Quello di Christopher Nolan non è un cinema semplice o immediato: mai banale, a partire dalla struttura a incastro di cui probabilmente Memento costituisce il primo esempio eclatante, dopo l'esordio con Following. Consacrato al grande pubblico grazie alla trilogia del Cavaliere Oscuro, Nolan ha sempre trovato un posto di riguardo per il 3 (le regole del prestigio, il numero dei protagonisti, per esempio) e sembra che anche la sua filmografia possa essere divisa grazie a questo numero simbolico. Inception (2010), Interstellar (2014) e Dunkirk (2017) possono essere inseriti in un’ipotetica trilogia delle sovrapposizioni, siano esse oniriche, dimensionali o spaziali.
«I sogni sembrano reali finché ci siamo dentro, non ti pare?» - Inception
Tutto torna, anche la tematica del sonno, ma mentre in Insomnia era l’assenza di riposo il vero protagonista, in Inception è proprio l’universo onirico ad essere padrone assoluto. Anzi, Nolan (anche sceneggiatore del film) è un vero e proprio mago nel gestire il passaggio da sogno a realtà, ragionando su livelli differenti anche riguardo a questa dimensione: il sogno mostrato, dove si muovono i protagonisti e la realtà del mondo della veglia, ma anche il sogno di Cobb (Leonardo DiCaprio) di tornare dai suoi bambini, e su questa realtà c’è ancora una trottola che ruota in attesa di sapere se cadrà o meno. Ma le sovrapposizioni sono molte e il rischio di perdersi, scongiurato dall’abilità del regista, è molto alto: non ci si accontenta di creare un mondo nel sogno, ma anche di svegliarsi e scoprire che non si trattava altro che di un sogno nel sogno, aumentando quindi la complessità dell’intreccio, ma elevando esponenzialmente l’interesse della pellicola. Eppure, anche questa volta, ad una tecnica impeccabile corrisponde un’attenzione al lato umano, e se ci si approccia al sogno come “lavoro”, non può mancare una componente psicologica e psicanalitica al suo interno: «E perché è tanto importante sognare» chiede Ariadne. Cobb: «Perché nei miei sogni siamo ancora insieme»
«Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento» - Interstellar
Tra i progetti più ambiziosi di Christopher Nolan, anche se purtroppo non tra i più riusciti, Interstellar affronta la tematica delle sovrapposizioni da un punto di vista temporale. Scritto dal fratello, Jonathan Nolan e nelle origini promesso a Steven Spielberg, il film parla del viaggio nello spazio di un ex astronauta, Joseph Cooper (Matthew McConaughey), che parte da un futuro distopico per provare a salvare il mondo. Primo esperimento fantascientifico per Nolan, che anche in questo caso porta la narrazione in diverse dimensioni, il futuro distopico dell’inizio, i tempi dello spazio sulla navicella che variano a causa degli spostamenti per arrivare da un pianeta all’altro (saranno 3, in totale, come 3 erano gli scienziati da ricercare) e il tempo differente tra la terra e l’Endurance, la navicella. Anche in questo caso, è il finale ad essere rivelatore (anche dell’occasione parzialmente perduta da Nolan), in cui le emozioni sono il fil rouge che unisce tutto, ancora una volta.
«Ma siamo solo sopravvissuti» «E ti sembra poco?» - Dunkirk
L’ultimo (in attesa di Tenet) film di Christopher Nolan affronta la sovrapposizione intesa come spazialità, partendo dall’Operazione Dynamo, in cui le truppe Alleate sono sbarcate a Dunkerque per salvare i soldati presenti dalla morsa nazista. Un film di guerra, dunque, ma è chiamarlo così sarebbe quasi riduttivo, o meglio, va evidenziato come Nolan abbia totalmente riscritto il genere war movie con un’opera maestosa e mai ridondante, affrontata via mare, via terra e via aria. Eccole le dimensioni spaziali (con il 3 che ritorna) con cui Nolan affronta la vicenda, spostandosi con maestria dalla spiaggia dove stanno combattendo i soldati, all’acqua (l’imbarcazione Moonstone), fino ad arrivare all’aria, dove nei cieli sfreccia un aereo militare. Meno coinvolgente a livello emotivo dei precedenti (ma molto più a livello esperienziale puro, da spettatori), Dunkirk si spoglia dei sentimenti per divenire quasi manifesto di una poetica di sovrapposizioni spazio/temporali (la relazione tra fabula e intreccio varia a seconda dello spazio in cui ci si trova) che mai è stata così esplicita come in questo caso, a fronte dell’opera più breve della filmografia del regista. Una precisazione, però, è dovuta: meno coinvolgente se si pensa all’empatia con i protagonisti, ma se si parla di esperienza audiovisiva è probabilmente una delle vette più alte toccate dal regista londinese.
Lorenzo Bianchi
«I sogni sembrano reali finché ci siamo dentro, non ti pare?» - Inception
Tutto torna, anche la tematica del sonno, ma mentre in Insomnia era l’assenza di riposo il vero protagonista, in Inception è proprio l’universo onirico ad essere padrone assoluto. Anzi, Nolan (anche sceneggiatore del film) è un vero e proprio mago nel gestire il passaggio da sogno a realtà, ragionando su livelli differenti anche riguardo a questa dimensione: il sogno mostrato, dove si muovono i protagonisti e la realtà del mondo della veglia, ma anche il sogno di Cobb (Leonardo DiCaprio) di tornare dai suoi bambini, e su questa realtà c’è ancora una trottola che ruota in attesa di sapere se cadrà o meno. Ma le sovrapposizioni sono molte e il rischio di perdersi, scongiurato dall’abilità del regista, è molto alto: non ci si accontenta di creare un mondo nel sogno, ma anche di svegliarsi e scoprire che non si trattava altro che di un sogno nel sogno, aumentando quindi la complessità dell’intreccio, ma elevando esponenzialmente l’interesse della pellicola. Eppure, anche questa volta, ad una tecnica impeccabile corrisponde un’attenzione al lato umano, e se ci si approccia al sogno come “lavoro”, non può mancare una componente psicologica e psicanalitica al suo interno: «E perché è tanto importante sognare» chiede Ariadne. Cobb: «Perché nei miei sogni siamo ancora insieme»
«Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento» - Interstellar
Tra i progetti più ambiziosi di Christopher Nolan, anche se purtroppo non tra i più riusciti, Interstellar affronta la tematica delle sovrapposizioni da un punto di vista temporale. Scritto dal fratello, Jonathan Nolan e nelle origini promesso a Steven Spielberg, il film parla del viaggio nello spazio di un ex astronauta, Joseph Cooper (Matthew McConaughey), che parte da un futuro distopico per provare a salvare il mondo. Primo esperimento fantascientifico per Nolan, che anche in questo caso porta la narrazione in diverse dimensioni, il futuro distopico dell’inizio, i tempi dello spazio sulla navicella che variano a causa degli spostamenti per arrivare da un pianeta all’altro (saranno 3, in totale, come 3 erano gli scienziati da ricercare) e il tempo differente tra la terra e l’Endurance, la navicella. Anche in questo caso, è il finale ad essere rivelatore (anche dell’occasione parzialmente perduta da Nolan), in cui le emozioni sono il fil rouge che unisce tutto, ancora una volta.
«Ma siamo solo sopravvissuti» «E ti sembra poco?» - Dunkirk
L’ultimo (in attesa di Tenet) film di Christopher Nolan affronta la sovrapposizione intesa come spazialità, partendo dall’Operazione Dynamo, in cui le truppe Alleate sono sbarcate a Dunkerque per salvare i soldati presenti dalla morsa nazista. Un film di guerra, dunque, ma è chiamarlo così sarebbe quasi riduttivo, o meglio, va evidenziato come Nolan abbia totalmente riscritto il genere war movie con un’opera maestosa e mai ridondante, affrontata via mare, via terra e via aria. Eccole le dimensioni spaziali (con il 3 che ritorna) con cui Nolan affronta la vicenda, spostandosi con maestria dalla spiaggia dove stanno combattendo i soldati, all’acqua (l’imbarcazione Moonstone), fino ad arrivare all’aria, dove nei cieli sfreccia un aereo militare. Meno coinvolgente a livello emotivo dei precedenti (ma molto più a livello esperienziale puro, da spettatori), Dunkirk si spoglia dei sentimenti per divenire quasi manifesto di una poetica di sovrapposizioni spazio/temporali (la relazione tra fabula e intreccio varia a seconda dello spazio in cui ci si trova) che mai è stata così esplicita come in questo caso, a fronte dell’opera più breve della filmografia del regista. Una precisazione, però, è dovuta: meno coinvolgente se si pensa all’empatia con i protagonisti, ma se si parla di esperienza audiovisiva è probabilmente una delle vette più alte toccate dal regista londinese.
Lorenzo Bianchi