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Paolo Sorrentino: «Io credo in un potere semi-divino di Maradona»

Secondo giorno di Venezia 78 e i film continuano a susseguirsi nelle sale! Oggi è stata la volta di due titoli molto attesi da appassionati e addetti ai lavori: il primo è The Card Counter di Paul Schrader, passato al Lido qualche anno fa con lo splendido The First Reformed, mentre il secondo è il nuovo lungometraggio di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio.

Paolo Sorrentino, accompagnato da Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Filippo Scotti e Luisa Ranieri, si è concesso ai microfoni della stampa per raccontare la sua ultima opera.

Il regista, qui alle prese con delle tematiche che lo toccano da vicino, ha esordito dicendo che gli sembrava arrivato il momento giusto per fare il film, anche vista l’età: «Mi sono reso conto che c’erano stati tanto amore e tanto dolore e mi è sembrato che si potesse declinare queste emozioni in un racconto cinematografico. L’ho fatto adesso perché ho l’età giusta per farlo; ho compiuto 50 anni l’anno scorso e mi sono sentito abbastanza grande e maturo per fare un film personale».




Parlando del titolo, Sorrentino ha affermato: «È una frase bella e paradossale, detta da un giocatore di calcio che parla dell’unica parte del corpo che non può usare nel suo gioco. È una frase che si relaziona al caso o a chi crede nei poteri divini. Io credo in un potere semi-divino di Maradona».




Dopo aver ammesso che uno dei suoi desideri sarebbe stato quello di mostrare il film proprio a Maradona, Sorrentino ha lasciato la parola a Toni Servillo e a Teresa Saponangelo, che nel film interpretano i ruoli dei suoi genitori. Entrambi gli attori hanno raccontato di essersi sentiti onorati ed emozionati nel ricevere l’offerta per la parte dal regista.

Servillo ha commentato: «Paolo mi raccontava che prima o poi avrebbe trovato la distanza giusta per raccontare questo episodio della sua vita. Mi ha sempre detto che avrei fatto il padre. Ci ha dato alcuni spunti e il migliore è stato quello di essere molto innamorati. Questo amore Fabietto se lo porterà dietro».

L’attore poi ha continuato, aggiungendo: «Paolo sul set è sempre lui, idee chiarissime, determinato, preparato, lucido. Il film lo tocca da vicino ma questo non viene fuori al lavoro. Paolo pensa a me come a un fratello maggiore, ma qui sono stato promosso sul campo, visto che faccio il papà. Sapevamo che c’erano delle scene delicate, ma siamo riusciti a divertirci, a trovare un ottimo clima. Un film di risate e pianto, pianto e risate».




In conclusione, Sorrentino ha risposto a una domanda sul coraggio necessario per fare il primo film personale, un film che potrebbe anche essere una svolta nella sua carriera: «Sono molto pauroso nella vita ma sui film mi sembra di essere abbastanza coraggioso. Qui, però, si richiedeva un altro tipo di coraggio, differente, necessario soprattutto in fase di scrittura. Tutto è stato declinato per il cinema, perché il cinema ha esigenze imprescindibli. Ciò che non è stato tradito sono i sentimenti che ho provato da ragazzo. Volevo un film semplice, essenziale, per far parlare le emozioni; anche per questo ho asciugato lo stile.
Sono venuto 20 anni fa a Venezia (con L’uomo in più) ed era l’inizio. Oggi mi piace pensare che sia un nuovo inizio».

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