Nel 1989, quando la Warner decide di affidare a Tim Burton la regia di Batman, non sono pochi a storcere il naso. Dopotutto, Burton era conosciuto ai più per Beetlejuice e per Pee Wee’s Big Adventure, dunque l’idea che potesse dirigere un film sul cavaliere oscuro a molti suonava strana. Il risultato, invece, fu strepitoso, e tra le sequenze più iconiche del film c’è sicuramente l’incontro tra Joker (Jack Nicholson) e Vicky Vale (Kim Basinger) al museo/ristorante. Più precisamente, al Flughelheim Museum, un chiaro riferimento che la fumettosa Gotham City di Burton fa al Guggenheim di New York.
La sequenza si apre con il malinteso; Vicky aspetta Bruce Wayne (Michael Keaton), ma ad attenderla c’è un pacchetto regalo bianco, con un fiocchetto viola e verde, e una scritta: “Urgent”. All’interno, una maschera con un biglietto allegato: “Indossare immediatamente”. E così accade, mentre dalle condotte per l’aria esce il gas: camerieri e ospiti crollano sui tavoli, lo spettacolo per Miss Vale è orribile. La colonna sonora di Danny Elfman allora si interrompe. Buio. Una porta si apre e il punto di vista cambia completamente. La sequenza entra nel vivo.
Il movimento in avanti della macchina da presa è una chiara soggettiva del personaggio che sta facendo il suo ingresso nella sala, che si presenta davanti ai suoi occhi con una serie di cadaveri stesi al suolo e un alone di gas violaceo che ancora aleggia nell’aria viziata della sala, tra le opere d’arte. Burton si sofferma volutamente su alcuni corpi, evidenziando il gusto provato da chi li sta osservando, che cerca di incamerare nei suoi occhi il maggior numero possibile di dettagli in quello scenario funebre. Poi, il ghigno soddisfatto: Joker entra in scena, ma non con il volto bianco e il sorriso rosso sangue cui siamo abituati a vederlo. La sua pelle è rosea, solo il sorriso sfigurato rimane sempre impresso sul suo viso.
“Signori, acculturiamoci un po’ ”
Lo show può iniziare e, sulle note di Partyman di Prince, Joker e i suoi scagnozzi iniziano a deturpare le opere d’arte del museo. Si comincia piano, con una statuetta egizia buttata a terra, per dare inizio ad un climax di distruzione, firmato da buon esibizionista con un “Joker was here!” scritto con tempera viola su un quadro. Il desiderio di “rivoluzione artistica” cresce, un busto romano viene trasformato in Joker, alle ballerine di Degas sono applicate pennellate rosse e Rembrandt, presente in autoritratto, viene addirittura preso a schiaffi. Figure simbolo dell’america, come Lincoln e Washington, non vengono risparmiate, anzi, il riferimento al biglietto da un dollaro è abbastanza significativo. Avanguardia artistica, a sua volta ribaltata, perché dopo questa sorta di pars construens, fatta di restauro e personalizzazione delle opere, segue una totale pars destruens, dove secchiate di colore (verde, viola e arancio) vengono lanciate su ogni quadro, cancellando di fatto tutto. E non è un caso che l’unica opera che Joker non vuole che si tocchi sia Figura con la carne, di Francis Bacon, bloccando il suo scagnozzo che stava per accoltellarla: “Questo è il mio genere Bob, lascia stare!”.
“Ho l’aria di uno che scherza?”
Terminata l’azione, è il tempo del dialogo. Dell’espressione teorica di quanto mostrato nei minuti precedenti, di fronte allo sguardo attonito e inorridito di miss Vale. “Sei molto bella, per quanto a un livello un po’ démodé”: esordisce così, Joker, aggiungendo un inquietante “ma sono certo che potremmo renderti più odierna”, prima di accendere un candelabro con quello che, più che un accendino, ricorda un lanciafiamme in miniatura. L’eccesso, sempre. Si improvvisa poi critico fotografico, definendo “crap” tutti gli scatti classici della fotografa, rimanendo entusiasta solo quando osserva morte e sofferenza immortalate nel Corto Maltese. Ed ecco finalmente il momento dell’annuncio, del manifesto artistico di Joker: “Sai come la gente si preoccupa delle apparenze: questo è bello, quello no. Cosa completamente superata per me. Io faccio quello che per gli altri è solo un sogno: io faccio arte, finché qualcuno muore. Io sono il primo artista dell’omicidio a ciclo completo cara”. Quando Vicky si trova di fronte ad Alicia sfregiata, “solo un abbozzo”, “un’opera d’arte vivente” che “non sarà un Picasso”, l’orrore prende il sopravvento e la sola arma che trova è una brocca d’acqua, rovesciata in faccia al Joker. Ed è qui che arriva la sorpresa: Jack Napier (che per sua stessa ammissione “è morto”) è ormai la maschera, il trucco, perché la pelle bianca cadaverica è il vero volto del Joker, un volto ormai destinato ad essere sfigurato per sempre, senza possibilità di scelta. La follia e l’arte, la nuova arte distruttiva, sono le uniche possibilità di sopravvivenza, ormai.
Partyman
La musica di Prince, Partyman, è stata scritta appostiamente per il film, del quale l’artista ha curato la colonna sonora. L’artista ne ha anche fatto un video dove lui stesso e gli invitati alla festa sono quasi tutti vestiti da Joker.
Eccolo: