come Christian De Sica, che sapeva tutte le battute del copione, anche quelle delle scene dove non c'era lui. Anche Neri Parenti, per esempio, ha una grandissima cultura dellla letteratura italiana".
Fuga di cervelli
"Si tratta di uno degli ultimi film girati in pellicola, il remake di un film spagnolo che era molto più spinto del nostro, ho tagliato anche due o tre cose. La volgarità mi fa molto ridere e volevo fare un film molto alla Porky's o agli American Pie, il demenziale spudorato. C'era un discorso sulla disabilità e sull'amicizia che nessuno ha notato e il mio riferimento era SuXbad, volevo fare il cinema alla Judd Apatow e alla 40 anni vergine".
La prima cosa bella
"Penso che a Paolo Virzì sia sfuggito di mano in bene. Quando ho letto la sceneggiatura non pensavo che potesse essere così bello. Doveva farlo con un altro attore, che era Kim Rossi Stuart, Valerio Mastandrea è entrato in corsa. Sarà che era un periodo in cui Livorno era incantata, ma poi il film ha preso un suo volo. Il film parla di un uomo che si rende conto che la sua mamma è una donna un po' "allegra" e lo trovo un tema stupendo, la Sandrelli è meravigliosa. Ed è il film più bello che ho fatto come attore, anche se come barba non mi riconosce nessuno".
PerdutaMente
"Non so se mi sono immalinconito, ma anche nella livornesità e nella goliardia c'è sempre magari una nota di durezza e malinconia. Si tratta di un film che mi ha scosso profondamente e dal quale non sono uscito, ma sonon un vigliacco totale e non l'ho fatto perché conoscevo qualcuno con l'Alzheimer, ma per noia. Non ho mai conosciuto nessuno con l’Alzheimer, mi annoia molto quando vedo i film di autori che parlano di loro esperienze perché danno sempre per scontato qualcosa. Il pubblico non è il tuo psicologo, deve essere intrattenuto. Lo possiamo perdonare a Moretti, in particolare Caro diario che mi garba molto, ma tutti gl altri... chissenefrega! Ma curati! Mi piacciono i film dove imparo con lo spettatore qualcosa, mi piace l'idea di essere testimone. La frase “io non so chi sono, io non so chi sei, ma ti amo” è una forma lirica e ferocemente meravigliosa per una tragedia, nemmeno Shakespeare avrebbe potuto pensarla o inventare una malattia così tremenda. Infatti il sottotitolo è “non si guarisce dall’Alzheimer, non si guarisce dall’amore”. Non a caso l’Alzheimer parte dal cervello e trova gli altri organi ma il cuore no, forse perché probabilmente l'amore non sta nel nostro corpo. Si tratta di un lavoro che ha tutti gli step del mito dell’eroe di Vogler ed è un film che ho visto, non che ho fatto: mi piace infatti dire che è il film più bello che ho visto, ma in senso letterale, non immodestamente. Mi piacerebbe proseguire e sto provando a sviluppare un documentario sulla salute mentale, vorrei capire meglio dove affonda le sue radici e ragionare a partire dai manicomi, addirittura. Se ne parla sempre troppo poco, ma se ne parlerà sempre di più".
Davide Stanzione