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The Boys: il ritorno dei supereroi super-squilibrati. La nostra recensione della seconda stagione della serie Amazon
Si è da poco conclusa la seconda stagione di una delle serie di maggiore successo di Amazon Prime Video, con i supereroi di The Boys che sono tornati a farci divertire a un anno dal loro esordio sul piccolo schermo: una serie che, in brevissimo tempo, è passata da rivelazione a vero e proprio cavallo di punta della piattaforma. La prima stagione aveva sorpreso tutti per il suo carattere irriverente, per la sua audacia nell’accostarsi a soluzioni narrative politicamente scorrette, per il modo reinterpretare l’universo supereroistico, presenza ormai predominante (e talvolta ingombrante) del cinema contemporaneo. 

Nella seconda stagione della creatura ideata da Eric Kripke ritroviamo i nostri eroi alle prese con i soliti problemi che avevano caratterizzato la loro lotta contro i Super. Uno scontro impari, si potrebbe dire: all’evidente squilibrio di forze in campo si somma la presenza ingombrante della Vought, multinazionale che, come le migliori associazioni segrete, persegue nell’ombra i suoi loschi fini. Il nostro gruppo di “ragazzi” si trova perdipiù sprovvisto di una guida: Butcher è chiamato infatti a risolvere alcune questioni personali che lo sottraggono al ruolo di leader della banda di sovversivi.



The Boys, va detto, non ha di certo perso la sua anima sfacciata: scene memorabili si susseguono una dietro l’altra, dimostrando che la fiamma dell’ispirazione è ben lungi dall’estinguersi. Tanta violenza, tanto splatter (forse anche troppo), tanto sesso e tanto politicamente scorretto: ecco alcuni degli ingredienti con i quali The Boys confeziona una propria personalissima riflessione su mode e ossessioni che caratterizzano il nostro tempo. I superpoteri non fanno altro che amplificare i fantasmi che perseguitano ognuno di noi e i supereroi, proprio come le divinità greco-romane, riflettono drammi e difetti dell’essere umano: passiamo quindi da un Abisso incapace di accettare il proprio corpo a un Patriota (il personaggio interpretato da Antony Starr è ancora una volta il vero catalizzatore dello show) che è diventato lo specchio della solitudine a cui è stato condannato fin dall’infanzia.

The Boys si conferma dunque un intrattenimento di alto livello, legittimando sicuramente le attese per l’uscita della prossima e già annunciaa stagione. Nonostante gli indubbi pregi di questa seconda stagione possiamo anche riconoscerle qualche piccolo difetto: venendo meno il fattore novità si nota forse con troppa facilità l’ingombrante penna degli sceneggiatori e in alcune scelte narrative si intuisce in maniera fin troppo pruriginosa l’intenzione di diluire la narrazione. Buoni, ma purtroppo non pienamente sfruttati, tutti gli spunti metacinematografici che vengono proposti e troppo frettolosamente abbandonati a se stessi: muoversi in questa direzione avrebbe dato tutt’altro spessore ai nostri supereroi, spingendoli verso un interessante cortocircuito d’identità (sulla falsa riga di quello che succede, per esempio, a Dustin Hoffman in Tootsie nel momento dell’agnizione finale).



Simone Manciulli
Maximal Interjector
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