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La lettera aperta di Paolo Mereghetti diretta al ministro Franceschini per ripensare il cinema italiano post-Covid

In questi giorni di discesa (si spera definitiva) della curva dei contagi si comincia a parlare di diverse riaperture. Tra queste c’è anche quella di cinema e teatri, chiusi ormai da metà ottobre e in seria difficoltà. Tra gli altri, anche Paolo Mereghetti è sceso in campo con una lettera aperta pubblicata sul Corriere della Sera diretta al ministro Franceschini in cui riflette non solo sulla riapertura, ma anche sul possibile ripensamento del cinema post-Covid.

Ne estrapoliamo i punti più interessanti: “Egregio ministro Franceschini, ormai la riapertura dei cinema non sembra più lontana: si mormora intorno alla prima metà di maggio. Certo, l’atteggiamento di molti esercenti che non hanno aperto nemmeno a settembre scorso, quando tutta l’Italia sembrava sul punto di ripartire, non è di quelli che incitano a impegnarsi. Lei si era preoccupato di aiutare i cinema costretti a chiudere mettendo in campo più di cento milioni di ristori (oltre alla cassa integrazione per i dipendenti lasciati a casa) e i soliti «furbetti» hanno pensato bene di sfruttare l’occasione per restarsene comodamente chiusi lasciando agli altri colleghi l’onere di aprire la strada per la ripartenza. Atteggiamento riprovevole, a cui però è stata la sua stessa generosità, signor ministro, a spalancare le porte: forse sarebbe stato meglio modulare gli aiuti favorendo chi si impegnava ad aprire…

Continua Mereghetti: “Aprire senza il giusto rigore sarebbe sbagliato ma non premiare chi si impegna a farlo lo sarebbe altrettanto. Non ci può essere chi rischia in prima persona per far ritrovare agli spettatori il gusto della sala (dopo mesi e mesi di streaming), alleggerendo anche le spese dello Stato (per esempio rinunziando alla cassa integrazione) e chi invece vuole che prima tornino le vacche grasse, aspettando magari i blockbuster autunnali. Se vuole che davvero il cinema riparta, deve aiutare chi si sforza di farlo da subito ma anche «penalizzare» chi non lo fa. […] Lei, «di concerto col ministro dell’Economia e delle Finanze», ha fatto approvare delle disposizioni sul credito d’imposta che quasi annullano le spese di lancio e promozione. Giustissimo, ma se lascia i due scaglioni come sono stati previsti — 80 per cento del costo in caso di prima uscita nei quattro mesi successivi alla riapertura delle sale, 60 per cento nel quinto e sesto mese successivo — lei capisce che, ipotizzando una ripartenza da metà maggio, la maggior parte dei distributori potrebbero concentrare le loro uscite tra la fine di agosto e la prima metà di settembre (rispettando così il limite dei quattro mesi per avere l’80 per cento di ristoro) ma lasciando di fatto scoperti di film importanti i mesi più delicati, cioè proprio i primi dopo la riapertura. Per una volta segua l’adagio andreottiano, pensi male e non si fidi delle promesse: moduli meglio i suoi scaglioni e concentri lo sforzo nei primissimi mesi di riapertura, giugno e luglio, riducendoli progressivamente per agosto e settembre e ancora di più per ottobre e novembre.

Secondo il critico, la scommessa relativa alle riaperture si giocherà proprio in estate: “Sarà in quei mesi che si capirà se davvero il cinema italiano vuole ripartire e quindi sarà in estate che gli sforzi vanno concentrati, lasciando gli «attendisti» a bocca asciutta. Magari aiutando anche le arene estive che possono essere il vero Cavallo di Troia per far tornare al pubblico la voglia del grande schermo. A una condizione però, che anche il mercato cinematografico italiano sfrutti seriamente quello che si è imparato in questi mesi di chiusura forzata per diventare finalmente adulto e moderno. […] Lei ha gli strumenti per modernizzare il mercato: non si faccia intimorire, anche perché se non si rimette in azione il frastagliato circuito delle sale di provincia — quelle più deboli di fronte alle imposizioni della distribuzione — non si riuscirà ad aumentare il numero degli spettatori. Lasci agli esercenti gli strumenti per riconquistare il pubblico: sono loro che lo conoscono davvero ed è da loro che può ripartire la rinascita, non certo dalle posizioni di potere di chi non vuole cambiare niente.

Infine, una riflessione sul rapporto tra sala e streaming: “Poi naturalmente ci sarebbero da ridiscutere le finestre tra l’uscita in sala e la distribuzione in streaming, oggi eccessivamente lunghe. Così come sono sempre più insostenibili le percentuali richieste per il noleggio dei film (una delle ragioni per cui certi esercenti nicchiano a riaprire...). Dovrebbero essere le diverse categorie a voler ridiscutere queste norme, a ripensare un cinema post-Covid più dinamico e più in sintonia coi tempi, ma conoscendo i nostri polli (absit iniuria verba) ci vorrebbe un po’ di moral suasion per farli sedere intorno a un tavolo. A lei non manca di certo signor ministro. La usi, per il bene del cinema italiano.” 


Di seguito, l'episodio di LTV in cui abbiamo avuto il piacere di parlare con Paolo Mereghetti della lettera aperta che ha scritto al Ministro della Cultura Dario Franceschini:


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