Che Kate Winslet fosse un’attrice straordinaria non lo si scopre certo grazie a Omicidio a Easttown, ma è altrettanto vero che da molto tempo l’attrice non riusciva a esprimersi a questo livello, calamitando tutte le attenzioni e dando vita a un personaggio, Mare, decisamente complesso e sfaccettato. Infatti, il titolo originale della miniserie è Mare of Easttown, a dimostrazione di come sia riduttivo definire la detective come semplice protagonista: è lei il fil rouge che unisce tutti i personaggi e gli abitanti del piccolo paesino, dove un omicidio permette di riportare a galla un caso irrsolto da anni, e non solo.
Easttown, infatti, è solo all’apparenza una placida e sonnolenta cittadina americana, un paesino come tanti, in cui tutti i cittadini si conoscono e i segreti sembrano poter durare poco. La scomparsa di una ragazzina e, due anni dopo, l’omicidio di un’altra giovane, provocano un vero e proprio tsunami nelle acque tranquille della città: non si tratta che della superficie, sotto la quale si nascondono misteri mai venuti a galla, dai più piccoli e innocui ai più insospettabili. Mare, detective dal passato doloroso (e svelato man mano) e dall’aria cinica e disillusa, si muove in questo scenario malinconico e a tratti inquietante, decisa a scoprire chi sia l’assassino, non sapendo di andare incontro ad altre rivelazioni ben più intricate.
Scritta e ideata da Brad Ingelsby – sceneggiatore del convincente Tornare a vincere, di Gavin O’Connor, con protagonista Ben Affleck – con la regia di Craig Zobel, la miniserie prodotta da HBO e distribuita su Sky Atlantic è un thriller/crime convincente, capace di far fronte a una trama non certo innovativa con colpi di scena ben mirati e una buona gestione del clima generale. Non per nulla sono arrivate diverse candidature agli Emmy, tra cui spiccano miglior miniserie, miglior attrice a Kate Winslet, miglior attore a Evan Peters, miglior sceneggiatura e miglior attrice non protagonista a Julianne Nicholson e Jean Smart. A prima vista potrebbe sembrare un banale thriller, come tanti, ma, seppur non sia certo innovativo e non possieda la profondità e la ferocia di Millennium – Uomini che odiano le donne o di un romanzo di Stephen King (che torna alla mente più per ambientazione e atmosfera, che per contenuti in senso stretto), risulta coinvolgente, forte di una sceneggiatura solida e capace di confondere, creando un puzzle intricato in cui i pezzi che sembrano combaciare si rivelano poi lontani dall’essere quelli giusti. Il ritmo narrativo, a tratti compassato come la città che sta raccontando, permette di gustare tutti i passaggi di un caso investigativo ben più complesso del previsto, che porta Mare a fare i conti con diverse cicatrici mai chiuse nella sua vita, che ancora ne condizionano l’esistenza. La carne al fuoco è molta, forse troppa, e non sempre sviluppata a dovere, ma nel complesso la miniserie non ne risente.
Omicidio a Easttown è un buon giallo a tinte drammatiche in cui c’è spazio per raccontare uno spaccato di una cittadina con diversi scheletri nell’armadio, in cui tutte le famiglie sono (s)legate, dando l’impressione di muoversi sempre in equilibrio precario, in cui ad emergere è la fragilità umana, a diversi livelli.
Lorenzo Bianchi
Easttown, infatti, è solo all’apparenza una placida e sonnolenta cittadina americana, un paesino come tanti, in cui tutti i cittadini si conoscono e i segreti sembrano poter durare poco. La scomparsa di una ragazzina e, due anni dopo, l’omicidio di un’altra giovane, provocano un vero e proprio tsunami nelle acque tranquille della città: non si tratta che della superficie, sotto la quale si nascondono misteri mai venuti a galla, dai più piccoli e innocui ai più insospettabili. Mare, detective dal passato doloroso (e svelato man mano) e dall’aria cinica e disillusa, si muove in questo scenario malinconico e a tratti inquietante, decisa a scoprire chi sia l’assassino, non sapendo di andare incontro ad altre rivelazioni ben più intricate.
Scritta e ideata da Brad Ingelsby – sceneggiatore del convincente Tornare a vincere, di Gavin O’Connor, con protagonista Ben Affleck – con la regia di Craig Zobel, la miniserie prodotta da HBO e distribuita su Sky Atlantic è un thriller/crime convincente, capace di far fronte a una trama non certo innovativa con colpi di scena ben mirati e una buona gestione del clima generale. Non per nulla sono arrivate diverse candidature agli Emmy, tra cui spiccano miglior miniserie, miglior attrice a Kate Winslet, miglior attore a Evan Peters, miglior sceneggiatura e miglior attrice non protagonista a Julianne Nicholson e Jean Smart. A prima vista potrebbe sembrare un banale thriller, come tanti, ma, seppur non sia certo innovativo e non possieda la profondità e la ferocia di Millennium – Uomini che odiano le donne o di un romanzo di Stephen King (che torna alla mente più per ambientazione e atmosfera, che per contenuti in senso stretto), risulta coinvolgente, forte di una sceneggiatura solida e capace di confondere, creando un puzzle intricato in cui i pezzi che sembrano combaciare si rivelano poi lontani dall’essere quelli giusti. Il ritmo narrativo, a tratti compassato come la città che sta raccontando, permette di gustare tutti i passaggi di un caso investigativo ben più complesso del previsto, che porta Mare a fare i conti con diverse cicatrici mai chiuse nella sua vita, che ancora ne condizionano l’esistenza. La carne al fuoco è molta, forse troppa, e non sempre sviluppata a dovere, ma nel complesso la miniserie non ne risente.
Omicidio a Easttown è un buon giallo a tinte drammatiche in cui c’è spazio per raccontare uno spaccato di una cittadina con diversi scheletri nell’armadio, in cui tutte le famiglie sono (s)legate, dando l’impressione di muoversi sempre in equilibrio precario, in cui ad emergere è la fragilità umana, a diversi livelli.
Lorenzo Bianchi