Romulus, la nuova serie orchestrata da Matteo Rovere, è un progetto piuttosto rischioso, dagli enormi sforzi creativi e produttivi e frutto di una collaborazione tra Sky Italia, Cattleya e Groenlandia. Nonostante tutte le insidie, il risultato è un’ottima serie di qualità che esplora il mondo del mito, della leggenda e della storia prima della nascita di Roma.
Romulus è il tentativo di approfondire il periodo storico e il mito già visti ne Il primo re, film che racconta i primi passi mossi da Romolo e Remo.
La serie, dunque, pur distaccandosi dalla trama del lungometraggio, mostra come i trenta re delle trenta città limitrofe al Tevere facciano capo alla città di Alba Longa, riconoscendo, di conseguenza, il suo re come sovrano supremo con il potere di governare su tutti. In particolare, in questo scenario, si intrecciano le vicende di tre personaggi principali: Yemos (Andrea Arcangeli), erede al trono di Alba Longa e nipote di Re Numitor, Wiros (Francesco Di Napoli), un giovane schiavo dalle oscure origini e dal passato misterioso, orfano di Velia, e, infine, Ilia (Marianna Fontana), la giovane vestale votata a tenere acceso il sacro fuoco, destinato a non spegnersi mai.
Romulus è un entusiasmante viaggio alla scoperta del mondo epico, storico, primitivo e brutale del VIII secolo a.C., dove gli uomini trovano il proprio equilibrio nel momento in cui si sottomettono al volere degli dei, per devozione tanto quanto per timore.
Pertanto, quando il popolo non accetta una condizione dell’esistenza, sempre e comunque dettata dal desiderio degli dei (nel caso della serie, i popolani sono seriamente preoccupati per la stagione di siccità, causata dall’assenza di piogge), delega la colpa all’uomo responsabile del potere terreno: il re. Per questo motivo, Re Numitor viene brutalmente accecato ed esiliato, come da tradizione: siccome il popolo regge le sue convinzioni sull’impossibilità di sfuggire al potere spirituale, persino il sovrano è costretto a prostrarsi e ad accettare i segnali divini.
Romulus mette in scena un’umanità sottomessa dalla forza sprigionata dagli eventi naturali, una forza che condiziona la vita quotidiana; la serie ci porta, così, a riflettere anche sulla realtà odierna.
“La verità la decide chi è al potere”
La storia inizia proprio quando l'equilibrio portato dalla sottomissione alla divinità si sgretola: l’uomo si accorge, in qualche modo, di non essere più padrone di sé stesso se affida interamente la sua vita nelle mani del divino. L’uomo in Romulus vuole costruire il proprio futuro, vuole forgiare con le proprie mani e con le proprie forze un nuovo ordine che escluda, in parte, un’imposizione divina così opprimente da non permettere di impugnare, strette, le redini del proprio destino. Non a caso, uno dei temi fondamentali della serie è proprio quello di uno conflitto generazionale: i tre giovani protagonisti faticano a trovare spazio in un mondo adulto che lotta per consolidare l’ordine prestabilito, conservatore e tradizionalista, contrario a ogni forma di cambiamento. Amulius (Sergio Romano), neo-re di Alba, rappresenta il culmine negativo di un mondo sempre più privo di moralità: è un uomo malvagio, bramoso di potere, manipolatore, ingannevole ed estremamente falso.
È inevitabile, quindi, che nascano continui conflitti a catena: politici, spirituali, di natura familiare, scontri all’interno del gruppo di appartenenza e tra le diverse comunità. Tutti vogliono far prevalere le proprie idee utilizzando l’arma distruttrice che ha accompagnato l’uomo in ogni epoca storica: la violenza.
"Io invece so chi sono, la mia verità la conosco"
"Per tutti sei l’assassino di tuo fratello. La tua verità non esiste”
L’universo giovanile si dimostra più lucido e maturo - tanto da ambire alla pace -, con l’obiettivo di rivoluzionare le leggi di un ordine tradizionalista, causa di sanguinose guerre. Infatti, il giovane Wiros mostra una notevole dote di lungimiranza, quando, rivolgendosi a Yemos, dice: “La tua verità non esiste”.
Non può esistere, quindi, un unico stile di vita, una sola grande comunità, un’unica civiltà che debba prevalere sulle altre, imponendo costumi e usanze o proclamando la superiorità di un’unica religione. Bisogna riconoscere, in base alle nostre esigenze, chi siano i nostri simili, quelli con cui vogliamo condividere reciprocamente il nostro essere, imparando, così, a convivere pacificatamente. Per questa ragione Wiros e Yemos stringono un forte e indissolubile legame di amore fraterno, seppur non di sangue, con il comune scopo di lottare per un mondo giusto, senza pregiudizi e, soprattutto, per un mondo libero dal potere tirannico.
Wiros si avvicina molto a una figura messianica, preannunciando un ideale di vita cristiano, soprattutto nel momento in cui compie il coraggioso sacrificio di sottoporsi a diverse frustate al posto di una donna del suo popolo, colpevole di un reato blasfemo. Un re generoso e umile che compie le gesta di un Dio cristiano, concretizzando l’amore verso il suo popolo e ponendolo al di sopra di sé stesso: un antieroe, nato in condizione di schiavitù e orfano, che contribuirà a sovvertire gli equilibri di Romulus.
“E in quella città ci sarà sempre posto per tutti quelli che hanno sofferto, hanno sbagliato, e che vogliono pace senza dover rinunciare alla giustizia”
Matteo Rovere tenta di spingersi oltre ogni limite, per cercare di produrre (finalmente) qualcosa di davvero innovativo per il nostro paese. Infatti, il materiale ha destato anche l'interesse della casa editrice HarperCollins che pubblicherà la trilogia di romanzi storico-epici ispirati proprio a Romulus.
Luca Azzolini, esperto di fantasy e di storia, ha approfondito, all’interno dei libri, l’universo narrativo della serie, con specifiche riguardo alle origini dei personaggi, ad alcuni eventi storici e con l'aggiunta di maggiori sfumature al fine di ampliare la trama della serie. Perciò, non si tratta soltanto di un’operazione crossmediale (la stessa narrazione fruibile su diversi media), ma è evidentemente un coraggioso tentativo di realizzare un prodotto transmediale: un universo narrativo fruibile su diversi media, ognuno dei quali (in questo caso il romanzo) aggiunge elementi e informazioni importanti finalizzati ad ampliare il racconto.
In Romulus oltre lo studio approfondito sui costumi, sugli eventi storici e sulle usanze dell’epoca, sostenuto in collaborazione con storici e antropologi, viene anche messo in atto uno studio sulla lingua parlata: il protolatino. Un idioma dal suono affascinante e incisivo, che carica di una certa responsabilità gli attori e che riesce a trasmettere la giusta emozione, conferendo all’intera serie maggiore autenticità.
Anche l’incredibile sigla è sintomo di una grande voglia di ambire al successo mondiale, poiché densa di una componente fortemente concettuale (tipica di molte serie di successo, come si vede dalle bellissime sigle di Westworld o del Trono di Spade) che introduce molte tematiche dello show. La dolce voce di Elisa, simbolo della fragilità umana, sulle note di Shout scritta dalla band britannica Tears of Fears (canzone che rappresenta un grido di protesta contro il potere politico), è in forte contrasto con le immagini dei dettagli in primissimo piano di uomini appartenenti a civiltà sconosciute, che verremo a scoprire nel corso della serie. L’acqua, elemento essenziale che garantisce lo sviluppo delle civiltà adiacenti al Tevere, viene contaminata dal sangue versato a causa di giochi di potere, originati da egoismi umani.
Romulus, non si riduce di certo a una serie ricca di contenuti interessanti, anzi, è dotata di un ottimo comparto tecnico: l’eccezionale fotografia, curata da Vladan Radovic e Giuseppe Maio, si avvale della luce naturale (bellissime le sequenze nel bosco in cui i raggi obliqui del sole si fanno spazio tra i rami degli alberi), alimentando un primordiale contatto con la natura; i costumi suggestivi e il trucco si adattano perfettamente a un cast scelto con molta cura che convince per le ottime prestazioni fisiche e interpretative. Infine, il progetto è tenuto ben saldo grazie all’ottima regia di Matteo Rovere, Michele Alhaique e Enrico Maria Artale.
La serie non indaga soltanto sulle dinamiche legate alla gestione del potere: sono soprattutto le relazioni umane che intercorrono tra i personaggi a rendere Romulus ricca di riflessioni stimolanti sulla fratellanza, sull’amore e sull’amicizia, mai banali e scontate.
In conclusione, Romulus è un grande passo avanti per quanto riguarda la produzione seriale nel nostro paese, una ventata d’aria fresca, con apprezzabili scelte di stile e di contenuti, da godersi sul piccolo schermo.
Matteo Malaisi