Al termine del nostro workshop su Jim Jarmusch abbiamo chiesto ai partecipanti di scrivere un elaborato facoltativo sul cinema del regista americano. Ecco i contributi più meritevoli:
Sonia Butelli
Ghost Dog - Pensieri in libertà
Mi hanno stuzzicato le scene dei cartoon inserite nel film: alcune ero arrivata ad associarle a scene del film, altre proprio no. Ho trovato su Youtube questo video in proposito: https://www.youtube.com/watch?v=D5uobUvHkeQ.
Sorprendente, soprattutto l’abbinamento con il duello finale (minuto 2:50): in effetti non avevo fatto caso al fatto che compaia anche una scacchiera, vicino al chiosco dei gelati, la classica sfida tra bianchi e neri.
A questo proposito, parecchie scene e inquadrature (in particolare l’immagine con Ghost dog, la bambina e il gelataio insieme, e le immagini di gruppo che difficilmente presentano, mi sembra, bianchi e neri insieme, se non nelle scene di scontri e duelli appunto) mi hanno fatto pensare ad una sorta di continuo schieramento bianchi contro neri/altre etnie minori, a favore dei secondi. Lo stesso Cayuga, inquadrato frontalmente nella scena sul tetto, in mezzo ai due uomini bianchi visti di spalle, che definisce stupido l’uomo bianco (non lo aveva già fatto in Dead Man?), mi è sembrato avere margini per andare in questa possibile direzione di scontro/confronto.
Mi rendo conto, però, che la scena del tentato furto ad opera, mi sembra, di una persona di colore e ai danni di un orientale (?), visto come reagisce e si difende con arti marziali, forse non va proprio in questa direzione….
Sempre sul duello e sul procedere in maniera rettilinea, all’inizio del film, quando Ghost dog ruba un’auto, si mette alla guida e percorre un tunnel, a terra si legge STAY IN LANE! (cosa che lui fa, agisce linearmente in aderenza al codice, senza farsi distrarre, anche se spesso si guarda attorno quando cammina per le strade o è alla guida). Concetto poi ripreso più volte anche dalle citazioni del codice come:
Quando si è presa la decisione di uccidere una persona, anche se sarà difficile riuscire seguendo un percorso rettilineo, indugiare in lunghi accerchiamenti non avrà alcuna efficacia. La regola del samurai impone l’immediatezza, dunque è meglio attaccare frontalmente.
È male quando una convinzione diventa duplice. Non si deve cercare altrove se si è scelta la regola del samurai. Questo vale per qualsiasi cosa venga definita “Regola”. Chi si attiene a tale principio dovrebbe essere in grado di prestare orecchio a tante Regole diverse essendo, tuttavia, sempre più in armonia con la propria.
Si può imparare qualcosa da un temporale. Quando ci sorprende un acquazzone. Cerchiamo di non bagnarci affrettando il cammino ma, anche sforzandoci di passare sotto i cornicioni delle case, ci bagniamo ugualmente. Agendo con risolutezza fin dal principio, eviteremo dunque ogni perplessità e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.
Infine, riguardo alla scena del ragazzo che lancia oggetti dalla finestra, chiuso in casa dalla madre che è andata a lavorare, non so se riesco ad inquadrarla: forse si tratta di un'indicazione a curarsi anche di questo aspetto della società? A Louie viene detto “…hai problemi più seri di questo, Paco (?) ci sta aspettando”), con un aggancio alle citazioni del codice (la prima viene subito dopo la scena):
Tra le massime scolpite sul muro del signore Naoshiga ce n’è una che diceva: “le questioni di maggiore gravità vanno trattate con leggerezza” Il maestro Ittai commentò: “le questioni di minore gravità vanno trattate seriamente”.
Di certo non esiste altro che il particolare scopo del momento presente. Tutta la vita di un uomo è fatta di momenti che si susseguono. Chi sa comprendere pienamente il momento presente, non dovrà fare altro né dovrà porsi altri scopi.
O forse anche qui si potrebbe vedere l'opposizione alla bambina di colore, che in casa non viene rinchiusa (è libera di andare al parco, con o senza la madre); oppure sta con la madre che cucina; una bambina non arrabbiata, che legge tranquilla, che fa amicizia con le persone che incontra anziché lanciare loro oggetti addosso.
Lucia Cirillo
Jarmusch: l’ironia delle sorti. Nella sua lingua “originale”
C’è qualcosa di vagamente controintuitivo nel cinema di Jarmusch e nella genesi creativa della sua poetica. Come molti autori un po’ genericamente categorizzati come indipendenti, la fonte primaria della sua ispirazione deriva da una sorta di urgenza febbrile, tipica dello sperimentatore di grammatiche nuove, sostenuta da una concezione poliedrica dell’espressione creativa. Jarmusch ha fatto della contaminazione e degli innesti tra musica, letteratura e arti visive, delle costanti per i suoi progetti narrativi: il beat, la nouvelle vague, il teatro beckettiano, il rap, l’indie rock, l’hip hop e, ovviamente, il jazz sono soltanto alcuni dei riferimenti artistici principali a cui ricondursi. Destrutturazione narrativa e decostruzione sono le parole chiave che meglio definiscono la sua idea cinema. E così non può essere stato un caso che il sostegno di autori, musicisti e attori di consolidata fama come Wim Wenders, Tom Waits, Tom Yorke, Neil Young, con i quali ha stabilito sodalizi fondamentali, rientrasse nella natura delle cose.
Si dice spesso che un regista, durante la sua carriera, farebbe sempre lo stesso film perfezionandolo all’infinito. In Jarmusch questa intenzione pare farsi strada, forse in modo inconsapevole, tutte le volte che racconta e descrive le sue piccole comitive di umanità dolente, tormentata e contraddittoria, costantemente in bilico tra certezze immutabili e necessità di tendere ad un altrove difficile da definire e da raggiungere.
Ci sono film in cui questo meccanismo introspettivo trova una dimensione narrativa quasi sublime, come In Ghost Dog - Il codice del samurai quando il senso di appartenenza del protagonista (un giovane sicario di colore) al proprio microcosmo e la sua totale adesione ad un’etica antica sono avvertiti come l’unico modo di darsi un orientamento nel caos morale ed esistenziale che, nei fatti, egli stesso contribuisce a generare e a preservare.
Ghost Dog è una rappresentazione potente e al contempo malinconica di quel frammento d’America, disgraziata e perduta, nella quale gli unici a rispettare i codici di una condotta condivisa sono dei gangsters che, presi singolarmente, farebbero tenerezza anche ad un bambino, o un ragazzo di colore che legge la filosofia antica giapponese mentre uccide senza pietà pur di obbedire all’imperativo categorico di compiacere il suo signore.
Ma un riscatto è forse ancora possibile e alberga nello sguardo limpido di una bambina che dall’Oriente ha voluto imparare una lezione opposta, o quantomeno alternativa, provando a formare il proprio pensiero “rivoluzionario” leggendo “Rashomon” e arrivare a scoprire che può anche valere provare ad intuire le molteplici verità che sostanziano ogni agire umano e “Raccontare il mondo con parole nuove”.
Un concetto analogo è evocato in Paterson, film della maturità, in cui, di nuovo, si insiste sull’idea di circolarità asettica e di ripetizione ciclica come basi di un principio regolatore del mondo. Ma poi sarà proprio questo il presupposto per impercettibili e tuttavia fondamentali cambiamenti per dare senso e profondità al vivere.
“A volte una pagina vuota presenta molte possibilità”
Probabilmente è proprio sulla scorta di questa coerenza concettuale che Jarmusch ha fissato due costanti di metodo che trasformano il suo cinema destrutturato in un impianto di salda ossatura: 1) l’attribuzione di un ruolo centrale alla musica quale elemento attivo (e non di semplice sottofondo) della narrazione e 2) la fiducia nell’improvvisazione dei suoi attori e nel loro “tocco” fuori controllo per connotare un passaggio o una suggestione. Tutto è funzionale al tentativo di rendere percepibile lo straniamento e il senso di alienazione per i quali la ristretta cerchia di umanità rappresentata è solo il pretesto per la descrizione di una condizione universale.
Su tutto aleggia ciò che forse costituisce la vera portata innovativa del cinema di Jarmusch: l’ironia disincantata, magistralmente espressa da alcune delle sue migliori figure iconiche (il Murray di Broken Flowers su tutte) assieme alla convinzione che una reale e profonda connessione tra gli esseri umani travalichi ogni codice linguistico. La comprensione si nutre di anime che si riconoscono a prescindere dalle reciproche storie.
È vero. C’è qualcosa di controintuitivo nel cinema di Jarmusch. Ma quando lo si coglie, tutto diventa proprio davvero chiaro.
Barbara Anna Clara Ferraro
Riflessioni sul cinema di Jim Jarmusch
Jim Jarmusch propone film curiosi che rivoluzionano le regole e le fondamenta del cinema tradizionale americano e dei suoi generi.
I protagonisti sono personaggi border-line, emarginati, reietti della società.
Il regista ci permette di seguirli da vicino nella loro routine ripetitiva e monotona, ma difficilmente riusciamo a parteggiare per loro.
Gli eroi di Jarmusch sono persone normalmente speciali, eroi senza ricompensa.
Sono personaggi che ragionano su se stessi, sul significato della vita e della morte.
Non riusciamo quasi mai a "toccarli”, possiamo solamente osservarli vivere in lunghi piani sequenza o ammirarli cristallizzati come in una fotografia. La fotografia di un'America che esclude e ghettizza, incapace di includere e di far sentire i personaggi parte di qualcosa, costringendoli quindi anche a vivere a parte.
Con Ghost Dog (Forest Whitaker), protagonista dell'omonimo film, possiamo, forse più che con altri personaggi, entrare in empatia.
In questo film Jarmusch lavora sul genere gangster dipingendo un killer che non uccide per soldi, ma per riconoscenza.
Ghost dog è un killer fantasma, non ha né nome né identità e come un cane si muove senza lasciare traccia. Ha un'etica ferrea, costruita sul codice del samurai, è ligio agli insegnamenti giapponesi dell'Hagakure e alle sue regole. Sceglie di obbedire ad un padrone a cui è debitore della vita e alla fine di sacrificare se stesso ("il codice del samurai va cercato nella morte").
È solo al mondo, lo accompagnano i suoi piccioni, un amico gelataio che non parla la sua lingua e una bambina conosciuta per caso al parco.
È la bambina stessa che inizia a parlare con lui a cercare di entrare in confidenza. Con lei, il killer dall'animo buono crea da subito un rapporto di tenera complicità incrementata dalla passione comune per i libri.
La letteratura sembra diventare per Jarmusch unica via di uscita dalla monotonia e strumento efficace per elevare se stessi.
Il regista sembra dirci che la cultura è un patrimonio prezioso da conservare e condividere.
Ghost Dog inaspettatamente, nel momento della morte, dona il suo libro al padrone assassino, sottolineando l'atmosfera malinconica e pungente del film.