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Master MICA - Analisi di "Black Mirror"
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

RICORDI PERICOLOSI – BLACK MIRROR 
di Alice Novelli

Black Mirror è una serie televisiva britannica creata dallo sceneggiatore, produttore e conduttore televisivo Charlie Brooker. Quest’ultimo si afferma come showrunner grazie alla visibilità internazionale delle prime due stagioni della serie trasmesse in prima visione sul network britannico Channel 4 nel 2011 e nel 2012 Black Mirror si aggiudica un International Emmy Award come miglior miniserie televisiva. Nel 2015 Netflix ha acquistato i diritti della serie annunciando una terza stagione, portando, in questo modo, a un cambiamento non solo sul piano distributivo – la serie iniziò a essere trasmessa sulla piattaforma streaming e non più in televisione – ma anche sul piano produttivo. Dalla terza stagione si percepisce un cambio di rotta, con episodi che introducono un certo senso di positività e speranza nel futuro, lasciando alle spalle una fotografia cruda per dare spazio a colori più accesi. Un chiaro esempio sono gli episodi USS Callister (id. – S04E01) e Caduta Libera (Nosedive – S03E01). Il primo è caratterizzato da colori accesi e saturi mentre nel secondo i colori pastello evocano un senso di sicurezza e comfort, rendendo tutto irreale. 
Charlie Brooker in un’intervista con il quotidiano britannico The Guardian ha spiegato il significato del titolo della serie: 

«Se la tecnologia è una droga – e lo sembra – allora quali sono esattamente gli effetti collaterali? Quest’area – tra piacere e disagio – è dove Black Mirror, la mia serie, si colloca. Lo “specchio nero” del titolo è quello che troverete su ogni muro, su ogni scrivania, nel palmo di ogni mano: lo schermo freddo e lucente di un televisore, un monitor, uno smartphone.»

Il titolo quindi si riferisce a tutti quegli schermi che circondano quotidianamente la vita delle persone e ne fanno parte. Sono gli schermi dei cellulari, dei computer, dei tablet che ogni giorno la società usa sempre più assiduamente. Una volta che spegniamo questi dispositivi, essi riflettono la nostra immagine e la nostra identità su uno schermo, appunto, “nero”. Uno schermo che ben presto nella sigla si sgretola, viene distrutto. Ogni puntata, pertanto, inizia con uno specchio nero che si rompe, viene rotta la superficie nera che abbiamo di fronte. La distruzione della tecnologia sembra essere una soluzione al sistema, un atto di ribellione che porta l’uomo alla libertà. 
Ma la rottura dello “schermo nero”, dove la nostra immagine è riflessa, simboleggia anche una frattura, una crisi dell’uomo contemporaneo. Una crisi dettata dalla presenza sempre più assidua della tecnologia che estranea l’uomo dalla vita. 
La sigla, uguale per ogni episodio, racchiude quel messaggio che l’intera serie cerca di trasmettere: i personaggi sono totalmente immersi nella tecnologia attraverso i dispositivi e sono proprio quest’ultimi che porteranno il personaggio a perdere il contatto con la realtà, entrando in una crisi esistenziale che conduce l’individuo alla propria distruzione. 
A differenza della serialità classica, l’opera si configura come una serie antologica in quanto gli episodi non presentano dei personaggi o delle ambientazioni ricorrenti per tutta la durata della serie ma sono continuamente diversificati. Questi episodi, pur essendo auto-conclusivi e indipendenti l’uno dall’altro, creano un mondo comunicante, uniti l’uno all’altro da un tema che li accomuna: un futuro dispotico in cui la tecnologia è sempre più invadente all’interno della società. Il mondo in cui ruota l’intera serie viene rappresentato come una società controllata dall’uomo attraverso la tecnologia. L’intento di Charlie Brooker è quello di porre l’accento sul rapporto tra l’uomo e la tecnologia, su come entrambi si stiano fondendo sempre di più e di come, quindi, l’uomo sia sempre più sopraffatto da essa. 

RICORDI PERICOLOSI: INTRODUZIONE 
Ricordi Pericolosi (The Entire History of You – S01E03), diretto da Brian Welsh, è l’episodio conclusivo della prima stagione. Lo spettatore non si trova di fronte a un futuro distopico ma a un presente simile alla realtà contemporanea. È tutto una metafora, un’allegoria per raccontare la società odierna. Si è all’interno di una realtà alternativa, una società controllata dall’uomo attraverso la tecnologia. L’episodio mette in scena lo stesso processo di dislocazione del sé dal mondo reale e di dipendenza dal dispositivo, un tema che poi verrà ripreso molte volte negli episodi successivi. 
La tecnologia in questione è il Willow Grain, un dispositivo simile ad un chip, impiantato dietro l’orecchio, che registra tutti i momenti della vita. Ciò che gli individui vedono con i loro occhi e ascoltano con le loro orecchie è automaticamente registrato all’interno di un hard-disk invisibile che permette all’individuo di recuperare le immagini, proiettarle fuori di sé e condividerle con i propri amici. Sembra che il compromesso per non farsi sottomettere dai dispositivi sia diventare noi stessi dei dispositivi (come accade nell’episodio natalizio White Christmas), o permettere che entrino dentro di noi: il creatore si fonde col creato. Un dispositivo simile è utilizzato in Crocodile (id. – S04E03), tuttavia in questo caso si tratta di una declinazione diversa della medesima idea poiché il ricordo è rievocato e mantiene la sua valenza personale e soggettiva. 
Il chip è, quindi, un archivio della memoria personale composto da immagini in movimento registrate che rimanda al cinema e alla sua funzione documentaristica, di archivio testimoniale degli eventi. In questo mondo non c’è un posto per l’oblio e la memoria resta perennemente intatta e uguale a sé stessa. Questo dispositivo, pertanto, non è come una memoria “naturale” con i suoi mutamenti e distorsioni e ciò è introdotto all’inizio della puntata da Jeff (Rhashan Stone), sostenendo: 

«È la suite di un albergo a 5 stelle, ho pagato un sacco di soldi per ogni minimo dettaglio. E ora, rimarrà il ricordo di questo tappeto schifoso per tutta la vita.» 

I ricordi non vengono quindi dimenticati e il dispositivo è rappresentato come se fosse una soluzione all’oblio e alle falle della memoria. È possibile sì cancellare i ricordi ma per poterlo fare si è costretti a riguardali, e quindi anche a riviverli. La soluzione proposta da Jonas (Tom Cullen) è quella di smetterla di mostrare il ricordo: «...solo se continui a rivederlo». Il chip, pertanto, permette di ricordare anche tutti quei dettagli che una memoria “naturale” non consentirebbe. Tutti quei piccoli particolari che, altrimenti, entrerebbero nell’oblio della memoria, ora sono fruibili e visionabili in qualsiasi momento ma il loro ricordo rimane impresso nella mente solo se l’uomo continua a riviverlo e proiettarlo al di fuori di sé. 
L’intero episodio si concentra sulla relazione sentimentale di Liam e Ffion (interpretati rispettivamente da Toby Kebbell e Jodie Whittaker), una giovane coppia sposata attraverso cui viene mostrato l’impatto della tecnologia sulle relazioni amorose. Il Willow Grain produce una condizione di dissociazione dell’uomo agli eventi reali causata dalla presenza di un’immagine di cose passate ormai assenti. Una dissociazione – ma anche una disattenzione – già presente nella società odierna prodotta da dispositivi, quali smartphone, tablet e altro, che portano l’uomo a non prestare attenzione alla realtà. In Messaggio al Primo Ministro (The National Anthem – S01E01) il tema è trattato in maniera molto più esplicita: la Principessa Susannah, una volta rilasciata dal ricattatore, si ritrova da sola in una città completamente vuota. Tutta la popolazione è totalmente immersa nella visione in streaming del Primo Ministro che compie l’atto imposto dal ricattatore che dimentica il rilascio della Principessa. L’uomo, quindi, distoglie completamente l’attenzione da ciò che accade, dall’evento che dovrebbe essere più rilevante a livello umano. 
Nell’episodio preso in analisi, invece, i personaggi sembrano non avere alcun interesse nel presente poiché hanno la possibilità di rivedere i propri ricordi, hanno la consapevolezza di poter in qualche modo rivivere quella situazione in un momento successivo e poter tirarne fuori i dettagli. In un mondo in cui è presente la possibilità di entrare in possesso dei propri ricordi, l’uomo si sente in qualche modo “autorizzato” a non ricordare più niente di ciò che accade, a vivere distrattamente qualsiasi tipo di esperienza che, in ogni caso, può essere rivista e analizzata successivamente. Il presente, in questo modo, è del tutto anestetizzato. 
La tecnologia in questione all’interno dell’episodio, il Willow Grain, è sì posta dietro l’orecchio ma è attraverso gli occhi che viene proiettato il ricordo. L’atto di proiettare impedisce alle persone di poter guardare ciò che le circonda così come nella vita siamo completamente immersi nei device nel momento in cui li utilizziamo da non renderci conto degli avvenimenti intorno a noi. 
Il protagonista della serie costruisce, attraverso i ricordi, un mondo in cui la sua relazione con Ffion è ancora autentica e piena di passione. In realtà la tecnologia ha disumanizzato i personaggi e ciò è esplicito nella scena in cui i due protagonisti consumano un rapporto sessuale. La coppia è estranea alle emozioni del presente, si chiudono invece nei ricordi delle loro prime volte e solo attraverso essi riescono a provare piacere. La tecnologia, pertanto, non è più uno strumento ideato per facilitare le relazioni, non è più un mezzo di comunicazione capace di accorciare le distanze. Al contrario, si crea una distanza infinita tra i personaggi in un mondo in cui i dispositivi esercitano un potere spersonalizzante capace di creare emozioni non autentiche. 
Il senso di vuoto di Liam e Ffion – ma in generale di tutti i personaggi – è ben rappresentato dal modo in cui cambiano gli occhi quando il personaggio decide di proiettare un determinato ricordo. Gli occhi diventano bianchi, un colore neutro che meglio rappresenta quella sensazione di vuoto e freddezza che caratterizza gli individui dell’episodio. Il bianco è un colore freddo e asettico – esattamente come i personaggi che sono privi di suggestioni - ma allo stesso tempo luminoso, una luminosità che nella puntata deriva dall’atto di proiettare il ricordo. 

IL WILLOW GRAIN E IL FIRST PERSON SHOT 
Tutte le inquadrature che provengono dalle registrazioni del Willow Grain possono essere definite dei long take in soggettiva in cui seguiamo l’azione direttamente dagli occhi della persona. In queste sequenze viene escluso dall’immagine il corpo (e il volto) dell’osservatore: guardiamo attraverso gli occhi del personaggio che sta proiettando il suo ricordo in quel momento. Più che a una soggettiva, queste inquadrature sono riconducibili al first person shot, tipiche dei videogiochi: il first-person shooter è un tipo di videogioco che adotta una visuale in prima persona, ossia il giocatore vede sullo schermo la simulazione di ciò che vedrebbe se si trovasse veramente nei panni del proprio personaggio. In questo tipo di inquadratura abbiamo, quindi, una figura che produce una costruzione del sé in un modo dinamico e interattivo. 
Come già affermato, non è una classica inquadratura in soggettiva che congiunge in un unico punto di vista lo sguardo del narratore, del personaggio e dello spettatore. È un’inquadratura che configura pienamente l’ibridazione profonda tra l’umano e le sue deleghe tecniche sempre più invisibili e invasive, in questo caso il Willow Grain, il microscopico chip installato dietro all’orecchio dei personaggi. È proprio questo dispositivo che media lo sguardo dei protagonisti. Le persone non sono più abituate a raccontare le esperienze vissute ma semplicemente sottopongono amici o familiari alla visione dell’evento in questione tramite il dispositivo. 
Il first person shot ha la stessa funzione delle inquadrature in prima persona: stabilisce una coincidenza di sguardo tra lo spettatore e la vista di un personaggio. Tuttavia, in Ricordi Pericolosi, il first person shot ha anche la finalità di evocare un’esperienza di fruizione artificiale altamente illusiva e alternativa al cinema, o in generale all’audiovisivo. Anche se l’esperienza è ben diversa e lontana, per esempio, da una classica visione dei filmini delle vacanze, le modalità di fruizione, tuttavia, corrispondono con quest’ultimi. All’interno dell’episodio spesso i ricordi vengono fruiti attraverso la televisione che mantiene in questo modo un ruolo abbastanza centrale in un mondo in cui l’uomo si è ibridato con la tecnologia. 
Il Willow Grain porta i personaggi a una certa inerzia e disattenzione nei confronti degli eventi che li circondano, perché hanno la consapevolezza di poter riguardare ogni volta che vogliono l’avvenimento andando semplicemente a riprenderlo all’interno di questa memoria virtuale. Questa possibilità di rewatch diventa per Liam un’occasione, e una soluzione, per indagare sul presunto tradimento della moglie. Dopo la cena a casa di amici, Liam è convinto che la moglie lo abbia tradito in passato con uno dei presenti, Jonas. Tornato a casa il personaggio si presta a rivedere l’intera scena soffermandosi in particolar modo sugli sguardi della moglie nei confronti dell’uomo. Le emozioni provate in quella determinata circostanza passano in secondo piano e vengono sostituite dal sospetto e dalla diffidenza e ciò è sottolineato dall’insistenza del rewatch e lo zoom. 
Inizia così un percorso di ossessione reso sempre più intenso e angosciante dalla possibilità di poter tornare indietro nella storyline della relazione con Ffion. Un’ossessione legata alla dipendenza dalla tecnologia che si era già manifestata in una forma più lieve all’inizio della puntata in cui Liam, grazie al Willow Grain, ha la possibilità di poter rivedere il colloquio appena sostenuto per un’azienda che si è concluso con un esito poco certo. Un ricordo che ritornerà più tardi nel corso dell’episodio, quando Liam lo farà vedere a Ffion per analizzare la situazione nei minimi dettagli. 
La perdita di fiducia di Liam nei confronti di Ffion è portata avanti per tutta la puntata e conduce il personaggio, segnato da una notte priva di sonno in cui ha fatto uso di alcool, a un confronto diretto con Jonas. In questo momento il Willow Grain assume la doppia valenza di memoria individuale e di coscienza: 

«Attenzione prego. Assistenza chip. Potresti non essere nelle condizioni fisiche e psichiche adeguate per svolgere l’attività in corso.» 

In una scena precedente si può notare come il chip abbia anche una funzione di sorveglianza in quanto è installato nella bambina della coppia. La finalità di questa decisione è quella di poter riguardare tutti i momenti in cui i due personaggi non erano presenti con la bambina. Il tema della sorveglianza e del controllo dei propri figli attraverso i nuovi device è affrontato nello stesso modo nell’episodio Arkangel (id. – S04E02). La protagonista della puntata decide di installare nella propria bambina un piccolo chip che le permetterà di vigilare sulla propria figlia attraverso un tablet. Ritroviamo quindi la stessa possibilità di “vedere attraverso gli occhi degli altri” con l’aggiunta della funzione parental control. Quest’ultima ha lo stesso obiettivo del parental control della televisione, ovvero quello di limitare la visione di contenuti non adatti ai bambini (violenza e sofferenza). 

L’IMPATTO DEL WILLOW GRAIN NELLA RAPPRESENTAZIONE CINEMATOGRAFICA 
A causa del suo stato di frastornamento dovuto all’abuso di alcool, Liam rimane vittima di un’incidente dal quale si risveglia senza memoria di quanto successo poco prima a casa di Jonas. Ancora una volta l’episodio ci mostra i vantaggi del Willow Grain che possono essere tali solo se l’essere umano non abusa del dispositivo: Liam riproduce gli avvenimenti di quello che è successo per poter ricordare. Le immagini prodotte dal chip sono alternate ai controcampi con le reazioni di Liam: questo tipo di articolazione ribalta però la struttura classica del campo-controcampo secondo cui l’inquadratura principale (main shot) è il personaggio che guarda e il controcampo (reverse shot) è l’oggetto dello sguardo, subordinato al primo. In questo caso è il personaggio che guarda a subire l’oggetto dello sguardo: l’immagine in soggettiva dei ricordi (l’oggetto dello sguardo) diventa main shot mentre l’inquadratura dell’osservatore (Liam) si trasforma in un reverse shot. Colui che guarda non ha potere sullo sguardo, ma lo subisce e ne è assoggettato. 
La sua condizione di “osservatore” ricorda quella dello spettatore cinematografico: entrambi sono occupati a guardare qualcosa, impegnati in un’attività percettiva. Sono separati radicalmente da quello che vedono, non possono toccarlo, né tantomeno intervenire con l’azione fisica. Entrambi vedono attraverso una struttura visiva che seleziona una porzione del mondo e costituisce automaticamente un campo e un fuori campo. Liam è, quindi, impotente di fronte a quello che vede poiché è un avvenimento passato. Non ha il controllo della visione, subisce l’evento. L’inquadratura utilizzata per la visualizzazione dei ricordi, pertanto, non può essere una soggettiva classica poiché quest’ultima è l’affermazione del potere di un personaggio di definire il visibile. Liam non ha questa facoltà: il ricordo, anche se suo, è stato già registrato e lui non può intervenire su di esso. 

IL DOMINIO DELLA TECNOLOGIA 
Come già detto, il Willow Grain è un dispositivo che media lo sguardo, un dispositivo meccanico che assume la soggettiva, differente dalla soggettiva classica. Questo tipo di inquadratura, che come si è visto è attribuibile al first person shot dei videogiochi, è tipica del nuovo millennio in quanto l’esperienza umana è sempre più mediata da dispositivi che mettono in discussione i modelli di percezione, consumo e condivisione delle immagini. 
Nella scena in cui Liam aggredisce Jonas, Hallam, che si ritrova ad assistere alla scena, chiama la polizia che chiede, presumibilmente, se possa far vedere l’aggressione. 

«Non ho un chip per mostrarvela, non ho il chip» 

La polizia termina la chiamata dopo aver sentito la risposta, mostrando in questo modo come la tecnologia è ormai immersa nella vita quotidiana tanto da dubitare di chi non ne fa uso. La polizia non si fida di ciò che dice la ragazza, ha bisogno di prove, possibili solo attraverso la riproduzione del ricordo. Dunque, quello che è direttamente percepibile attraverso i sensi – in questo caso la vista – non è più sufficiente, diventa reale solo ciò che viene mostrato su uno schermo che a questo punto diviene il medium per eccellenza tra l’uomo e la realtà circostante. Esattamente come succede nei social media, qualsiasi esperienza o emozione non condivisa, dunque non filtrata o mediata dai dispositivi tecnologici, è come se non fosse mai accaduta. 
C’è una certa emarginazione delle persone che non stanno al passo con la tecnologia, un’esclusione resa ancora più intensa e incisiva in Caduta Libera attraverso la figura di Susan. Quest’ultima è una camionista che vive senza più preoccuparsi del suo punteggio, rappresentata come se fosse una “vagabonda” che non produce contenuti adeguati ad avere un punteggio alto che le permetterebbe di vivere una “vita migliore”. Tutto è organizzato in uno schema piramidale con al vertice chi riesce meglio a convivere con la tecnologia e in basso le vittime del sistema, completamente escluse. 

L’ENIGMA DELLA PRESENZA DELL’ASSENTE 
Il Willow Grain produce una condizione di dissociazione dell’uomo agli eventi reali causata dalla presenza di un’immagine di cose passate ormai assenti, quella che Ricoeur definisce «l’enigma della presenza dell’assente». Le sue riflessioni mettono in analisi il rapporto fra l’assenza della cosa ricordata e la sua presenza nel piano rappresentativo. 
Il ricordo viene alla mente in forma di immagine, un’immagine presente che non raffigura sé stessa nel momento attuale, ma in un momento passato. Di conseguenza abbiamo tre aspetti: presenza, assenza e antecedenza. Partendo da questi tre termini si apre l’enigma che Ricoeur illustra attraverso la metafora dell’impronta lasciata dal sigillo nella cera. Se l’impronta è presente, il conio del sigillo non lo è più. Il passato è presente nell’immagine come segno dell’assente. Tuttavia, quest’assente, sebbene non sia più, è stato. 
L’enigma della presenza dell’assenza si può risolvere grazie alla certezza del riconoscimento. Il riconoscimento significa che ciò che credevamo perduto continua invece a vivere nel ricordo e l’atto del riconoscere è l’atto attraverso il quale il passato si volge verso il presente. Il ricordo è per sua definizione collocato nel passato ma grazie al riconoscimento conserva uno stato presente che si rivela al soggetto. 
La dialettica di presenza-assenza si manifesta nella scena finale in cui Liam ha ormai le prove del tradimento della moglie. Il personaggio torna in una casa completamente vuota e cercare Ffion nel suo archivio digitale, utilizza ancora una volta il dispositivo per ripercorre i suoi ricordi. Le sequenze in soggettiva di quest’ultimi sono alternate ai controcampi di Liam che si muove all’interno della casa come se cercasse di inseguire i momenti in cui la relazione sentimentale con la donna era autentica. Ingrandisce sul volto di Ffion, torna indietro in modo ossessivo su alcune scene, come se volesse cercare degli indizi che gli sono sfuggiti, cerca qualche piccolo particolare che avrebbe potuto cogliere. 
La mancanza fisica di Ffion è sottolineata nella sequenza in cui Liam ripercorre gli stessi luoghi dei ricordi che sta visionando: le due linee temporali (presente e passato) coesistono nel medesimo spazio dell’azione. Ffion è assente nel presente ma la sua presenza è vivida nei ricordi. 
Se, quindi, nell’episodio preso in analisi, Liam cerca di colmare il vuoto causato dalla separazione dalla moglie attraverso la visione di ricordi, nell’episodio Torna da me (Be right back – S02E01) l’assenza della persona amata è colmata nel modo più estremo e angosciante possibile. La protagonista, Martha, dopo la morte del proprio fidanzato Ash, decide di affidarsi a un servizio online che permette di rimanere in contatto con i defunti. Attraverso i dati raccolti nei social media, questo servizio, inizialmente, crea una copia virtuale della persona morta con la quale si possono avviare conversazioni al telefono, fino a offrire un clone del defunto, una versione artificiale che, tuttavia, è totalmente sprovvista di personalità e manifesta emozioni solo su comando. 

IL WILLOW GRAIN COME METAFORA DEI SOCIAL NETWORK 
Il Willow Grain diviene una metafora dei dispositivi tecnologici che circondano la nostra epoca, basti pensare allo smartphone, un dispositivo che ha la stessa funzione di registrare quello che si vuole e riprodurlo quando si preferisce. Ciò porta alla luce quell’individualismo causato dalla dipendenza del telefono dove l’utilizzo ossessivo di esso (anche senza una necessità vera) corrisponde esattamente all’utilizzo ossessivo di Liam che scorre in modo compulsivo la “galleria dei suoi ricordi”. Questo suo gesto genera uno stato di gratificazione procurato dalla possibilità di trovare le prove che avvalorerebbero la sua tesi. La fine dei suoi dubbi e il raggiungimento della verità appagano l’uomo, lo fanno sentire meglio. Questo stato gratificante rilascia dopamina che genera ricompensa e spinge il soggetto a ricercare nuovamente quello stimolo, generando, appunto, una dipendenza dal chip. 
Si può, inoltre, trovare un riferimento ai social network, quali Facebook e Instagram, che sono un archivio di immagini e video, un archivio di momenti catturati nel corso delle giornate. Una metafora che viene ripresa nella puntata speciale natalizia Bianco Natale (White Christmas) in cui viene rappresentato un mondo dove la società gestisce la propria vita come se fosse un social network, in cui si è liberi di scegliere quali persone bloccare o cancellare. 
I profili Facebook, e in particolar modo quelli di Instagram, si configurano come l’archivio del Willow Grain in cui è possibile rintracciare, e rivivere, i post pubblicati in passato andando a ritroso nella nostra bacheca o accedendo alle sezioni “Ricordi” o “Archivio” che mostrano quello che viene definito “accade oggi”: una panoramica di tutto ciò che si è pubblicato in uno specifico giorno. Se queste sezioni sono quindi una metafora dell’archivio audiovisivo del Willow Grain, la pubblicazione di stories o post è riconducibile all’atto di proiettare un ricordo per mostrarlo ad amici. Si tratta di una vera e propria condivisione di momenti. 

CONCLUSIONI 
Ancora un volta Black Mirror pone gli spettatori davanti alla pericolosità dell’utilizzo dei dispositivi tecnologici mostrando i danni che si possono generare nel momento in cui l’uomo si mette in contatto con un’altra realtà, in questo caso quella dei ricordi. 
In questo episodio – e in altri che seguono – è sottolineata un’inclinazione profondamente pessimistica per quanto riguarda ciò che potrebbe accadere nel dare una delega eccessiva ai dispositivi tecnologici. L’atto finale di “disinstallazione” del dispositivo è un segno di guarigione del personaggio: all’inizio dell’episodio Liam è assuefatto dalla tecnologia del Willow Grain. Quest’atto è allo stesso tempo anche un gesto di ribellione alla tecnologia che avanza e porta il personaggio a vivere nel tempo reale, di non restare attaccato ai ricordi. Per potersi liberare delle ossessioni causate dai ricordi, Liam si liberare dei ricordi stessi, ovvero del chip. 
Come in quasi tutte le puntate, l’uomo tenta di redimersi dalla tecnologia che lo domina e nel farlo sottolinea il problema che alla fine c’è sempre lui che controlla i dispositivi tecnologici, può decidere come e se usarli. L’individuo non può prendersela unicamente con la tecnologia se lui stesso può ancora governarla a suo piacimento. 
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