Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!
JOKER
di Margherita Mazza
Joker (Phillips, 2019) è un film sofisticato e complesso, pieno di significati e metafore riconducibili al mondo contemporaneo. Il regista Todd Phillips ha introdotto una nuova rappresentazione del personaggio di Joker, completamente diversa dalle precedenti versioni. Il film infatti non racconta la storia di Batman e Joker, ma è focalizzato sulla rappresentazione ed evoluzione del personaggio di Arthur Fleck, aka Joker. Questa analisi esaminerà il film e in particolare il protagonista, Arthur Fleck, paragonandolo anche ad altri personaggi come; Gwynplaine ne L’uomo che ride (Leni, 1928), Travis Bickle in Taxi Driver (Scorsese, 1976), Rupert Pupkin in Re per una Notte (Scorsese, 1982) e The Narrator in Fight Club (Fincher, 1999).
La premier di Joker è avvenuta durante la 76esima Mostra del Cinema di Venezia dove si è aggiudicato il Leone D’Oro; il film è poi uscito il 4 di Ottobre 2019. È stato anche premiato agli Academy Awards, Golden Globes e BAFTA vincendo per Miglior Attore Protagonista (Joaquin Pheonix) e Miglior Colonna Sonora (Hildur Guðnadóttir). Il regista Todd Phillips precedentemente ha diretto commedie, come ad esempio la serie di Una Notte da Leoni (2009) mentre con il film Joker (2019) si è confrontato per la prima volta con il genere drammatico. Il film è stato sommerso da commenti positivi per la fenomenale interpretazione di Joaquin Pheonix, la colonna sonora e la fotografia, ma è stato anche criticato per come ha rappresentato il “mental illness”. In particolare, ha preoccupato la possibilità che il film potesse ispirare degli episodi di violenza reale, come si è verificato con il massacro avvenuto ad Aurora durante la visione de Il Cavaliere Oscuro il Ritorno (Nolan, 2012). Nonostante ciò, ha avuto un enorme successo al botteghino, incassando oltre $1 miliardo. Come accennato prima, il film è molto diverso rispetto alle precedenti versioni: si può quasi considerare che abbia creato un sottogenere a sé nell’universo DC comics. Stubbs (2013) definisce il genere cinematografico come un gruppo di film uniti da elementi identificabili quali la trama, le ambientazioni, i personaggi, la colonna sonora, la forma narrativa e lo stile. Nel film in questione difatti, si possono rintracciare degli elementi che sono peculiari rispetto al genere dei supereroi classico in particolare la cinematografia e la scelta di rivisitazione di uno degli antagonisti più importanti dell’universo DC, Arthur Fleck. Per quanto riguarda la cinematografia di solito nel genere classico dei supereroi vengono utilizzati dei colori più grigi e piatti, mentre in Joker sono presenti i colori primari (rosso, verde, blu e giallo). Per quanto riguarda invece la caratterizzazione di Arthur Fleck non esiste una visione delineata di bene e male come era presente ne Il Cavaliere Oscuro (Nolan, 2008); il film infatti induce a provare empatia per il personaggio e a comprendere le ragioni del suo cambiamento. Di particolare risalto inoltre è la colonna sonora, che accompagna l’evoluzione psicologica del protagonista e che, a differenza della maggior parte di altri film, è stata scritta basandosi solo sulla sceneggiatura, determinando quindi anche alcune scelte recitative degli attori durante le riprese.
La narrazione del film è soggettiva, in quanto segue il punto di vista del protagonista, Arthur Fleck (Joaquin Pheonix). Già dalla prima scena si possono individuare diversi elementi importanti quali la cura nella definizione del periodo storico in cui è ambientato il film, l’ambiente circostante e ‘il demone interiore’ del protagonista. Il film si apre con il logo della Warner Brothers utilizzato dal 1972 al 1984 e a questo riferimento storico si aggiunge verso il finale del film un’altra informazione, che indica l’anno preciso in cui è ambientato il film, 1981, data dal cartellone del film in sala Zorro, the Gay Blade (Medak, 1981). All’apertura del film come sottofondo si sente la voce del presentatore radiofonico che racconta la situazione critica in cui si trova la città di Gotham. L’emergenza è causata dal 18esimo giorno di sciopero dell’immondizia ed è un problema che coinvolge tutti a prescindere da chi siano e dove vivano. Infine, viene presentato il protagonista mentre si sta truccando da clown e sta provando allo specchio le due espressioni che l’accompagneranno per il resto del film, la tristezza e il sorriso. Da prima prova a tirarsi gli angoli della bocca all’ingiù, non trovando nessuna difficoltà; al contrario, quando prova poi a fingere il sorriso, non riesce ad assumere l’espressione di felicità, nemmeno quando utilizza le proprie dita per piegare gli angoli della bocca. È il suo umore a prevalere, manifestato da una lacrima che gli scende lentamente sulla guancia. Il sorriso di Arthur è uno degli elementi fondamentali del film, che può essere ricondotto a un demone interiore per diversi motivi. Fin dall'inizio del film la sua risata è descritta come una reazione involontaria causata dal disturbo mentale di cui è affetto che ha origine nelle molestie da lui subite sin da bambino: infatti, man mano che la trama si sviluppa, si arriva a capire che durante la sua infanzia è stato abusato da uno dei fidanzati di sua madre, la cui identità non è mai stata rivelata e le cui azioni hanno causato gravi conseguenze fisiche e psicologiche in Arthur. Pertanto, poiché questa sua condizione è stata acquisita durante la sua infanzia difficile, possiamo riferirci al non identificato fidanzato della madre come a una incarnazione più ampia della violenta Gotham City, il ‘demone’ che si è insidiato nel suo corpo, che da sempre lo affligge e lo tormenta e lo porterà poi ad esplodere.
Dopo questa scena iniziale si vede il protagonista mascherato da clown, costume che si evolverà nella maschera di Joker intento a lavorare pieno di entusiasmo e di buona volontà per la strada (setting che richiama la New York della fine degli anni 70). Il suo impegno viene però interrotto dall’intervento violento di una gang di ragazzini che lo deridono e aggrediscono rubandogli il cartellone e lasciandolo tramortito a terra. Il regista decide di inserire il titolo del film Joker a questo punto, quasi a significare che il tema principale sarà proprio la violenza verbale e fisica e i loro effetti devastanti sul protagonista.
La prima cosa che vediamo dopo il titolo è il volto struccato di Arthur, con un’espressione di dolore e pianto in contrasto con il suono della sua risata (demone interiore). In questa scena Arthur è di fronte alla sua psicologa / assistente sociale e la prima cosa che le chiede è se solo lui vive un momento di alienazione. La psicologa reagisce con indifferenza anche quando legge nel diario la frase “spero che la mia morte abbia più senso/ valore della mia vira” (da notare l’errore di spelling cents invece che sense) e anche alla richiesta esplicita di aumentare i farmaci per non sentire più dolore. Già da questa scena emerge una critica al sistema sanitario pubblico senza mezzi e personale adeguato ad assistere il cittadino. Un'altra informazione che emerge dalla loro conversazione è il ricovero di Arthur per un periodo imprecisato in ospedale. Da notare la presenza in entrambe le scene di un orologio che segna la stessa ora. Questo particolare fa sorgere il dubbio che si stia assistendo ad uno sdoppiamento della realtà, ovvero l’incertezza che quello a cui assistiamo nel film sia reale o puro frutto dell’immaginazione del protagonista.
Nelle scene successive le difficoltà di Arthur, come il rapportarsi con le persone, trovare un suo posto nella società, vengono raffigurate nel suo faticoso percorso come, ad esempio, quando sale le scale, sforzo che viene sottolineato dall’utilizzo dei colori scuri, dall’assenza di luminosità e dalla colonna sonora.
Arrivato a casa veniamo a conoscenza che vive con la madre, Penny Fleck (Frances Conory) e vengono introdotti due personaggi, che si scopriranno essere delle figure ‘paterne’ fondamentali per l’evoluzione di Arthur. Il primo è Thomas Wayne (Brett Cullen), l’uomo più ricco della città candidato a sindaco, che la madre descrive come salvatore della città. A questo punto è interessante fare un paragone tra i due personaggi Thomas Wayne e Arthur Fleck. Il primo vuole essere un simbolo/ eroe per la città di Gotham, imponendo con il suo potere e soldi le sue idee e convinzioni di come la città dev’essere gestita, riscuotendo però solo disapprovazione, mentre Wayne stesso esprimerà il suo disprezzo descrivendo i cittadini di Gotham come dei pagliacci. Arthur è l’opposto, non ha mai desiderato né la fama, né i soldi né essere un simbolo, le sue ambizioni sono molto modeste, l’unica cosa che vuole è essere amato e accettato dagli altri. Nonostante ciò, sarà proprio lui che verrà preso come simbolo dalla popolazione di Gotham e che diventerà il ‘Re’ tra tutti i pagliacci.
Il secondo è Murray Franklin (Robert De Niro) presentatore del talk show ‘Live with Murray Franklin’. Nella scena in cui viene introdotto, Arthur sta guardando il suo show insieme alla madre. Anche in questa scena si ha uno sdoppiamento della realtà perché Arthur sta fantasticando sul possibile incontro con lui. In particolare, Arthur idealizza Murray vedendolo come l’unica persona che lo capisce e che lo difende dalle risate e dalle prese di giro altrui, immaginando che abbia avuto le sue stesse difficoltà come l’essere cresciuto senza padre e povero. In particolare, però, quello che Arthur desidera di più è essere riconosciuto e apprezzato agli occhi del suo idolo, che sempre nella sua fantasia afferma che abbandonerebbe la fama e il successo pur di avere un figlio come lui. In questa scena sono inoltre presenti tre elementi da analizzare. Il primo riguarda il parallelismo tra il balletto eseguito adesso da Murray e quello compiuto successivamente da Joker prima di entrare in scena nello show. Joker compiendo questo ballo si appropria dello show di Murray, diventando lui la star e dando inizio al suo vero show: la violenza e il caos che scatenerà di lì a poco. Il secondo elemento riguarda la sua risata, che finalmente non è inappropriata alla situazione, infatti nella sua fantasia lui ride andando a tempo con il pubblico in sala. Il terzo ed ultimo elemento riguarda la frase che lui ricorda essere stata pronunciata dalla madre fin da quando era bambino, ovvero che lo scopo della sua vita sia quello di portare gioia e risate, mostrando sempre un volto sorridente. Per tutta la sua vita Arthur ha sempre cercato di incarnare queste parole (la madre l’aveva sopranominato ‘Happy’), ma in una città come Gotham ogni atto di gentilezza viene ricambiato con violenza e rifiuto. Sarà proprio alla fine, quando diventerà più malvagio della città stessa, diventando Joker, che la gente finalmente lo noterà e lo sosterrà. La scena si conclude con l’abbraccio tra Arthur e Murray, il cambio di tono della musica che si fa drammatico riportando così Arthur e gli spettatori alla drammaticità del mondo reale.
Concentrandoci sul tema delle figure genitoriali, questi tre personaggi (Thomas Wayne, Murray Franklin e Penny Fleck) sono stati fondamentali per il cambiamento e l’evoluzione di Arthur in Joker. Infatti, come dirà lui stesso verso il finale del film ‘non ho più niente da perdere, nulla mi può più ferire’, dal momento che proprio le persone a lui più vicine si sono dimostrate crudeli ed insensibili, portandolo a perdere qualsiasi speranza. Thomas Wayne e Murray Franklin sono diventati delle figure paterne per Arthur per motivi diversi. Per quanto riguarda il comico Murray Franklin, il suo personaggio che all’inizio veniva adorato e visto come un mentore (anche lo stesso Arthur aveva l’ambizione di diventare un comico) diventa un ‘cattivo’. Come lo stesso Arthur dirà: ‘tu sei orrendo, volevi solamente prenderti gioco di me, sei come tutti gli altri’. La svolta decisiva avviene in modo traumatico quando Arthur vede alla televisione la reazione canzonatoria di Murray al suo sketch registrato, ed è proprio in quel momento che verrà presentato, quasi ‘battezzato’ con il nome di Joker (il nome di Arthur come artista era Carnival). Inoltre, la speranza che Murray potesse essere diverso dal resto delle persone svanisce con le successive prese di giro di Murray, anche quando è presente Arthur in studio. In quell’occasione Arthur/Joker quando sente Murray che insieme agli ospiti lo deridono, inizia a ballare, dapprima con dei movimenti duri meccanici che diventano sempre più morbidi e armoniosi, come se si fosse distaccato dalla realtà e quelle parole non lo ferissero più.
Wayne viene presentato come il possibile padre naturale di Arthur da una lettera della madre. Arthur ricerca Thomas Wayne solo per poter iniziare un rapporto affettivo con quello che lui pensa essere il suo padre naturale. Come risposta però riceverà un brutale pugno e il totale rifiuto da parte di Thomas che lo disconosce, dicendogli che è stato adottato e che è solo una fantasia di sua madre malata.
Arthur ha sempre ricercato calore e affetto dalla madre, rapporto che si sgretola quando Arthur trova conferma nei documenti dell’ospedale psichiatrico di essere un figlio adottivo e di aver subito da piccolo gli abusi del fidanzato di sua madre senza che lei lo difendesse. Come accennato in precedenza, queste violenze infantili hanno causato in lui un disturbo psichico, espresso dalla risata nevrotica, di cui si è sempre vergognato e chiesto scusa.
Questi tre personaggi vengono uccisi per mano di Arthur: soffoca la madre in ospedale dopo aver a scoperto la verità; uccide Murray sparandogli in conclusione del suo discorso ‘cosa ottieni, se metti insieme un malato di mente solitario con una società che lo abbandona e lo tratta come spazzatura? Ottieni quello che ti meriti’; infine Thomas Wayne muore insieme alla moglie a causa delle rivolte causate da Joker.
All’interno del film sono presenti elementi che sottolineano i cambiamenti di Arthur quali le scene in cui balla, la cinematografia e la colonna sonora. Partendo dalle dance scenes ne possiamo prendere quattro come esempio, che sono significative nel suo processo di cambiamento. La prima avviene la sera in cui ha ricevuto la pistola dal suo collega Randall; tornato a casa, incuriosito, inizia ad accarezzarla e contemporaneamente accenna a dei primi passi di danza. La seconda avviene dopo che ha ucciso i tre ragazzi di Wall Street. Arthur si rifugia in un bagno pubblico e per la prima volta si libera ballando dal peso e dalla frustrazione che aveva accumulato dentro di sé fino a quel momento. Inoltre, la musica gioca un ruolo fondamentale: l'utilizzo di violini e di strumenti ad arco, che nelle scene precedenti sottolineavano uno stato di solitudine e di ansia, in questa scena si trasformano, dando forza e potenza al protagonista. La terza è quando Arthur si sta dirigendo al ‘Live with Murray Franklin’ dove per la prima volta lo si vede scendere le scale ballando, sentendosi finalmente sicuro di sé. Questo cambiamento è sottolineato anche dalla musica Rock ‘n’ Roll pt.2 (Glitter 1972) e dalla luce che per la prima volta illumina la scala. L’ultima scena da evidenziare è la ‘nascita’, il sorgere del personaggio di Joker. Infatti, dopo essere stato arrestato dalla polizia, viene liberato dai cittadini di Gotham, travestiti a loro volta da clown. Joker finalmente ha un pubblico che lo acclama e lo apprezza e quel sorriso, che fino ad allora sembrava impossibile, ora diventa parte di sé stesso tanto che utilizza il proprio sangue per disegnarlo sul viso.
La cinematografia e la colonna sonora hanno a loro volta contribuito a delineare i mutamenti del protagonista. Il film è caratterizzato dalla mancanza di luce: anche nelle scene di giorno è molto forte il contrasto tra il ‘buio’ e la presenza dei colori primari (rosso, giallo, verde e blu) che sono parte della maschera di Joker. I colori scuri e l’assenza di luminosità esprimono l’alienazione del personaggio ‘buono’ di Arthur rispetto al mondo circostante. Solo quando lui inizierà il suo percorso evolutivo verso la malvagità quello che prima era oscuro inizierà a prendere luce come, ad esempio, nelle scene successive agli omicidi da lui compiuti (i 3 ragazzi di Wall Street, sua madre e Randall). Per quanto riguarda la musica, all’interno del film sono presenti tre brani principali: Smile (Chaplin 1936), That’s life (Sinatra 1963) e Rock ‘n’ Roll part.2 (1972). In particolare, Smile (1936) e That’s life (1963) hanno un profondo richiamo con la vita del protagonista, infatti, Smile può essere ricondotto alla frase che la mamma di Arthur gli pronunciava sempre: ‘di sorridere sempre e di avere un'espressione felice, dice che sono venuto in questo mondo per diffondere gioia e risate’. Il testo infatti racconta ‘Smile, Though your heart is achin' Smile... Light up your face with gladness, Hide, every trace of sadness, Although a tear may be ever so near’ che quindi anche quando si sta affrontando un momento difficile e si è quasi vicini al pianto bisogna sorridere. Inoltre, questa canzone fu scritta da Chaplin per il film Tempi Moderni (1936): come analizzeremo più avanti questo film ha dei legami con Joker. Mentre il testo di That’s life richiama la vita di Arthur ‘I said, that's life (that's life) and as funny as it may seem, Some people get their kicks, Stompin' on a dream, But I don't let it, let it get me down, 'Cause this fine old world it keeps spinnin' around, I've been a puppet, a pauper, a pirate, A poet, a pawn and a king’. Come nella canzone, Arthur ha avuto i suoi bassi senza mai però abbandonare il suo sogno di diventare un comico, è stato un ‘pupazzo’ del suo capo, ‘povero’, ‘un pirata’ quando prende il controllo del Murray Show e infine ‘un Re’ quando alla fine sale sul cofano della macchina della polizia.
Il film si conclude con un finale aperto, in cui vediamo Arthur/Joker in una stanza di ospedale che richiama quella del suo ricordo presentato all’inizio. Come accennato prima, all’interno del film sono presenti diversi elementi di sdoppiamento della realtà. Il primo è l’orologio menzionato in precedenza, il secondo è quando si rinchiude dentro il frigo in un tentativo di suicidio; nella scena successiva Arthur è sdraiato a letto, facendo sorgere il dubbio se quello che abbiamo visto sia realmente accaduto o meno. Infine, quando si scopre che la relazione con la sua vicina di casa Sophie (Zazie Beetz) era tutto frutto della sua immaginazione. Tutti questi elementi si rafforzano nella scena finale, in cui la dottoressa chiede ad Arthur di raccontarle la barzelletta per cui sta ridendo (per la prima volta Arthur ride sinceramente) e lui le risponde ‘sarebbe inutile’, quasi ad insinuare il sospetto che tutta la narrazione del film sia solo una sua fantasia. Dopotutto il personaggio di Joker è il ‘bugiardo’ per eccellenza, la sua storia è sempre stata un mistero e ha sempre creato delle alterazioni nella narrazione del suo passato.
Il film Joker presenta numerosi richiami a film classici, della New Hollywood e contemporanei. Infatti, è possibile paragonarlo a L’uomo che ride (1928), Tempi Moderni (1936), Taxi Driver (1976), Re per una notte (1982) e Fight Club (1999). Partendo dal paragone con L’uomo che ride, entrambi i protagonisti (Arthur e Gwynplaine) sono condannati a non poter esprimere i loro stati di tristezza, che vengono continuamente espressi attraverso una risata straziante. Entrambi hanno subito degli abusi da bambini: per quanto riguarda Gwynplaine il suo eterno sorriso è stato forzatamente ottenuto da un’operazione chirurgica, mentre Arthur è stato abusato dal compagno della madre, questa condizione li porta a vergognarsi del loro aspetto. Gwynplaine infatti nasconde sempre il suo sorriso e Arthur chiede continuamente scusa quando ha i suoi attacchi di riso incontrollabili e incomprensibili per le persone che lo circondano. Nonostante dall’esterno possa sembrare che stiano ridendo, le espressioni degli occhi riescono a esprimere il loro stato di dolore. Entrambi, seguono un percorso di affrancamento e di rivalsa contro le cattiverie della società, che li porterà ad affermarsi come individui e a prevalere sulle avversità.
In confronto a Taxi Driver, si può notare come i due film abbiano non soltanto alcuni elementi della personalità del protagonista come elemento d’unione, ma anche l’ambiente circostante. In entrambi i casi è presente una marcata rappresentazione della degradazione e della sporcizia della città, quasi come a rappresentare anche esteriormente la sporcizia e il degrado della società umana. Un ulteriore elemento che accumuna i protagonisti Arthur e Travis Bickle (Robert De Niro) è la redazione di un diario. Mentre in Taxi Driver la descrizione e la comprensione dei pensieri è affidata alla voce narrante che racconta ciò che scrive, in Joker invece ciò non accade, quasi a rimarcare la alienazione e la chiusura in sé stesso del personaggio. Si possono comunque fare dei parallelismi tra le confessioni che i protagonisti scrivono nel loro diario, come quando Travis scrive ‘la solitudine mi ha seguito per tutta la vita, ovunque, nei bar, nelle macchine, ovunque, non c'è via di scampo’ come per Arthur con ‘spero che la mia morte abbia più senso della mia vita’. I due soffrono di un forte isolamento e non riescono a rapportarsi con il mondo circostante caratterizzato dalla violenza. Travis guidando il taxi per tutta la città è testimone della brutalità e dell’abbandono di New York. Inoltre, entrambi confidano la loro alienazione e le loro difficolta ad altre persone (Arthur alla sua psicologa, Travis ai suoi colleghi taxisti) senza però essere né ascoltati né capiti. La figura femminile idealizzata da Arthur in Sophie e da Travis in Betsy (Cybill Shepherd) risulta come l’unica persona in grado di comprenderli e con la quale poter aver un rapporto per non essere più soli. Travis racconta l’incontro con Betsy come se fosse un angelo in mezzo a tutta la sporcizia, esalta la sua figura e pensa che la solitudine li accomuni entrambi. Per Arthur questa idealizzazione è portata all’estremo in quanto la relazione idilliaca che aveva con Sophie, dove lei lo supportava, rideva ai suoi show, gli stava vicino nei momenti difficili, come l’ospedalizzazione di sua madre, si rivela essere tutta frutto della sua immaginazione. Inoltre, è presente un parallelismo tra i cambiamenti di look che i protagonisti compiono verso la fine del film. Travis decide di tagliarsi i capelli in stile Mohawk come gli Indiani d’America prima di andare in guerra e analogamente Arthur assorbe la sua stessa maschera da clown diventando Joker, come se fosse un ancestrale pittura di guerra. Un'altra analogia tra i due film è la scena in cui i protagonisti mimano di portarsi la pistola alla tempia per suicidarsi.
Relativamente a Re per una notte i due protagonisti Arthur e Rupert Pupkin (Robert De Niro) hanno un background molto simile ed entrambi ambiscono a diventare dei comici. Sia Rupert che Arthur hanno avuto un’infanzia difficile. Rupert nel suo monologo comico finale racconta di come sia sempre stato bullizzato dai suoi compagni di scuola, dei problemi familiari con la madre alcolizzata, dell’assenza del padre e dell’essere stato diagnosticato per avere un ‘defective’ all’ospedale da bambino. Per colpa di tutte queste difficoltà, entrambi i protagonisti nutrono un senso di rivalsa, che esprimono in modi diversi. Rupert arriva persino a sognare che il preside del suo liceo si scusi per tutte le volte che lui, gli studenti e le altre persone l’hanno deriso e ferito. Arthur d’altro canto vuole semplicemente essere trattato con umanità e rispetto. Entrambi fantasticano e immaginano di essere parte degli show dei loro idoli, Jerry Longford (Jerry Lewis) per Rupert e Murray Franklin per Arthur, arrivando persino a immaginare d’avere delle conversazioni con loro e che la loro ammirazione sia ricambiata. Un'altra analogia è che in entrambi i film, quando i due protagonisti iniziano a raccontare i loro sketch comici, si sentono le risate ‘registrate’ del pubblico. Inoltre, nel caso di Arthur, il pubblico ‘scompare’ nel buio riuscendo a vedere solo le lampade dei tavoli, mentre per Rupert il pubblico acclamante è solo stampato in una fotografia. Proprio questi elementi sottolineano l’alienazione di Rupert e Arthur rispetto alla realtà e alla società. Inoltre, sia Arthur che Rupert alla fine del film cambiano il loro look indossando un abito rosso. Ciò assume un significato importante perché arrivano ad indossarlo una volta commesso i loro crimini, per cui il colore rosso può rappresentare la violenza e il crimine che ormai hanno fatto proprio e che è diventato parte di loro. È infine interessante notare come Robert De Niro abbia partecipato in entrambi i film, interpretando sia la parte dell’incompreso che ottiene la sua rivincita sulla società in Re per una Notte, sia del carnefice/vittima in Joker, quasi come a concludere un ciclo attoriale e interpretativo.
Joker, Taxi Driver e Re per una notte condividono il finale in cui i protagonisti, nonostante i gravi crimi commessi come l’assassinio e il rapimento, vengono applauditi, esaltati dai media e dalla popolazione, trovando quindi un riscatto.
La scena di Tempi Moderni (1936) introdotta all’interno del film, che mostra Chaplin con una benda agli occhi mentre pattina sull’orlo del precipizio, rappresenta lo stato emotivo e psicologico di Arthur, che si trova metaforicamente a pattinare sull’orlo della pazzia. Tempi Moderni e Joker sono accumunati dalla denuncia della società contemporanea e degli eccessi del capitalismo, che ingloba ed aliena nei suoi ingranaggi e rifiutando e scartando l’individuo non idoneo (Tempi Moderni denunciava il periodo storico post crollo di Wall Street, mentre Joker quello della presidenza Trump).
Relativamente a Fight Club (1999) i due protagonisti Arthur e The Narrator (Edward Norton) condividono lo stesso sentimento di alienazione verso la società e, in modi diversi, cercano in qualche modo di integrarsi. The Narrator comprando in maniera compulsiva arredamenti di Ikea, cercando d’avere la casa perfetta e in qualche modo di condurre una vita ‘normale’. La ricerca dell’integrazione di Arthur è descritta nella scena in cui assiste a uno spettacolo di stand up comedy. In questa scena l’alienazione di Arthur è evidente nel momento in cui non riesce a ridere a tempo con le battute. Inoltre, entrambi i protagonisti soffrono di schizofrenia e hanno creato due persone immaginarie con cui si sentono completi e a cui si ispirano: in The Narrator troviamo Tyler Durden (Brad Pitt) mentre per Arthur è Sophie.
Come abbiamo potuto constatare, Joker è un film che contiene una miriade di significati e metafore, lasciando libero lo spettatore di riconoscerle e interpretarle, e grazie al suo finale aperto, di immaginare una conclusione.
JOKER
di Margherita Mazza
Joker (Phillips, 2019) è un film sofisticato e complesso, pieno di significati e metafore riconducibili al mondo contemporaneo. Il regista Todd Phillips ha introdotto una nuova rappresentazione del personaggio di Joker, completamente diversa dalle precedenti versioni. Il film infatti non racconta la storia di Batman e Joker, ma è focalizzato sulla rappresentazione ed evoluzione del personaggio di Arthur Fleck, aka Joker. Questa analisi esaminerà il film e in particolare il protagonista, Arthur Fleck, paragonandolo anche ad altri personaggi come; Gwynplaine ne L’uomo che ride (Leni, 1928), Travis Bickle in Taxi Driver (Scorsese, 1976), Rupert Pupkin in Re per una Notte (Scorsese, 1982) e The Narrator in Fight Club (Fincher, 1999).
La premier di Joker è avvenuta durante la 76esima Mostra del Cinema di Venezia dove si è aggiudicato il Leone D’Oro; il film è poi uscito il 4 di Ottobre 2019. È stato anche premiato agli Academy Awards, Golden Globes e BAFTA vincendo per Miglior Attore Protagonista (Joaquin Pheonix) e Miglior Colonna Sonora (Hildur Guðnadóttir). Il regista Todd Phillips precedentemente ha diretto commedie, come ad esempio la serie di Una Notte da Leoni (2009) mentre con il film Joker (2019) si è confrontato per la prima volta con il genere drammatico. Il film è stato sommerso da commenti positivi per la fenomenale interpretazione di Joaquin Pheonix, la colonna sonora e la fotografia, ma è stato anche criticato per come ha rappresentato il “mental illness”. In particolare, ha preoccupato la possibilità che il film potesse ispirare degli episodi di violenza reale, come si è verificato con il massacro avvenuto ad Aurora durante la visione de Il Cavaliere Oscuro il Ritorno (Nolan, 2012). Nonostante ciò, ha avuto un enorme successo al botteghino, incassando oltre $1 miliardo. Come accennato prima, il film è molto diverso rispetto alle precedenti versioni: si può quasi considerare che abbia creato un sottogenere a sé nell’universo DC comics. Stubbs (2013) definisce il genere cinematografico come un gruppo di film uniti da elementi identificabili quali la trama, le ambientazioni, i personaggi, la colonna sonora, la forma narrativa e lo stile. Nel film in questione difatti, si possono rintracciare degli elementi che sono peculiari rispetto al genere dei supereroi classico in particolare la cinematografia e la scelta di rivisitazione di uno degli antagonisti più importanti dell’universo DC, Arthur Fleck. Per quanto riguarda la cinematografia di solito nel genere classico dei supereroi vengono utilizzati dei colori più grigi e piatti, mentre in Joker sono presenti i colori primari (rosso, verde, blu e giallo). Per quanto riguarda invece la caratterizzazione di Arthur Fleck non esiste una visione delineata di bene e male come era presente ne Il Cavaliere Oscuro (Nolan, 2008); il film infatti induce a provare empatia per il personaggio e a comprendere le ragioni del suo cambiamento. Di particolare risalto inoltre è la colonna sonora, che accompagna l’evoluzione psicologica del protagonista e che, a differenza della maggior parte di altri film, è stata scritta basandosi solo sulla sceneggiatura, determinando quindi anche alcune scelte recitative degli attori durante le riprese.
La narrazione del film è soggettiva, in quanto segue il punto di vista del protagonista, Arthur Fleck (Joaquin Pheonix). Già dalla prima scena si possono individuare diversi elementi importanti quali la cura nella definizione del periodo storico in cui è ambientato il film, l’ambiente circostante e ‘il demone interiore’ del protagonista. Il film si apre con il logo della Warner Brothers utilizzato dal 1972 al 1984 e a questo riferimento storico si aggiunge verso il finale del film un’altra informazione, che indica l’anno preciso in cui è ambientato il film, 1981, data dal cartellone del film in sala Zorro, the Gay Blade (Medak, 1981). All’apertura del film come sottofondo si sente la voce del presentatore radiofonico che racconta la situazione critica in cui si trova la città di Gotham. L’emergenza è causata dal 18esimo giorno di sciopero dell’immondizia ed è un problema che coinvolge tutti a prescindere da chi siano e dove vivano. Infine, viene presentato il protagonista mentre si sta truccando da clown e sta provando allo specchio le due espressioni che l’accompagneranno per il resto del film, la tristezza e il sorriso. Da prima prova a tirarsi gli angoli della bocca all’ingiù, non trovando nessuna difficoltà; al contrario, quando prova poi a fingere il sorriso, non riesce ad assumere l’espressione di felicità, nemmeno quando utilizza le proprie dita per piegare gli angoli della bocca. È il suo umore a prevalere, manifestato da una lacrima che gli scende lentamente sulla guancia. Il sorriso di Arthur è uno degli elementi fondamentali del film, che può essere ricondotto a un demone interiore per diversi motivi. Fin dall'inizio del film la sua risata è descritta come una reazione involontaria causata dal disturbo mentale di cui è affetto che ha origine nelle molestie da lui subite sin da bambino: infatti, man mano che la trama si sviluppa, si arriva a capire che durante la sua infanzia è stato abusato da uno dei fidanzati di sua madre, la cui identità non è mai stata rivelata e le cui azioni hanno causato gravi conseguenze fisiche e psicologiche in Arthur. Pertanto, poiché questa sua condizione è stata acquisita durante la sua infanzia difficile, possiamo riferirci al non identificato fidanzato della madre come a una incarnazione più ampia della violenta Gotham City, il ‘demone’ che si è insidiato nel suo corpo, che da sempre lo affligge e lo tormenta e lo porterà poi ad esplodere.
Dopo questa scena iniziale si vede il protagonista mascherato da clown, costume che si evolverà nella maschera di Joker intento a lavorare pieno di entusiasmo e di buona volontà per la strada (setting che richiama la New York della fine degli anni 70). Il suo impegno viene però interrotto dall’intervento violento di una gang di ragazzini che lo deridono e aggrediscono rubandogli il cartellone e lasciandolo tramortito a terra. Il regista decide di inserire il titolo del film Joker a questo punto, quasi a significare che il tema principale sarà proprio la violenza verbale e fisica e i loro effetti devastanti sul protagonista.
La prima cosa che vediamo dopo il titolo è il volto struccato di Arthur, con un’espressione di dolore e pianto in contrasto con il suono della sua risata (demone interiore). In questa scena Arthur è di fronte alla sua psicologa / assistente sociale e la prima cosa che le chiede è se solo lui vive un momento di alienazione. La psicologa reagisce con indifferenza anche quando legge nel diario la frase “spero che la mia morte abbia più senso/ valore della mia vira” (da notare l’errore di spelling cents invece che sense) e anche alla richiesta esplicita di aumentare i farmaci per non sentire più dolore. Già da questa scena emerge una critica al sistema sanitario pubblico senza mezzi e personale adeguato ad assistere il cittadino. Un'altra informazione che emerge dalla loro conversazione è il ricovero di Arthur per un periodo imprecisato in ospedale. Da notare la presenza in entrambe le scene di un orologio che segna la stessa ora. Questo particolare fa sorgere il dubbio che si stia assistendo ad uno sdoppiamento della realtà, ovvero l’incertezza che quello a cui assistiamo nel film sia reale o puro frutto dell’immaginazione del protagonista.
Nelle scene successive le difficoltà di Arthur, come il rapportarsi con le persone, trovare un suo posto nella società, vengono raffigurate nel suo faticoso percorso come, ad esempio, quando sale le scale, sforzo che viene sottolineato dall’utilizzo dei colori scuri, dall’assenza di luminosità e dalla colonna sonora.
Arrivato a casa veniamo a conoscenza che vive con la madre, Penny Fleck (Frances Conory) e vengono introdotti due personaggi, che si scopriranno essere delle figure ‘paterne’ fondamentali per l’evoluzione di Arthur. Il primo è Thomas Wayne (Brett Cullen), l’uomo più ricco della città candidato a sindaco, che la madre descrive come salvatore della città. A questo punto è interessante fare un paragone tra i due personaggi Thomas Wayne e Arthur Fleck. Il primo vuole essere un simbolo/ eroe per la città di Gotham, imponendo con il suo potere e soldi le sue idee e convinzioni di come la città dev’essere gestita, riscuotendo però solo disapprovazione, mentre Wayne stesso esprimerà il suo disprezzo descrivendo i cittadini di Gotham come dei pagliacci. Arthur è l’opposto, non ha mai desiderato né la fama, né i soldi né essere un simbolo, le sue ambizioni sono molto modeste, l’unica cosa che vuole è essere amato e accettato dagli altri. Nonostante ciò, sarà proprio lui che verrà preso come simbolo dalla popolazione di Gotham e che diventerà il ‘Re’ tra tutti i pagliacci.
Il secondo è Murray Franklin (Robert De Niro) presentatore del talk show ‘Live with Murray Franklin’. Nella scena in cui viene introdotto, Arthur sta guardando il suo show insieme alla madre. Anche in questa scena si ha uno sdoppiamento della realtà perché Arthur sta fantasticando sul possibile incontro con lui. In particolare, Arthur idealizza Murray vedendolo come l’unica persona che lo capisce e che lo difende dalle risate e dalle prese di giro altrui, immaginando che abbia avuto le sue stesse difficoltà come l’essere cresciuto senza padre e povero. In particolare, però, quello che Arthur desidera di più è essere riconosciuto e apprezzato agli occhi del suo idolo, che sempre nella sua fantasia afferma che abbandonerebbe la fama e il successo pur di avere un figlio come lui. In questa scena sono inoltre presenti tre elementi da analizzare. Il primo riguarda il parallelismo tra il balletto eseguito adesso da Murray e quello compiuto successivamente da Joker prima di entrare in scena nello show. Joker compiendo questo ballo si appropria dello show di Murray, diventando lui la star e dando inizio al suo vero show: la violenza e il caos che scatenerà di lì a poco. Il secondo elemento riguarda la sua risata, che finalmente non è inappropriata alla situazione, infatti nella sua fantasia lui ride andando a tempo con il pubblico in sala. Il terzo ed ultimo elemento riguarda la frase che lui ricorda essere stata pronunciata dalla madre fin da quando era bambino, ovvero che lo scopo della sua vita sia quello di portare gioia e risate, mostrando sempre un volto sorridente. Per tutta la sua vita Arthur ha sempre cercato di incarnare queste parole (la madre l’aveva sopranominato ‘Happy’), ma in una città come Gotham ogni atto di gentilezza viene ricambiato con violenza e rifiuto. Sarà proprio alla fine, quando diventerà più malvagio della città stessa, diventando Joker, che la gente finalmente lo noterà e lo sosterrà. La scena si conclude con l’abbraccio tra Arthur e Murray, il cambio di tono della musica che si fa drammatico riportando così Arthur e gli spettatori alla drammaticità del mondo reale.
Concentrandoci sul tema delle figure genitoriali, questi tre personaggi (Thomas Wayne, Murray Franklin e Penny Fleck) sono stati fondamentali per il cambiamento e l’evoluzione di Arthur in Joker. Infatti, come dirà lui stesso verso il finale del film ‘non ho più niente da perdere, nulla mi può più ferire’, dal momento che proprio le persone a lui più vicine si sono dimostrate crudeli ed insensibili, portandolo a perdere qualsiasi speranza. Thomas Wayne e Murray Franklin sono diventati delle figure paterne per Arthur per motivi diversi. Per quanto riguarda il comico Murray Franklin, il suo personaggio che all’inizio veniva adorato e visto come un mentore (anche lo stesso Arthur aveva l’ambizione di diventare un comico) diventa un ‘cattivo’. Come lo stesso Arthur dirà: ‘tu sei orrendo, volevi solamente prenderti gioco di me, sei come tutti gli altri’. La svolta decisiva avviene in modo traumatico quando Arthur vede alla televisione la reazione canzonatoria di Murray al suo sketch registrato, ed è proprio in quel momento che verrà presentato, quasi ‘battezzato’ con il nome di Joker (il nome di Arthur come artista era Carnival). Inoltre, la speranza che Murray potesse essere diverso dal resto delle persone svanisce con le successive prese di giro di Murray, anche quando è presente Arthur in studio. In quell’occasione Arthur/Joker quando sente Murray che insieme agli ospiti lo deridono, inizia a ballare, dapprima con dei movimenti duri meccanici che diventano sempre più morbidi e armoniosi, come se si fosse distaccato dalla realtà e quelle parole non lo ferissero più.
Wayne viene presentato come il possibile padre naturale di Arthur da una lettera della madre. Arthur ricerca Thomas Wayne solo per poter iniziare un rapporto affettivo con quello che lui pensa essere il suo padre naturale. Come risposta però riceverà un brutale pugno e il totale rifiuto da parte di Thomas che lo disconosce, dicendogli che è stato adottato e che è solo una fantasia di sua madre malata.
Arthur ha sempre ricercato calore e affetto dalla madre, rapporto che si sgretola quando Arthur trova conferma nei documenti dell’ospedale psichiatrico di essere un figlio adottivo e di aver subito da piccolo gli abusi del fidanzato di sua madre senza che lei lo difendesse. Come accennato in precedenza, queste violenze infantili hanno causato in lui un disturbo psichico, espresso dalla risata nevrotica, di cui si è sempre vergognato e chiesto scusa.
Questi tre personaggi vengono uccisi per mano di Arthur: soffoca la madre in ospedale dopo aver a scoperto la verità; uccide Murray sparandogli in conclusione del suo discorso ‘cosa ottieni, se metti insieme un malato di mente solitario con una società che lo abbandona e lo tratta come spazzatura? Ottieni quello che ti meriti’; infine Thomas Wayne muore insieme alla moglie a causa delle rivolte causate da Joker.
All’interno del film sono presenti elementi che sottolineano i cambiamenti di Arthur quali le scene in cui balla, la cinematografia e la colonna sonora. Partendo dalle dance scenes ne possiamo prendere quattro come esempio, che sono significative nel suo processo di cambiamento. La prima avviene la sera in cui ha ricevuto la pistola dal suo collega Randall; tornato a casa, incuriosito, inizia ad accarezzarla e contemporaneamente accenna a dei primi passi di danza. La seconda avviene dopo che ha ucciso i tre ragazzi di Wall Street. Arthur si rifugia in un bagno pubblico e per la prima volta si libera ballando dal peso e dalla frustrazione che aveva accumulato dentro di sé fino a quel momento. Inoltre, la musica gioca un ruolo fondamentale: l'utilizzo di violini e di strumenti ad arco, che nelle scene precedenti sottolineavano uno stato di solitudine e di ansia, in questa scena si trasformano, dando forza e potenza al protagonista. La terza è quando Arthur si sta dirigendo al ‘Live with Murray Franklin’ dove per la prima volta lo si vede scendere le scale ballando, sentendosi finalmente sicuro di sé. Questo cambiamento è sottolineato anche dalla musica Rock ‘n’ Roll pt.2 (Glitter 1972) e dalla luce che per la prima volta illumina la scala. L’ultima scena da evidenziare è la ‘nascita’, il sorgere del personaggio di Joker. Infatti, dopo essere stato arrestato dalla polizia, viene liberato dai cittadini di Gotham, travestiti a loro volta da clown. Joker finalmente ha un pubblico che lo acclama e lo apprezza e quel sorriso, che fino ad allora sembrava impossibile, ora diventa parte di sé stesso tanto che utilizza il proprio sangue per disegnarlo sul viso.
La cinematografia e la colonna sonora hanno a loro volta contribuito a delineare i mutamenti del protagonista. Il film è caratterizzato dalla mancanza di luce: anche nelle scene di giorno è molto forte il contrasto tra il ‘buio’ e la presenza dei colori primari (rosso, giallo, verde e blu) che sono parte della maschera di Joker. I colori scuri e l’assenza di luminosità esprimono l’alienazione del personaggio ‘buono’ di Arthur rispetto al mondo circostante. Solo quando lui inizierà il suo percorso evolutivo verso la malvagità quello che prima era oscuro inizierà a prendere luce come, ad esempio, nelle scene successive agli omicidi da lui compiuti (i 3 ragazzi di Wall Street, sua madre e Randall). Per quanto riguarda la musica, all’interno del film sono presenti tre brani principali: Smile (Chaplin 1936), That’s life (Sinatra 1963) e Rock ‘n’ Roll part.2 (1972). In particolare, Smile (1936) e That’s life (1963) hanno un profondo richiamo con la vita del protagonista, infatti, Smile può essere ricondotto alla frase che la mamma di Arthur gli pronunciava sempre: ‘di sorridere sempre e di avere un'espressione felice, dice che sono venuto in questo mondo per diffondere gioia e risate’. Il testo infatti racconta ‘Smile, Though your heart is achin' Smile... Light up your face with gladness, Hide, every trace of sadness, Although a tear may be ever so near’ che quindi anche quando si sta affrontando un momento difficile e si è quasi vicini al pianto bisogna sorridere. Inoltre, questa canzone fu scritta da Chaplin per il film Tempi Moderni (1936): come analizzeremo più avanti questo film ha dei legami con Joker. Mentre il testo di That’s life richiama la vita di Arthur ‘I said, that's life (that's life) and as funny as it may seem, Some people get their kicks, Stompin' on a dream, But I don't let it, let it get me down, 'Cause this fine old world it keeps spinnin' around, I've been a puppet, a pauper, a pirate, A poet, a pawn and a king’. Come nella canzone, Arthur ha avuto i suoi bassi senza mai però abbandonare il suo sogno di diventare un comico, è stato un ‘pupazzo’ del suo capo, ‘povero’, ‘un pirata’ quando prende il controllo del Murray Show e infine ‘un Re’ quando alla fine sale sul cofano della macchina della polizia.
Il film si conclude con un finale aperto, in cui vediamo Arthur/Joker in una stanza di ospedale che richiama quella del suo ricordo presentato all’inizio. Come accennato prima, all’interno del film sono presenti diversi elementi di sdoppiamento della realtà. Il primo è l’orologio menzionato in precedenza, il secondo è quando si rinchiude dentro il frigo in un tentativo di suicidio; nella scena successiva Arthur è sdraiato a letto, facendo sorgere il dubbio se quello che abbiamo visto sia realmente accaduto o meno. Infine, quando si scopre che la relazione con la sua vicina di casa Sophie (Zazie Beetz) era tutto frutto della sua immaginazione. Tutti questi elementi si rafforzano nella scena finale, in cui la dottoressa chiede ad Arthur di raccontarle la barzelletta per cui sta ridendo (per la prima volta Arthur ride sinceramente) e lui le risponde ‘sarebbe inutile’, quasi ad insinuare il sospetto che tutta la narrazione del film sia solo una sua fantasia. Dopotutto il personaggio di Joker è il ‘bugiardo’ per eccellenza, la sua storia è sempre stata un mistero e ha sempre creato delle alterazioni nella narrazione del suo passato.
Il film Joker presenta numerosi richiami a film classici, della New Hollywood e contemporanei. Infatti, è possibile paragonarlo a L’uomo che ride (1928), Tempi Moderni (1936), Taxi Driver (1976), Re per una notte (1982) e Fight Club (1999). Partendo dal paragone con L’uomo che ride, entrambi i protagonisti (Arthur e Gwynplaine) sono condannati a non poter esprimere i loro stati di tristezza, che vengono continuamente espressi attraverso una risata straziante. Entrambi hanno subito degli abusi da bambini: per quanto riguarda Gwynplaine il suo eterno sorriso è stato forzatamente ottenuto da un’operazione chirurgica, mentre Arthur è stato abusato dal compagno della madre, questa condizione li porta a vergognarsi del loro aspetto. Gwynplaine infatti nasconde sempre il suo sorriso e Arthur chiede continuamente scusa quando ha i suoi attacchi di riso incontrollabili e incomprensibili per le persone che lo circondano. Nonostante dall’esterno possa sembrare che stiano ridendo, le espressioni degli occhi riescono a esprimere il loro stato di dolore. Entrambi, seguono un percorso di affrancamento e di rivalsa contro le cattiverie della società, che li porterà ad affermarsi come individui e a prevalere sulle avversità.
In confronto a Taxi Driver, si può notare come i due film abbiano non soltanto alcuni elementi della personalità del protagonista come elemento d’unione, ma anche l’ambiente circostante. In entrambi i casi è presente una marcata rappresentazione della degradazione e della sporcizia della città, quasi come a rappresentare anche esteriormente la sporcizia e il degrado della società umana. Un ulteriore elemento che accumuna i protagonisti Arthur e Travis Bickle (Robert De Niro) è la redazione di un diario. Mentre in Taxi Driver la descrizione e la comprensione dei pensieri è affidata alla voce narrante che racconta ciò che scrive, in Joker invece ciò non accade, quasi a rimarcare la alienazione e la chiusura in sé stesso del personaggio. Si possono comunque fare dei parallelismi tra le confessioni che i protagonisti scrivono nel loro diario, come quando Travis scrive ‘la solitudine mi ha seguito per tutta la vita, ovunque, nei bar, nelle macchine, ovunque, non c'è via di scampo’ come per Arthur con ‘spero che la mia morte abbia più senso della mia vita’. I due soffrono di un forte isolamento e non riescono a rapportarsi con il mondo circostante caratterizzato dalla violenza. Travis guidando il taxi per tutta la città è testimone della brutalità e dell’abbandono di New York. Inoltre, entrambi confidano la loro alienazione e le loro difficolta ad altre persone (Arthur alla sua psicologa, Travis ai suoi colleghi taxisti) senza però essere né ascoltati né capiti. La figura femminile idealizzata da Arthur in Sophie e da Travis in Betsy (Cybill Shepherd) risulta come l’unica persona in grado di comprenderli e con la quale poter aver un rapporto per non essere più soli. Travis racconta l’incontro con Betsy come se fosse un angelo in mezzo a tutta la sporcizia, esalta la sua figura e pensa che la solitudine li accomuni entrambi. Per Arthur questa idealizzazione è portata all’estremo in quanto la relazione idilliaca che aveva con Sophie, dove lei lo supportava, rideva ai suoi show, gli stava vicino nei momenti difficili, come l’ospedalizzazione di sua madre, si rivela essere tutta frutto della sua immaginazione. Inoltre, è presente un parallelismo tra i cambiamenti di look che i protagonisti compiono verso la fine del film. Travis decide di tagliarsi i capelli in stile Mohawk come gli Indiani d’America prima di andare in guerra e analogamente Arthur assorbe la sua stessa maschera da clown diventando Joker, come se fosse un ancestrale pittura di guerra. Un'altra analogia tra i due film è la scena in cui i protagonisti mimano di portarsi la pistola alla tempia per suicidarsi.
Relativamente a Re per una notte i due protagonisti Arthur e Rupert Pupkin (Robert De Niro) hanno un background molto simile ed entrambi ambiscono a diventare dei comici. Sia Rupert che Arthur hanno avuto un’infanzia difficile. Rupert nel suo monologo comico finale racconta di come sia sempre stato bullizzato dai suoi compagni di scuola, dei problemi familiari con la madre alcolizzata, dell’assenza del padre e dell’essere stato diagnosticato per avere un ‘defective’ all’ospedale da bambino. Per colpa di tutte queste difficoltà, entrambi i protagonisti nutrono un senso di rivalsa, che esprimono in modi diversi. Rupert arriva persino a sognare che il preside del suo liceo si scusi per tutte le volte che lui, gli studenti e le altre persone l’hanno deriso e ferito. Arthur d’altro canto vuole semplicemente essere trattato con umanità e rispetto. Entrambi fantasticano e immaginano di essere parte degli show dei loro idoli, Jerry Longford (Jerry Lewis) per Rupert e Murray Franklin per Arthur, arrivando persino a immaginare d’avere delle conversazioni con loro e che la loro ammirazione sia ricambiata. Un'altra analogia è che in entrambi i film, quando i due protagonisti iniziano a raccontare i loro sketch comici, si sentono le risate ‘registrate’ del pubblico. Inoltre, nel caso di Arthur, il pubblico ‘scompare’ nel buio riuscendo a vedere solo le lampade dei tavoli, mentre per Rupert il pubblico acclamante è solo stampato in una fotografia. Proprio questi elementi sottolineano l’alienazione di Rupert e Arthur rispetto alla realtà e alla società. Inoltre, sia Arthur che Rupert alla fine del film cambiano il loro look indossando un abito rosso. Ciò assume un significato importante perché arrivano ad indossarlo una volta commesso i loro crimini, per cui il colore rosso può rappresentare la violenza e il crimine che ormai hanno fatto proprio e che è diventato parte di loro. È infine interessante notare come Robert De Niro abbia partecipato in entrambi i film, interpretando sia la parte dell’incompreso che ottiene la sua rivincita sulla società in Re per una Notte, sia del carnefice/vittima in Joker, quasi come a concludere un ciclo attoriale e interpretativo.
Joker, Taxi Driver e Re per una notte condividono il finale in cui i protagonisti, nonostante i gravi crimi commessi come l’assassinio e il rapimento, vengono applauditi, esaltati dai media e dalla popolazione, trovando quindi un riscatto.
La scena di Tempi Moderni (1936) introdotta all’interno del film, che mostra Chaplin con una benda agli occhi mentre pattina sull’orlo del precipizio, rappresenta lo stato emotivo e psicologico di Arthur, che si trova metaforicamente a pattinare sull’orlo della pazzia. Tempi Moderni e Joker sono accumunati dalla denuncia della società contemporanea e degli eccessi del capitalismo, che ingloba ed aliena nei suoi ingranaggi e rifiutando e scartando l’individuo non idoneo (Tempi Moderni denunciava il periodo storico post crollo di Wall Street, mentre Joker quello della presidenza Trump).
Relativamente a Fight Club (1999) i due protagonisti Arthur e The Narrator (Edward Norton) condividono lo stesso sentimento di alienazione verso la società e, in modi diversi, cercano in qualche modo di integrarsi. The Narrator comprando in maniera compulsiva arredamenti di Ikea, cercando d’avere la casa perfetta e in qualche modo di condurre una vita ‘normale’. La ricerca dell’integrazione di Arthur è descritta nella scena in cui assiste a uno spettacolo di stand up comedy. In questa scena l’alienazione di Arthur è evidente nel momento in cui non riesce a ridere a tempo con le battute. Inoltre, entrambi i protagonisti soffrono di schizofrenia e hanno creato due persone immaginarie con cui si sentono completi e a cui si ispirano: in The Narrator troviamo Tyler Durden (Brad Pitt) mentre per Arthur è Sophie.
Come abbiamo potuto constatare, Joker è un film che contiene una miriade di significati e metafore, lasciando libero lo spettatore di riconoscerle e interpretarle, e grazie al suo finale aperto, di immaginare una conclusione.