C’è un momento in Mank che potrebbe essere una delle chiavi di volta per interpretare e ragionare attorno a questa importante pellicola, stratificata e ricca di spunti su cui riflettere.
Herman J. Mankiewicz si trova a un pranzo di gala, visibilmente ubriaco e sopra le righe, e col suo classico fare caustico si rivolge a Hearst e a Louis B. Mayer, creando una nuova sceneggiatura, una versione moderna del Don Chisciotte.
A Cervantes aveva già fatto esplicito riferimento in una scena precedente, dicendo all’attrice Marion Davies che il suo ruolo perfetto sarebbe stato quello di Dulcinea, ma Mank qui si spinge ancora più in là nel collegamento, paragonando quel “vecchio nobile illuso” a Hearst, mentre Mayer diventa il fidato Sancho Panza.
Questo moderno Don Chisciotte è quindi un giornalista che però vuole soprattutto l’amore e concorre per una carica pubblica… «diamogli degli ideali», dice Mank, creando un personaggio che "lotta contro i monopoli corrotti", riprendendo anche alcune parole utilizzate da Upton Sinclair per descrivere Hearst.
Tutto chiaro, almeno sembra… lo sceneggiatore fa l’allegoria e Don Chisciotte diventa un modello per Hearst e di conseguenza per quel Charles Foster Kane a lui ispirato. Eppure, uno sceneggiatore come Mankiewicz ci insegna che dietro le parole in apparenza più chiare si possono nascondere molti altri significati ed è il caso di cercare un secondo livello di lettura.
Come potremmo aggiornare questa storia?
È la domanda da cui parte Mank, prima di tutti quei collegamenti con Hearst sopracitati. Eppure, questa potrebbe essere la base del film Mank, perché il vero Don Chisciotte sembra proprio essere lui, Herman J. Mankiewicz, un uomo dallo spirito idealista che combatte contro i giganti di Hollywood, all’interno di un film che mette proprio alla berlina quei “monopoli corrotti” della Mecca del Cinema.
E Marion Davies, come lui stesso gli dice, è la Dulcinea di Mank, molto più che di Hearst, perché sono diversi i momenti in cui si sente l’attrazione quasi magica e incantata che lo sceneggiatore ha per l’attrice. Uno sceneggiatore che nei momenti più complessi può far fronte sempre al sostegno del suo scudiero (l'assistente Rita di Lily Collins è il suo Sancho Panza?), senza comunque smettere di combattere.
Ed è interessante ampliare il gioco dei riflessi anche al vero sceneggiatore di Mank, Jack Fincher, padre di David scomparso nel 2003 che ha firmato questo copione.
Chissà che non sia proprio Jack Fincher il vero Don Chisciotte di questa storia: un uomo che ha cercato per anni di farsi produrre questa sceneggiatura dagli studios, senza successo; un uomo che probabilmente, immaginiamo, ha lottato con i mulini a vento per questa ragione.
La Nemesi
Sempre durante il suo racconto davanti agli invitati di Hearst, Mank inizia a dire che per il suo novello Don Chisciotte il vero pericolo è Nemesi, che arriva con un cappello nero e si candida contro il protagonista della sua storia.
La mitologia greca è richiamata chiaramente, ma Mank sottolinea anche questo particolare del cappello nero non così scontato.
Eppure, nella prima parte del film c’è un personaggio che arriva proprio con un cappello nero in testa, mentre Mank si trova in ospedale: è Orson Welles.
Qui il gioco allora si fa ancora più forte, perché sarà Welles la nemesi di Mankiewicz/Don Chisciotte che offuscherà il suo talento cercando di prendersi tutti i meriti del copione di Quarto potere? Su ciò che è successo realmente, Fincher riprende la versione di Pauline Kael del 1971, ma la disputa è chiaramente ancora aperta e controversa.
Però, se seguiamo il punto di vista Kael/Fincher, tutto sembra suggerire ancora di più quanto (in quel racconto davanti a Hearst e Mayer) Mank stia parlando proprio di se stesso.
Come sempre quando si interpreta, la nostra idea è lanciare spunti di riflessione e non risposte… e così chiudiamo con un’altra domanda.
Qual è stato uno dei progetti più importanti che Welles non ha mai potuto completare e a cui ha lavorato per tantissimi anni? Guarda un po’... proprio un film su Don Chisciotte. Che sia solo un caso? Che Fincher mettendo in scena il suo “aggiornamento” di Cervantes abbia voluto sfidare Welles? Oppure omaggiarlo in un film che sembra un bel po’ andare contro il regista di Quarto potere, offuscandone parte dei meriti? Ci torneremo, perché di Mank si parlerà ancora a lungo…
Andrea Chimento
Herman J. Mankiewicz si trova a un pranzo di gala, visibilmente ubriaco e sopra le righe, e col suo classico fare caustico si rivolge a Hearst e a Louis B. Mayer, creando una nuova sceneggiatura, una versione moderna del Don Chisciotte.
A Cervantes aveva già fatto esplicito riferimento in una scena precedente, dicendo all’attrice Marion Davies che il suo ruolo perfetto sarebbe stato quello di Dulcinea, ma Mank qui si spinge ancora più in là nel collegamento, paragonando quel “vecchio nobile illuso” a Hearst, mentre Mayer diventa il fidato Sancho Panza.
Questo moderno Don Chisciotte è quindi un giornalista che però vuole soprattutto l’amore e concorre per una carica pubblica… «diamogli degli ideali», dice Mank, creando un personaggio che "lotta contro i monopoli corrotti", riprendendo anche alcune parole utilizzate da Upton Sinclair per descrivere Hearst.
Tutto chiaro, almeno sembra… lo sceneggiatore fa l’allegoria e Don Chisciotte diventa un modello per Hearst e di conseguenza per quel Charles Foster Kane a lui ispirato. Eppure, uno sceneggiatore come Mankiewicz ci insegna che dietro le parole in apparenza più chiare si possono nascondere molti altri significati ed è il caso di cercare un secondo livello di lettura.
Come potremmo aggiornare questa storia?
È la domanda da cui parte Mank, prima di tutti quei collegamenti con Hearst sopracitati. Eppure, questa potrebbe essere la base del film Mank, perché il vero Don Chisciotte sembra proprio essere lui, Herman J. Mankiewicz, un uomo dallo spirito idealista che combatte contro i giganti di Hollywood, all’interno di un film che mette proprio alla berlina quei “monopoli corrotti” della Mecca del Cinema.
E Marion Davies, come lui stesso gli dice, è la Dulcinea di Mank, molto più che di Hearst, perché sono diversi i momenti in cui si sente l’attrazione quasi magica e incantata che lo sceneggiatore ha per l’attrice. Uno sceneggiatore che nei momenti più complessi può far fronte sempre al sostegno del suo scudiero (l'assistente Rita di Lily Collins è il suo Sancho Panza?), senza comunque smettere di combattere.
Ed è interessante ampliare il gioco dei riflessi anche al vero sceneggiatore di Mank, Jack Fincher, padre di David scomparso nel 2003 che ha firmato questo copione.
Chissà che non sia proprio Jack Fincher il vero Don Chisciotte di questa storia: un uomo che ha cercato per anni di farsi produrre questa sceneggiatura dagli studios, senza successo; un uomo che probabilmente, immaginiamo, ha lottato con i mulini a vento per questa ragione.
La Nemesi
Sempre durante il suo racconto davanti agli invitati di Hearst, Mank inizia a dire che per il suo novello Don Chisciotte il vero pericolo è Nemesi, che arriva con un cappello nero e si candida contro il protagonista della sua storia.
La mitologia greca è richiamata chiaramente, ma Mank sottolinea anche questo particolare del cappello nero non così scontato.
Eppure, nella prima parte del film c’è un personaggio che arriva proprio con un cappello nero in testa, mentre Mank si trova in ospedale: è Orson Welles.
Qui il gioco allora si fa ancora più forte, perché sarà Welles la nemesi di Mankiewicz/Don Chisciotte che offuscherà il suo talento cercando di prendersi tutti i meriti del copione di Quarto potere? Su ciò che è successo realmente, Fincher riprende la versione di Pauline Kael del 1971, ma la disputa è chiaramente ancora aperta e controversa.
Però, se seguiamo il punto di vista Kael/Fincher, tutto sembra suggerire ancora di più quanto (in quel racconto davanti a Hearst e Mayer) Mank stia parlando proprio di se stesso.
Come sempre quando si interpreta, la nostra idea è lanciare spunti di riflessione e non risposte… e così chiudiamo con un’altra domanda.
Qual è stato uno dei progetti più importanti che Welles non ha mai potuto completare e a cui ha lavorato per tantissimi anni? Guarda un po’... proprio un film su Don Chisciotte. Che sia solo un caso? Che Fincher mettendo in scena il suo “aggiornamento” di Cervantes abbia voluto sfidare Welles? Oppure omaggiarlo in un film che sembra un bel po’ andare contro il regista di Quarto potere, offuscandone parte dei meriti? Ci torneremo, perché di Mank si parlerà ancora a lungo…
Andrea Chimento