Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!
NOI (Us, 2019)
di Barbara Mazzolari
INTRODUZIONE
Il film di genere horror e thriller Noi è il secondo lungometraggio di Jordan Peele, persona eclettica in quanto comico, attore, sceneggiatore, produttore cinematografico e regista. Nel 2017 firma Scappa – Get out con cui vince l’Oscar per la Migliore sceneggiatura originale.
In entrambi i film i codici dell’horror vengono utilizzati per raccontare l’America di oggi, le sue inquietudini e i suoi fantasmi, a volte con ironia ma senza rinunciare a trasmettere allo spettatore un senso di angoscia. Nei suoi film vuole evidenziare una critica socio-politica americana: nel film Noi lo si capisce già dal titolo in originale ovvero Us che oltre a essere tradotto in noi, il tema principale, ha un doppio significato essendo anche l’abbreviazione di United States.
DOPPELGÄNGER E IL DOPPIO
Il tema principale del film è il doppelgänger, un termine tedesco che significa letteralmente doppio viandante a sottolineare come un corpo possa essere contemporaneamente presente in due o più luoghi diversi. Al tempo stesso è sinonimo di alter ego o sosia, una copia quindi dello stesso individuo generalmente malvagia, un clone di noi stessi.
In Noi abbiamo una famiglia americana benestante e la famiglia di cloni malvagia, il bene e il male. Jordan Peele raffigura quest’ultima famiglia facendo indossare loro una tuta rossa e delle forbici come strumento per difendersi e uccidere. Il colore della tuta può riferirsi al sentimento di paura che proviamo quando abbiamo davanti a noi uno sconosciuto che vediamo come nemico ma anche al rosso del sangue che esce da una ferita, forse provocata dall’uso delle forbici; strumento che all’inizio Adelaide usa per realizzare il simbolo dell’evento Hands across America ma che è anche un oggetto simbolo della separazione, della rottura dei legami. Le forbici dal canto loro sono anche composte da due parti simmetriche unite tra loro.
In una delle scene più importanti è possibile notare questa similitudine ovvero quando le due famiglie si incontrano per la prima volta, in un tempo definito come oggi. La madre dei Tethered, Red, è l’unica che riesce a comunicare verbalmente con i Wilson e quando Adelaide le chiede “Chi siete?” lei risponde “Siamo americani”, a cui il figlio Jason Wilson aggiunge, terrorizzato, “Sono noi.”
Il regista sostiene che ognuno di noi cela un lato oscuro che cerca quotidianamente di reprimere per poter vivere in una società civile: “Siamo noi i nostri peggiori nemici, un aspetto che tutti noi conosciamo intrinsecamente e, nonostante ciò, tendiamo a sotterrarlo. Spesso ce la prendiamo con il diverso, ma in questo film il mostro ha la nostra faccia.” Tale figura ci ammalia perché ci ricorda parti nascoste del nostro io che tendiamo a nascondere o a dimenticare ma che ci influenzano o ci definiscono.
Questa società nel film viene rappresentata quindi da due nuclei famigliari: i doppelgänger, chiamati Tethered, che vivono nel sottosuolo, all’ombra e sappiamo essere stati maltrattati nel passato e poi la classica famiglia americana, i Wilson che vivono alla luce del sole la loro vita fatta di benessere e di una seconda casa al mare a Santa Cruz per passare le vacanze.
Due famiglie con stile di vita diverso ma uguali nell’aspetto estetico.
Questa diversità, tra le due, tra benessere e sofferenza, ci viene presentata quando Red parla del suo passato ai Wilson. Dichiara che la bambina (Adelaide) aveva un'ombra, e le due erano legate e inseparabili. La bambina era felice alla luce del sole mentre l’ombra soffriva al buio del sottosuolo. Un giorno la bambina è cresciuta e ha incontrato il principe azzurro (Gabe) mentre all’ombra è stato imposto Abram. Dall’amore della coppia felice e innamorata nacque una figlia bellissima (Zora) e un secondo figlio (Jason), nato con l’aiuto di un’ipotetica ostetrica. Invece dal legame non voluto tra Red e Abram è nata Umbrae che è venuta al mondo ridendo e poi nacque Pluto, amante del fuoco, con un parto turbolento in cui la madre non ebbe l’aiuto di nessuno e partorì da sola. Un passato molto differente tra luce e buio, tra salute e degrado.
La società che il regista vuole mostrarci è quella in cui tutti noi viviamo, suddivisa in una sorta di scala (nel film, la scala sociale è rappresentata attraverso la presenza di molte scale mobili nei sotterranei), con persone al di sopra che hanno tutto e altri, al di sotto, che sono ben più sfortunati.
Il doppio serve quindi a rappresentare ciò, i due estremi della società americana: i ricchi e i poveri.
Questa ineguaglianza sociale è molto sentita in America al punto che, come sostiene Jordan Peele, se non si fa qualcosa l’epilogo sarà l’autodistruzione o comunque aspettarci, prima o poi, una rivoluzione.
Il discorso che il regista fa in aggiunta non è sulla questione raziale, come è stato nel suo primo lungometraggio Scappa – Get out quanto sul concetto centrato sulla classe.
Una classe sociale in cui si tratta di cosa significhi in America avere o non avere.
Chi ha è Adelaide, che vive insieme alla sua famiglia al di sopra della media, in uno stato di agiatezza. Essi si rifiutano di riconoscersi ricchi perché guardano a chi ha più soldi di loro e quindi sta meglio.
Mentre chi non ha è Red, che insieme agli altri cittadini del sottoterra, ritiene di fare parte della classe media costituita di forti sostenitori, più di altri, di certi valori tradizionali.
Tutti così si ritengono appartenenti alla classe media e si affannano per non essere lasciati indietro e per affermare di continuo il loro status sociale.
L’uomo è talmente focalizzato su ciò che non possiede da scordarsi che esiste chi ha meno di lui. E’ quindi la famiglia di Red la personificazione di coloro che gli americani hanno dimenticato. Ma emblematicamente siamo noi stessi privati del lusso di poterci permettere le scelte quotidiane che diamo per scontato. È la paura e rabbia verso il diverso che ci porta a difenderci e ad alzare muri, guardando lontano da noi, senza soffermarci invece a far luce dentro di noi e sulle nostre responsabilità.
IL SOGNO AMERICANO
Jordan Peele sembra volerci ricordare che si può essere complici di un sistema malato anche senza accorgersene e che in America la gente messa ai margini dal sistema ha ora deciso di rivendicare con violenza la propria voce e rappresentanza. Per questo racconta tanto il collasso del sogno americano – e quindi indirettamente del modello statunitense della globalizzazione – quanto l’ascesa del populismo: due costanti che accomunano la situazione statunitense a quella di tutto l’occidente.
Il sogno americano che vuole rivelare attraverso il personaggio del padre, Gabe Wilson, rappresentandolo come una persona molto attaccata all’oggetto materiale più che al sentimento.
Quando i doppelgänger si presentano nel giardino della casa a Santa Cruz, nella sua proprietà privata, Gabe impugna una mazza da baseball, classico sport americano, senza pensarci due volte.
È sempre lui che nonostante abbia una famiglia perfetta non cessa un secondo di invidiare il vicino, Josh Tyler, che ha una villa più lussuosa, un motoscafo e una macchina all’ultimo grido.
Un benessere che viene perciò messo in conflitto con i Tyler (come i Wilson, sono composti da madre, padre e due figlie), una famiglia di americani superficiale, presuntuosa e ottusa, senza alcun scopo quotidiano.
I Tyler, al contrario dei Wilson, non riescono a difendersi dai loro doppelgänger feroci che, come loro, sono intenzionati ad appropriarsi del loro status symbol come i modernissimi comfort della lussuosa villetta dalle pareti di vetro. Risultano così essere più diretti e mirati a ucciderli in una scena che viene resa angosciante ma allo stesso comica dall’uso della musica con canzoni come Fuck the Police degli N.W.A. e Good Vibrations dei Beach Boys (è la musica il principale mezzo utilizzato per i riferimenti alla cultura black).
L’attaccamento materiale da parte di Gabe viene mostrato addirittura quando l’unica cosa che lo convince a seguire Adelaide nel suo piano di fuga, abbandonando la casa ricca di comfort dei Tyler in cui i Wilson si erano rifugiati, è proprio l’idea di guidare il potente fuoristrada dei suddetti.
Sono quindi i legami materiali quelli sognati dagli americani, che li rendono schiavi, come i Tethered, della finta prosperità.
Ma Gabe non è l’unico. In parte anche Adelaide, nonostante abbia allucinazioni del passato, quando si trova nella casa a Santa Cruz decide di trascorrervi le vacanze perché chi ha raggiunto il benessere non è disposto a rinunciarvi, neanche per aiutare se stesso a star bene.
Quando difatti nella scena inziale i Wilson decidono di passare la giornata in spiaggia, il luna park alle spalle della spiaggia sembra essere il paese dei balocchi dove ci si diverte ma è anche un luogo di inganno per le famiglie. Inganno e tentazione che Jordan Peele sembra voler mostrarci già nel 1986 quando vediamo la piccola Adelaide tenere in mano una mela rossa caramellata, come quella di Biancaneve e i sette nani (oltre alla mela di Biancaneve, la piccola Adelaide indossa una maglietta con la scritta Thriller che Jordan Peele le fa indossare in omaggio al video di Micheal Jackson.).
Altro elemento che ci collega alla nostra analisi, rimanendo sulla spiaggia, è quando le gemelle (piccolo riferimento al doppio) Tyler inciampano vicino al figlio minore dei Wilson, Jason, gli chiedono cos’è stato e lui risponde “E’ solo uno stupido tunnel, tutto qua.” Un tunnel, una tana che si trova al di sotto di qualcosa e serve per nascondere.
IL SOTTOSUOLO
Approfittando dei chilometri di tunnel che si snodano in tutti gli Stati Uniti l’uomo ha usato il sottosuolo come laboratorio per i suoi esperimenti di clonazione dei cittadini americani, come sostiene Red: “Gli umani hanno creato questo posto, hanno capito come replicare i corpi ma non le anime. L’anima è una da condividere.” Il conflitto interno e irrisolvibile di corpi identici che condividono una sola anima.
I tunnel così sono stati utilizzati come tana per nascondere gli esperimenti e una volta falliti l’uomo ha abbandonato il luogo e i doppelgänger.
I cloni così hanno creato negli anni una società parallela e sotterranea, nella quale sono cresciuti mimando i gesti della copia della loro identità di sopra, provando, in minima parte, a ricopiare le loro emozioni. Tuttavia però, non essendo dotati di libero arbitrio, i doppi sembrano incapaci di spezzare questo legame psichico e di conseguenza non hanno la capacità di parlare. Red però è l’eccezione e riesce a uscire dal proprio mutismo e a crescere come una bambina normale.
Dopo trent’anni vissuti così i Tethered vogliono la separazione, vogliono ribellarsi per ciò che gli è stato fatto. Durante il film si racconta quindi la rivolta degli esclusi e degli emarginati, scarti di una società dove la miseria diventa prigionia. Vendicativi appunto perché dimenticati ed emarginati dalla società che li ha resi prigionieri del sistema, in un ipotetico carcere in cui si indossano tute rosse che richiamano quelle dei carcerati.
Il regista Jordan Peele vuole, quindi, sottolineare le due parti contrapposte: gli americani che vivono in superficie vengono rappresentati come élite di privilegiati ma raccontati come vittime innocenti delle ingiustizie di cui sono direttamente responsabili. Al contrario i poveri cloni, coloro che vivono nell’ombra, sono segregati e sfruttati ma vengono trasformati in individui pronti a vendicarsi con la violenza. Infatti quando Adelaide uccide per difendersi emerge il suo lato bestiale e il primo ad accorgersene sarà il figlio Jason, come si può captare dal loro sguardo d’intesa verso la fine del film, quando guidano per allontanarsi dalla città invasa. Uno sguardo ma anche un sorriso d’intesa che potrebbe dire molte cose, come il fatto che sia un richiamo al malefico sorriso che Adelaide aveva fatto da piccola, ma anche un segno dell'aver compreso che la sua famiglia uscirà più forte e più unita da questa esperienza.
IL NUMERO 11
Jordan Peele nel film utilizza e mostra il numero undici per evidenziare di più il concetto del doppio, che è l’affiancamento di due uno, due individui identici posti l’uno accanto all’altro come succede tra Adelaide e Red.
Il premio che la piccola Adelaide vince nel 1986 è il numero 11 e la partita reclamizzata alla tv, dopo Hands Across America, sarà alle 11:11 e successivamente quando Adelaide mette a letto suo figlio Jason guarda angosciata l’orologio che segna le 11:11, il significato del suo sguardo risale all’episodio del 1986 quando, mentre si sta allontanando dai suoi genitori e avvicinandosi alla Casa degli specchi incontra un uomo misterioso che tiene in mano un cartello con la scritta Geremia 11:11.
Il riferimento è legato a un versetto della Bibbia, quindi a Geremia 11:11 che cita così: "Perciò, così parla l’Eterno: Ecco, io faccio venir su loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò.” Geremia, nella Bibbia, era un profeta che avvertì gli ebrei in esilio a Babilonia che Dio non era contento del fatto che adorassero falsi idoli e che questo avrebbe condotto alla caduta di Gerusalemme.
I falsi idoli sono riferiti alla nostra dipendenza da tecnologia e denaro, il concetto del benessere materiale, già citato prima, per il cittadino americano.
Allo stesso tempo però il versetto è un presagio della sventura che capiterà a Adelaide trent’anni dopo con l’arrivo dei Tethered: “Dio ci ha permesso di incontrarci” pronuncia Red.
Un Dio, che spesso viene citato da Red anche nella scena in cui dichiara che “Ombra odiò la ragazza per molto tempo. Fino a quando comprese che era stata messa alla prova da Dio.” Il legame tra Red e Dio è uno di quei valori tradizionali che abbiamo detto prima essere fondamentale per chi “non ha.”
Un Dio che attraverso Geremia collega e fa incontrare la Terra di sotto e di sopra.
I CONIGLI, GLI SPECCHI E LA MASCHERA
Il coniglio è l’animale simbolo del film, essendo in primis il cibo con cui si sfamano i Tethered una volta abbandonati dall’uomo.
Jordan Peele in un’intervista ha detto che i conigli sono animali teneri e al tempo stesso inquietanti: “Mettete il cervello di un coniglio in un corpo umano e otterrete Michael Myers.”
La presenza dell’animale nel sottosuolo, visto nel prologo all’interno di gabbie disposte in file da undici, è pensabile come conseguenza di un esperimento di clonazione precedente a quello sugli esseri umani.
Un primo riferimento è quello del bianconiglio presente nel romanzo di Lewis Carroll Alice nel paese delle meraviglie, dove abbiamo Adelaide che, come Alice, si addentra nel rabbit hole, la Casa degli specchi, inconsapevole del destino che l’aspetta. Adelaide, ancora come Alice, si ritrova a cadere giù nella tana per finire in un bizzarro e pericoloso mondo estraneo e contrario.
A tal tema Jordan Peele strizza l’occhio allo spettatore facendo indossare a Zora Wilson due particolari magliette: la prima è blu, messa precedentemente all’incontro con i Tethered, e raffigurante un coniglio bianco, mentre la seconda, verso la fine, è di color verde acqua con sopra scritto Tho che in vietnamita significa appunto coniglio. I conigli però sono presenti anche nel primo lungometraggio di Jordan Peele Scappa – Get out nella canzoncina iniziale della caccia all'uomo Run, Rabbit Run.
Tornando però ad Alice nel paese delle meraviglie sappiamo che nella seconda parte della sua avventura attraversa uno specchio. Uno specchio che riporta alla realtà è spesso utilizzato per rappresentare l’identità e infatti la presenza degli specchi è ricorrente all’interno del film Noi.
Dapprima con il riferimento alla Casa degli specchi nel 1986 che ci accoglie con la scritta Find your self - trova te stesso, trova il tuo vero io ed è proprio in quella giostra che Adelaide incontra Red e viceversa.
Successivamente, nel corso del film, Adelaide scende nello scantinato (ritorna quindi il concetto del sottosuolo) per cercare suo figlio che si è nascosto e si ritrova davanti ad uno specchio che le fa ricordare il suo passato da ballerina; il saggio di danza era stato un modo per mostrare la sua unicità e la sua capacità di parlare, che gli altri cloni non hanno, e le ha permesso di guidare la rivolta.
In un flashback del 1986 vediamo la dottoressa, a cui si sono rivolti i genitori di Adelaide dopo l’incidente nella Casa degli specchi, sostenere che la bimba rivela dei sintomi post-traumatici e di farla parlare, di farle raccontare la sua storia attraverso la danza. Riguardando questa scena dopo aver concluso il film potrebbe sembrare che anche la dottoressa conosca il segreto di Adelaide/Red e che funga da tramite, tra il mondo di sotto e il mondo di sopra.
Notiamo però un altro elemento durante quell’incontro che sottolinea il pensiero di Jordan Peele nella frase “Mica è stata in Vietnam” che pronuncia il padre in risposta al referto dato dalla dottoressa.
Una frase che sembra dirci che solo chi ha combattuto la guerra in Vietnam può avere questi sintomi e non una bambina. Una guerra, in aggiunta, che per buona parte degli americani è stata inutile e ingiusta.
Se quindi lo specchio mostra la realtà, la persona e la sua anima così com’è, è invece attraverso l’uso della maschera che si nasconde la personalità.
Nel film si nota l’utilizzo di una maschera da parte di Jason e il suo clone, se il primo la utilizza come gioco il secondo la indossa per nascondere la parte inferiore del viso rovinata da un ipotetico incendio in quanto “Pluto nacque con l’amore per il fuoco.”
Quando però Jason riesce a far togliere la maschera bianca a Pluto, vedendo le cicatrici da bruciatura sul suo volto, capisce che i giochi di magia che ha fatto nel passato sono stati rifatti da Pluto. Le azioni dei cittadini americani quindi si rispecchiano in quelle dei cloni ma in maniera drammatica.
Il concetto della maschera ci porta a parlare del pensiero di Pirandello che nel romanzo Uno, nessuno e centomila, attraverso questa metafora, spiega come l’uomo si nasconda dietro una maschera, un velo che non consente di conoscere la propria personalità.
Nella realtà quotidiana gli individui non si mostrano mai per quello che sono, ma assumono una maschera, simbolo alienante, indice della spersonalizzazione e della frantumazione dell'io in identità molteplici, e una forma di adattamento in relazione al contesto e alla situazione sociale in cui si produce un determinato evento.
Nel film Noi la maschera indossata da Jason è anche utilizzata per non vedere l’orrore della società contemporanea; per non rispondere alla domanda di chi sia il buono e chi il cattivo, chi sia la vittima o il carnefice.
Infine in una delle locandine del film si vede Lupita Nyong’o tenere in mano una maschera che sembra essersi appena tolta.
HANDS ACROSS AMERICA
La manifestazione Hands across America – Mani unite per l’America è il punto di partenza che il regista utilizza per un discorso sugli Stati Uniti crudele e radicale.
L’evento, tenutosi veramente nel maggio del 1986, vide la partecipazione di sei milioni di persone che si tennero per mano in una catena umana da Santa Monica a New York per raccogliere fondi per i senzatetto e i poveri d’America. L’obiettivo fu di raccogliere circa 50 milioni di dollari ma il risultato fu un mezzo fallimento in quanto si arrivò a raccogliere circa 34 milioni di dollari di cui solo 15 vennero distribuiti dopo aver dedotto i costi della coreografica iniziativa.
L’evento per Jordan Peele nel 1986 fu “qualcosa di spaventoso” e così ne ha fatto un elemento chiave della trama.
Ad assistere alla pubblicità dell’evento in televisione, all’inizio del film, è Adelaide che, come fu per Peele, manterrà traccia della lunga catena umana nella sua memoria, mentre ritaglia con le forbici delle figure di carta unite, simbolo dell’evento.
Questo gesto sarà così il suo ultimo ricordo che avrà del mondo di sopra e al tempo stesso l’elemento che darà il via al progetto d’azione dimostrativa per la gente di sotto. Red organizza una rivolta di massa in cui i Tethered vengono in superficie per uccidere le loro controparti e prendere il loro posto in una catena umana contemporanea che rispecchia l’evento del 1986.
Jordan Peele sembra dirci che è dunque l’uomo artefice del suo destino ma allo stesso tempo porta a Hands across America un nuovo simbolismo, un evento originariamente destinato a sensibilizzare sui senzatetto e la fame in tutto il mondo, ora mostra come gli americani spesso chiudano un occhio sui mali sociali che esistono appena sotto la superficie del loro paese.
CONCLUSIONE
Il film Noi evidenzia che la condizione dei sosia è una metafora dello sfruttamento dei meno fortunati a beneficio delle classi più agiate. Il divario economico e le discriminazioni rappresentano una delle facce dell’America, un'ipocrisia che viene portata alla luce del giorno.
La critica sociale e politica, si instaura intorno al rapporto fra la protagonista Adelaide e la sua ombra, Red. In questo legame confluisce il conflitto fra la coscienza di classe e la coscienza di razza, declinato sempre e ovviamente dalla prospettiva afroamericana, in cui è radicata l’idea che l’agio borghese sia spesso simbolo di tradimento nei confronti delle condizioni di diseguaglianza della maggioranza sottoproletaria ed emarginata.
Ci sono comunque altre scene e dialoghi che evidenziano il lato critico verso la società americana e possibili pregiudizi di Jordan Peele. Difatti, dopo la giornata passata in spiaggia e lo spavento avuto da Adelaide, quando non trovava Jason, alla sera mentre lo mette a letto, il figlio le chiede se avesse avuto paura che fosse morto e se pensasse che fossero stati i terroristi o i pervertiti.
Le fondamenta del cittadino americano sono costruite sulla paura di tutto, dal terrorismo all’immigrazione e Jordan Peele ha voluto seguire lo stesso approccio che, nel 1968, George A. Romero ha usato nel suo primo film La notte dei morti viventi in quanto racconta e veicola un potente messaggio sociale affrontando il tema della razza, anche se non ne parla mai apertamente.
Inoltre quando arrivano i Tethered e i Wilson si rifugiano in casa, il padre chiede come sono riusciti ad entrare e Adelaide comunica che probabilmente hanno usato la chiave di riserva, forse caratteristicamente lasciata sotto un vaso sull’uscio all’entrata, e Gabe risponde “cosa da bianchi.”
Nonostante ciò, i protagonisti afroamericani di classe sociale medio alta sono stati scelti come personaggi centrali da Jordan Peele per trasmettere la massima naturalezza e non soffermandosi su conflitti razziali e diseguaglianze economiche.
Noi è un film di genere che ci racconta e mostra quel che realmente siamo, come individui, come classi sociali, come società.
La famiglia Wilson siamo noi davanti alla nostre paure, alle nostre colpe e debolezze, ai nostri demoni. L’idea che il peggior nemico non è il diverso o l’estraneo ma siamo noi e la nostra anima.
NOI (Us, 2019)
di Barbara Mazzolari
INTRODUZIONE
Il film di genere horror e thriller Noi è il secondo lungometraggio di Jordan Peele, persona eclettica in quanto comico, attore, sceneggiatore, produttore cinematografico e regista. Nel 2017 firma Scappa – Get out con cui vince l’Oscar per la Migliore sceneggiatura originale.
In entrambi i film i codici dell’horror vengono utilizzati per raccontare l’America di oggi, le sue inquietudini e i suoi fantasmi, a volte con ironia ma senza rinunciare a trasmettere allo spettatore un senso di angoscia. Nei suoi film vuole evidenziare una critica socio-politica americana: nel film Noi lo si capisce già dal titolo in originale ovvero Us che oltre a essere tradotto in noi, il tema principale, ha un doppio significato essendo anche l’abbreviazione di United States.
DOPPELGÄNGER E IL DOPPIO
Il tema principale del film è il doppelgänger, un termine tedesco che significa letteralmente doppio viandante a sottolineare come un corpo possa essere contemporaneamente presente in due o più luoghi diversi. Al tempo stesso è sinonimo di alter ego o sosia, una copia quindi dello stesso individuo generalmente malvagia, un clone di noi stessi.
In Noi abbiamo una famiglia americana benestante e la famiglia di cloni malvagia, il bene e il male. Jordan Peele raffigura quest’ultima famiglia facendo indossare loro una tuta rossa e delle forbici come strumento per difendersi e uccidere. Il colore della tuta può riferirsi al sentimento di paura che proviamo quando abbiamo davanti a noi uno sconosciuto che vediamo come nemico ma anche al rosso del sangue che esce da una ferita, forse provocata dall’uso delle forbici; strumento che all’inizio Adelaide usa per realizzare il simbolo dell’evento Hands across America ma che è anche un oggetto simbolo della separazione, della rottura dei legami. Le forbici dal canto loro sono anche composte da due parti simmetriche unite tra loro.
In una delle scene più importanti è possibile notare questa similitudine ovvero quando le due famiglie si incontrano per la prima volta, in un tempo definito come oggi. La madre dei Tethered, Red, è l’unica che riesce a comunicare verbalmente con i Wilson e quando Adelaide le chiede “Chi siete?” lei risponde “Siamo americani”, a cui il figlio Jason Wilson aggiunge, terrorizzato, “Sono noi.”
Il regista sostiene che ognuno di noi cela un lato oscuro che cerca quotidianamente di reprimere per poter vivere in una società civile: “Siamo noi i nostri peggiori nemici, un aspetto che tutti noi conosciamo intrinsecamente e, nonostante ciò, tendiamo a sotterrarlo. Spesso ce la prendiamo con il diverso, ma in questo film il mostro ha la nostra faccia.” Tale figura ci ammalia perché ci ricorda parti nascoste del nostro io che tendiamo a nascondere o a dimenticare ma che ci influenzano o ci definiscono.
Questa società nel film viene rappresentata quindi da due nuclei famigliari: i doppelgänger, chiamati Tethered, che vivono nel sottosuolo, all’ombra e sappiamo essere stati maltrattati nel passato e poi la classica famiglia americana, i Wilson che vivono alla luce del sole la loro vita fatta di benessere e di una seconda casa al mare a Santa Cruz per passare le vacanze.
Due famiglie con stile di vita diverso ma uguali nell’aspetto estetico.
Questa diversità, tra le due, tra benessere e sofferenza, ci viene presentata quando Red parla del suo passato ai Wilson. Dichiara che la bambina (Adelaide) aveva un'ombra, e le due erano legate e inseparabili. La bambina era felice alla luce del sole mentre l’ombra soffriva al buio del sottosuolo. Un giorno la bambina è cresciuta e ha incontrato il principe azzurro (Gabe) mentre all’ombra è stato imposto Abram. Dall’amore della coppia felice e innamorata nacque una figlia bellissima (Zora) e un secondo figlio (Jason), nato con l’aiuto di un’ipotetica ostetrica. Invece dal legame non voluto tra Red e Abram è nata Umbrae che è venuta al mondo ridendo e poi nacque Pluto, amante del fuoco, con un parto turbolento in cui la madre non ebbe l’aiuto di nessuno e partorì da sola. Un passato molto differente tra luce e buio, tra salute e degrado.
La società che il regista vuole mostrarci è quella in cui tutti noi viviamo, suddivisa in una sorta di scala (nel film, la scala sociale è rappresentata attraverso la presenza di molte scale mobili nei sotterranei), con persone al di sopra che hanno tutto e altri, al di sotto, che sono ben più sfortunati.
Il doppio serve quindi a rappresentare ciò, i due estremi della società americana: i ricchi e i poveri.
Questa ineguaglianza sociale è molto sentita in America al punto che, come sostiene Jordan Peele, se non si fa qualcosa l’epilogo sarà l’autodistruzione o comunque aspettarci, prima o poi, una rivoluzione.
Il discorso che il regista fa in aggiunta non è sulla questione raziale, come è stato nel suo primo lungometraggio Scappa – Get out quanto sul concetto centrato sulla classe.
Una classe sociale in cui si tratta di cosa significhi in America avere o non avere.
Chi ha è Adelaide, che vive insieme alla sua famiglia al di sopra della media, in uno stato di agiatezza. Essi si rifiutano di riconoscersi ricchi perché guardano a chi ha più soldi di loro e quindi sta meglio.
Mentre chi non ha è Red, che insieme agli altri cittadini del sottoterra, ritiene di fare parte della classe media costituita di forti sostenitori, più di altri, di certi valori tradizionali.
Tutti così si ritengono appartenenti alla classe media e si affannano per non essere lasciati indietro e per affermare di continuo il loro status sociale.
L’uomo è talmente focalizzato su ciò che non possiede da scordarsi che esiste chi ha meno di lui. E’ quindi la famiglia di Red la personificazione di coloro che gli americani hanno dimenticato. Ma emblematicamente siamo noi stessi privati del lusso di poterci permettere le scelte quotidiane che diamo per scontato. È la paura e rabbia verso il diverso che ci porta a difenderci e ad alzare muri, guardando lontano da noi, senza soffermarci invece a far luce dentro di noi e sulle nostre responsabilità.
IL SOGNO AMERICANO
Jordan Peele sembra volerci ricordare che si può essere complici di un sistema malato anche senza accorgersene e che in America la gente messa ai margini dal sistema ha ora deciso di rivendicare con violenza la propria voce e rappresentanza. Per questo racconta tanto il collasso del sogno americano – e quindi indirettamente del modello statunitense della globalizzazione – quanto l’ascesa del populismo: due costanti che accomunano la situazione statunitense a quella di tutto l’occidente.
Il sogno americano che vuole rivelare attraverso il personaggio del padre, Gabe Wilson, rappresentandolo come una persona molto attaccata all’oggetto materiale più che al sentimento.
Quando i doppelgänger si presentano nel giardino della casa a Santa Cruz, nella sua proprietà privata, Gabe impugna una mazza da baseball, classico sport americano, senza pensarci due volte.
È sempre lui che nonostante abbia una famiglia perfetta non cessa un secondo di invidiare il vicino, Josh Tyler, che ha una villa più lussuosa, un motoscafo e una macchina all’ultimo grido.
Un benessere che viene perciò messo in conflitto con i Tyler (come i Wilson, sono composti da madre, padre e due figlie), una famiglia di americani superficiale, presuntuosa e ottusa, senza alcun scopo quotidiano.
I Tyler, al contrario dei Wilson, non riescono a difendersi dai loro doppelgänger feroci che, come loro, sono intenzionati ad appropriarsi del loro status symbol come i modernissimi comfort della lussuosa villetta dalle pareti di vetro. Risultano così essere più diretti e mirati a ucciderli in una scena che viene resa angosciante ma allo stesso comica dall’uso della musica con canzoni come Fuck the Police degli N.W.A. e Good Vibrations dei Beach Boys (è la musica il principale mezzo utilizzato per i riferimenti alla cultura black).
L’attaccamento materiale da parte di Gabe viene mostrato addirittura quando l’unica cosa che lo convince a seguire Adelaide nel suo piano di fuga, abbandonando la casa ricca di comfort dei Tyler in cui i Wilson si erano rifugiati, è proprio l’idea di guidare il potente fuoristrada dei suddetti.
Sono quindi i legami materiali quelli sognati dagli americani, che li rendono schiavi, come i Tethered, della finta prosperità.
Ma Gabe non è l’unico. In parte anche Adelaide, nonostante abbia allucinazioni del passato, quando si trova nella casa a Santa Cruz decide di trascorrervi le vacanze perché chi ha raggiunto il benessere non è disposto a rinunciarvi, neanche per aiutare se stesso a star bene.
Quando difatti nella scena inziale i Wilson decidono di passare la giornata in spiaggia, il luna park alle spalle della spiaggia sembra essere il paese dei balocchi dove ci si diverte ma è anche un luogo di inganno per le famiglie. Inganno e tentazione che Jordan Peele sembra voler mostrarci già nel 1986 quando vediamo la piccola Adelaide tenere in mano una mela rossa caramellata, come quella di Biancaneve e i sette nani (oltre alla mela di Biancaneve, la piccola Adelaide indossa una maglietta con la scritta Thriller che Jordan Peele le fa indossare in omaggio al video di Micheal Jackson.).
Altro elemento che ci collega alla nostra analisi, rimanendo sulla spiaggia, è quando le gemelle (piccolo riferimento al doppio) Tyler inciampano vicino al figlio minore dei Wilson, Jason, gli chiedono cos’è stato e lui risponde “E’ solo uno stupido tunnel, tutto qua.” Un tunnel, una tana che si trova al di sotto di qualcosa e serve per nascondere.
IL SOTTOSUOLO
Approfittando dei chilometri di tunnel che si snodano in tutti gli Stati Uniti l’uomo ha usato il sottosuolo come laboratorio per i suoi esperimenti di clonazione dei cittadini americani, come sostiene Red: “Gli umani hanno creato questo posto, hanno capito come replicare i corpi ma non le anime. L’anima è una da condividere.” Il conflitto interno e irrisolvibile di corpi identici che condividono una sola anima.
I tunnel così sono stati utilizzati come tana per nascondere gli esperimenti e una volta falliti l’uomo ha abbandonato il luogo e i doppelgänger.
I cloni così hanno creato negli anni una società parallela e sotterranea, nella quale sono cresciuti mimando i gesti della copia della loro identità di sopra, provando, in minima parte, a ricopiare le loro emozioni. Tuttavia però, non essendo dotati di libero arbitrio, i doppi sembrano incapaci di spezzare questo legame psichico e di conseguenza non hanno la capacità di parlare. Red però è l’eccezione e riesce a uscire dal proprio mutismo e a crescere come una bambina normale.
Dopo trent’anni vissuti così i Tethered vogliono la separazione, vogliono ribellarsi per ciò che gli è stato fatto. Durante il film si racconta quindi la rivolta degli esclusi e degli emarginati, scarti di una società dove la miseria diventa prigionia. Vendicativi appunto perché dimenticati ed emarginati dalla società che li ha resi prigionieri del sistema, in un ipotetico carcere in cui si indossano tute rosse che richiamano quelle dei carcerati.
Il regista Jordan Peele vuole, quindi, sottolineare le due parti contrapposte: gli americani che vivono in superficie vengono rappresentati come élite di privilegiati ma raccontati come vittime innocenti delle ingiustizie di cui sono direttamente responsabili. Al contrario i poveri cloni, coloro che vivono nell’ombra, sono segregati e sfruttati ma vengono trasformati in individui pronti a vendicarsi con la violenza. Infatti quando Adelaide uccide per difendersi emerge il suo lato bestiale e il primo ad accorgersene sarà il figlio Jason, come si può captare dal loro sguardo d’intesa verso la fine del film, quando guidano per allontanarsi dalla città invasa. Uno sguardo ma anche un sorriso d’intesa che potrebbe dire molte cose, come il fatto che sia un richiamo al malefico sorriso che Adelaide aveva fatto da piccola, ma anche un segno dell'aver compreso che la sua famiglia uscirà più forte e più unita da questa esperienza.
IL NUMERO 11
Jordan Peele nel film utilizza e mostra il numero undici per evidenziare di più il concetto del doppio, che è l’affiancamento di due uno, due individui identici posti l’uno accanto all’altro come succede tra Adelaide e Red.
Il premio che la piccola Adelaide vince nel 1986 è il numero 11 e la partita reclamizzata alla tv, dopo Hands Across America, sarà alle 11:11 e successivamente quando Adelaide mette a letto suo figlio Jason guarda angosciata l’orologio che segna le 11:11, il significato del suo sguardo risale all’episodio del 1986 quando, mentre si sta allontanando dai suoi genitori e avvicinandosi alla Casa degli specchi incontra un uomo misterioso che tiene in mano un cartello con la scritta Geremia 11:11.
Il riferimento è legato a un versetto della Bibbia, quindi a Geremia 11:11 che cita così: "Perciò, così parla l’Eterno: Ecco, io faccio venir su loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò.” Geremia, nella Bibbia, era un profeta che avvertì gli ebrei in esilio a Babilonia che Dio non era contento del fatto che adorassero falsi idoli e che questo avrebbe condotto alla caduta di Gerusalemme.
I falsi idoli sono riferiti alla nostra dipendenza da tecnologia e denaro, il concetto del benessere materiale, già citato prima, per il cittadino americano.
Allo stesso tempo però il versetto è un presagio della sventura che capiterà a Adelaide trent’anni dopo con l’arrivo dei Tethered: “Dio ci ha permesso di incontrarci” pronuncia Red.
Un Dio, che spesso viene citato da Red anche nella scena in cui dichiara che “Ombra odiò la ragazza per molto tempo. Fino a quando comprese che era stata messa alla prova da Dio.” Il legame tra Red e Dio è uno di quei valori tradizionali che abbiamo detto prima essere fondamentale per chi “non ha.”
Un Dio che attraverso Geremia collega e fa incontrare la Terra di sotto e di sopra.
I CONIGLI, GLI SPECCHI E LA MASCHERA
Il coniglio è l’animale simbolo del film, essendo in primis il cibo con cui si sfamano i Tethered una volta abbandonati dall’uomo.
Jordan Peele in un’intervista ha detto che i conigli sono animali teneri e al tempo stesso inquietanti: “Mettete il cervello di un coniglio in un corpo umano e otterrete Michael Myers.”
La presenza dell’animale nel sottosuolo, visto nel prologo all’interno di gabbie disposte in file da undici, è pensabile come conseguenza di un esperimento di clonazione precedente a quello sugli esseri umani.
Un primo riferimento è quello del bianconiglio presente nel romanzo di Lewis Carroll Alice nel paese delle meraviglie, dove abbiamo Adelaide che, come Alice, si addentra nel rabbit hole, la Casa degli specchi, inconsapevole del destino che l’aspetta. Adelaide, ancora come Alice, si ritrova a cadere giù nella tana per finire in un bizzarro e pericoloso mondo estraneo e contrario.
A tal tema Jordan Peele strizza l’occhio allo spettatore facendo indossare a Zora Wilson due particolari magliette: la prima è blu, messa precedentemente all’incontro con i Tethered, e raffigurante un coniglio bianco, mentre la seconda, verso la fine, è di color verde acqua con sopra scritto Tho che in vietnamita significa appunto coniglio. I conigli però sono presenti anche nel primo lungometraggio di Jordan Peele Scappa – Get out nella canzoncina iniziale della caccia all'uomo Run, Rabbit Run.
Tornando però ad Alice nel paese delle meraviglie sappiamo che nella seconda parte della sua avventura attraversa uno specchio. Uno specchio che riporta alla realtà è spesso utilizzato per rappresentare l’identità e infatti la presenza degli specchi è ricorrente all’interno del film Noi.
Dapprima con il riferimento alla Casa degli specchi nel 1986 che ci accoglie con la scritta Find your self - trova te stesso, trova il tuo vero io ed è proprio in quella giostra che Adelaide incontra Red e viceversa.
Successivamente, nel corso del film, Adelaide scende nello scantinato (ritorna quindi il concetto del sottosuolo) per cercare suo figlio che si è nascosto e si ritrova davanti ad uno specchio che le fa ricordare il suo passato da ballerina; il saggio di danza era stato un modo per mostrare la sua unicità e la sua capacità di parlare, che gli altri cloni non hanno, e le ha permesso di guidare la rivolta.
In un flashback del 1986 vediamo la dottoressa, a cui si sono rivolti i genitori di Adelaide dopo l’incidente nella Casa degli specchi, sostenere che la bimba rivela dei sintomi post-traumatici e di farla parlare, di farle raccontare la sua storia attraverso la danza. Riguardando questa scena dopo aver concluso il film potrebbe sembrare che anche la dottoressa conosca il segreto di Adelaide/Red e che funga da tramite, tra il mondo di sotto e il mondo di sopra.
Notiamo però un altro elemento durante quell’incontro che sottolinea il pensiero di Jordan Peele nella frase “Mica è stata in Vietnam” che pronuncia il padre in risposta al referto dato dalla dottoressa.
Una frase che sembra dirci che solo chi ha combattuto la guerra in Vietnam può avere questi sintomi e non una bambina. Una guerra, in aggiunta, che per buona parte degli americani è stata inutile e ingiusta.
Se quindi lo specchio mostra la realtà, la persona e la sua anima così com’è, è invece attraverso l’uso della maschera che si nasconde la personalità.
Nel film si nota l’utilizzo di una maschera da parte di Jason e il suo clone, se il primo la utilizza come gioco il secondo la indossa per nascondere la parte inferiore del viso rovinata da un ipotetico incendio in quanto “Pluto nacque con l’amore per il fuoco.”
Quando però Jason riesce a far togliere la maschera bianca a Pluto, vedendo le cicatrici da bruciatura sul suo volto, capisce che i giochi di magia che ha fatto nel passato sono stati rifatti da Pluto. Le azioni dei cittadini americani quindi si rispecchiano in quelle dei cloni ma in maniera drammatica.
Il concetto della maschera ci porta a parlare del pensiero di Pirandello che nel romanzo Uno, nessuno e centomila, attraverso questa metafora, spiega come l’uomo si nasconda dietro una maschera, un velo che non consente di conoscere la propria personalità.
Nella realtà quotidiana gli individui non si mostrano mai per quello che sono, ma assumono una maschera, simbolo alienante, indice della spersonalizzazione e della frantumazione dell'io in identità molteplici, e una forma di adattamento in relazione al contesto e alla situazione sociale in cui si produce un determinato evento.
Nel film Noi la maschera indossata da Jason è anche utilizzata per non vedere l’orrore della società contemporanea; per non rispondere alla domanda di chi sia il buono e chi il cattivo, chi sia la vittima o il carnefice.
Infine in una delle locandine del film si vede Lupita Nyong’o tenere in mano una maschera che sembra essersi appena tolta.
HANDS ACROSS AMERICA
La manifestazione Hands across America – Mani unite per l’America è il punto di partenza che il regista utilizza per un discorso sugli Stati Uniti crudele e radicale.
L’evento, tenutosi veramente nel maggio del 1986, vide la partecipazione di sei milioni di persone che si tennero per mano in una catena umana da Santa Monica a New York per raccogliere fondi per i senzatetto e i poveri d’America. L’obiettivo fu di raccogliere circa 50 milioni di dollari ma il risultato fu un mezzo fallimento in quanto si arrivò a raccogliere circa 34 milioni di dollari di cui solo 15 vennero distribuiti dopo aver dedotto i costi della coreografica iniziativa.
L’evento per Jordan Peele nel 1986 fu “qualcosa di spaventoso” e così ne ha fatto un elemento chiave della trama.
Ad assistere alla pubblicità dell’evento in televisione, all’inizio del film, è Adelaide che, come fu per Peele, manterrà traccia della lunga catena umana nella sua memoria, mentre ritaglia con le forbici delle figure di carta unite, simbolo dell’evento.
Questo gesto sarà così il suo ultimo ricordo che avrà del mondo di sopra e al tempo stesso l’elemento che darà il via al progetto d’azione dimostrativa per la gente di sotto. Red organizza una rivolta di massa in cui i Tethered vengono in superficie per uccidere le loro controparti e prendere il loro posto in una catena umana contemporanea che rispecchia l’evento del 1986.
Jordan Peele sembra dirci che è dunque l’uomo artefice del suo destino ma allo stesso tempo porta a Hands across America un nuovo simbolismo, un evento originariamente destinato a sensibilizzare sui senzatetto e la fame in tutto il mondo, ora mostra come gli americani spesso chiudano un occhio sui mali sociali che esistono appena sotto la superficie del loro paese.
CONCLUSIONE
Il film Noi evidenzia che la condizione dei sosia è una metafora dello sfruttamento dei meno fortunati a beneficio delle classi più agiate. Il divario economico e le discriminazioni rappresentano una delle facce dell’America, un'ipocrisia che viene portata alla luce del giorno.
La critica sociale e politica, si instaura intorno al rapporto fra la protagonista Adelaide e la sua ombra, Red. In questo legame confluisce il conflitto fra la coscienza di classe e la coscienza di razza, declinato sempre e ovviamente dalla prospettiva afroamericana, in cui è radicata l’idea che l’agio borghese sia spesso simbolo di tradimento nei confronti delle condizioni di diseguaglianza della maggioranza sottoproletaria ed emarginata.
Ci sono comunque altre scene e dialoghi che evidenziano il lato critico verso la società americana e possibili pregiudizi di Jordan Peele. Difatti, dopo la giornata passata in spiaggia e lo spavento avuto da Adelaide, quando non trovava Jason, alla sera mentre lo mette a letto, il figlio le chiede se avesse avuto paura che fosse morto e se pensasse che fossero stati i terroristi o i pervertiti.
Le fondamenta del cittadino americano sono costruite sulla paura di tutto, dal terrorismo all’immigrazione e Jordan Peele ha voluto seguire lo stesso approccio che, nel 1968, George A. Romero ha usato nel suo primo film La notte dei morti viventi in quanto racconta e veicola un potente messaggio sociale affrontando il tema della razza, anche se non ne parla mai apertamente.
Inoltre quando arrivano i Tethered e i Wilson si rifugiano in casa, il padre chiede come sono riusciti ad entrare e Adelaide comunica che probabilmente hanno usato la chiave di riserva, forse caratteristicamente lasciata sotto un vaso sull’uscio all’entrata, e Gabe risponde “cosa da bianchi.”
Nonostante ciò, i protagonisti afroamericani di classe sociale medio alta sono stati scelti come personaggi centrali da Jordan Peele per trasmettere la massima naturalezza e non soffermandosi su conflitti razziali e diseguaglianze economiche.
Noi è un film di genere che ci racconta e mostra quel che realmente siamo, come individui, come classi sociali, come società.
La famiglia Wilson siamo noi davanti alla nostre paure, alle nostre colpe e debolezze, ai nostri demoni. L’idea che il peggior nemico non è il diverso o l’estraneo ma siamo noi e la nostra anima.