Mai si era visto, sul piccolo schermo, un progetto tanto ambizioso, tanto meno su quello italiano: eppure ZeroZeroZero è esploso come uno degli show più grandiosi di sempre. La serie, ideata e diretta (in parte) da Stefano Sollima e sceneggiata da Leonardo Fasoli, prende libero spunto dal best seller omonimo di Roberto Saviano.
Tre continenti, quattro paesi, tre registi e un cast mondiale. Proprio quando sembrava che fosse stato detto tutto sul mondo del Narcotraffico Messicano e sulla spietata criminalità organizzata del Sud Italia, ecco che questo show dona nuova linfa e spunti innovativi all’argomento.
La trama segue la scia di morte e di sete di potere di un grande carico di cocaina che deve essere venduto dai Narcos messicani alle alte sfere della 'ndrangheta di Reggio Calabria. In quest’ultima città si sta consumando una congiura contro Don Minu, un potente boss latitante che deve gestire il pagamento del carico di droga. Il nipote, Stefano, decide di tradire il nonno per antiche ferite familiari. Così facendo accende la miccia per le problematiche che muoveranno la trama e che avranno subito risonanza a Monterrey dove Manuel Contreras, detto “Vampiro”, un capitano dell’esercito messicano al soldo della famiglia di narcotrafficanti dei Leyra, è intenzionato ad assumere sempre più potere insieme al suo plotone, stanco di agire solo come sottoposto dei suoi boss. La forza spietata e l’addestramento ferreo trasformerà il suo gruppo in un esercito di assassini pronti a tutto. A collegare questi due poli vi è la famiglia Lynwood di New Orleans: i broker, ossia gli intermediari tra i messicani e i calabresi, coloro che devono gestire il trasporto navale della droga. Edward, il capofamiglia, sente che presto dovrà cedere il comando ai suoi due figli, Emma, la primogenita, e Chris, sfortunato portatore di una mortale malattia degenerativa, ereditata dalla madre. I due giovani si troveranno tra i due fuochi delle criminalità organizzate mondiali e dovranno fare di tutto perché il carico vada a destinazione, a costo della loro stessa vita.
Una trama molto complessa, quindi, ma non complicata, perché ogni linea narrativa si svolge in maniera chiara e accattivante. I Narcos rimangono sullo sfondo, mentre si dà più spazio allo squadrone della morte dei “Vampiros”, decisamente una delle trovate più inedite della serie, capace di regalare scene d’azione al cardiopalma. Allo stesso tempo le dinamiche tra i vari clan calabresi ricordano, in parte, il fascino oscuro della capostipite del genere, Gomorra, eppure, anche in questo caso, lo sguardo cerca rinnovarsi e non ripete la dinamiche già celebri del cavallo di battaglia di Sky. I veri protagonisti, però, sono forse i due fratelli americani, gli unici personaggi parzialmente positivi e più umani.
La scrittura eccellente riesce a incastrare alla perfezione tre storie apparentemente distanti che, però, convergono nei momenti di più alta tensione. La mescolanza di generi e influenze televisive funziona alla perfezione, creando un ibrido tra tutte le grandi serie gangster di successo, un nuovo genere probabilmente che non ha precedenti. La trama è quasi sempre molto accattivante, ogni episodio risulta coerente nell’insieme. La storia esplode nei primi due episodi che ci catapultano violentemente nelle tre realtà, mentre subisce un solo rallentamento verso metà per poi riprendersi nel finale mozzafiato. La regia è affidata per i primi due episodi a Stefano Sollima, ormai nome italiano molto in rilievo a Hollywood, mentre i successivi sei vengono spartiti alla pari da altri due nomi internazionali affermati e molto talentuosi: il danese Janus Metz, già regista di Borg McEnroe (2017) e Pablo Trapero, autore di punta del cinema argentino contemporaneo. Lo stile è pulito, fluido, serrato a volte e meditativo altre, ma principalmente sembra subire l’influenza della cifra ormai consolidata di Sollima.
Il cast non è da meno, spaziando da nomi italiani esordienti a star hollywoodiane. La parte del leone la fanno i due “vip” che interpretano i fratelli Lynwood: Dane Dehaan, che ci regala come suo solito una grande interpretazione fisica, e Andrea Riseborough, eterea erede spirituale di Tilda Swinton con il suo fascino androgino. Sul fronte italiano molto valido il lavoro di Giuseppe De Domenico, un talentuoso attore poco più che esordiente che veste i panni del giovane boss calabrese Stefano, leggermente penalizzato dalla mancata caratterizzazione del suo personaggio. Infine, in ambito messicano, l’ultimo protagonista è Harold Torres, che nelle vesti del brutale “Vampiro” è senza dubbio il miglior personaggio della serie, ricco di sfumature e contraddizioni.
ZeroZeroZero è un grandissimo progetto, enorme, molto rischioso, molto dispendioso ma totalmente riuscito, un’opera spartiacque, senza precedenti, di cui possiamo e dobbiamo andare fieri. I veri protagonisti sono coloro che hanno reso possibile una tale scommessa: i produttori italiani Cattleya e Bartleby e i distributori italiani e internazionali Sky Italia, Canal+ e Amazon Studios. Questa serie è un must see, un evento memorabile, non solo per la riuscita realizzazione, ma per ciò che rappresenta: l’Italia che riesce a creare un prodotto artistico dal respiro totalmente internazionale che possiamo solo sperare apra sempre di più la strada a progetti simili.
Cesare Bisantis