A Different Man
A Different Man
2024
Paese
Usa
Genere
Thriller
Durata
112 min.
Formato
Colore
Regista
Aaron Schimberg
Attori
Sebastian Stan
Adam Pearson
Renate Reinsve
Lawrence Arancio
Edward (Sebastian Stan) è un attore di spot pubblicitari che soffre di neurofibromatosi, una malattia genetica che ne ha modificato la forma del volto. Invaghitosi della nuova vicina Ingrid (Renate Reinsve) e deciso nel voler intraprendere un intervento di plastica facciale, passa in rapido tempo dall'oblio alla notorietà, lasciando però lungo la strada alcuni pezzi di sé stesso.
Il terzo lungometraggio del regista statunitense Aaron Schimberg vede nuovamente (dopo Chained for Life, 2018) la collaborazione con l'attore, attivista e conduttore Adam Pearson. L'operazione verte sul tema dell'accettazione di sé stessi in un interessante cortocircuito metacinematografico con l'ipocrisia della pubblicità contemporanea e il lirismo posticcio del piccolo teatro indipendente. Il genere è mellifluo nell'alternarsi di commedia e dramma, di autoironia e atmosfere tensive con tratti tipicamente postmoderni e citazionisti (The Elephant Man, il romanzo The Bluest Eye di Toni Morrison). Il buon coinvolgimento complessivo è ottenuto anche grazie a un'efficace struttura a matrioska dove il livello più esterno è costituito dalla classica contrapposizione tra la bella e la bestia: se la pellicola riesce comunque a mantenere alta l'attenzione, questa operazione di continuo rimpasto di temi e spunti già visti rischia però di risultare ripetitiva con l'andare dei minuti, mettendo di tanto in tanto a dura prova la sospensione dell'incredulità dello spettatore. La solida interpretazione di Sebastian Stan, Renate Reinsve (La persona peggiore del mondo) e dello stesso Pearson sorreggono l'impalcatura che sviola in maniera evidente solo nella banalizzazione della caratterizzazione positiva del nuovo "mostro", ovvero il personaggio interpretato proprio dall'attore britannico. Eccellente il lavoro del compositore Umberto Smerilli, capace di aggiungere tonalità gialle alla regia dinamica e in alcuni casi avventata di Schimberg. Presentato in concorso alla Berlinale 2024.
Il terzo lungometraggio del regista statunitense Aaron Schimberg vede nuovamente (dopo Chained for Life, 2018) la collaborazione con l'attore, attivista e conduttore Adam Pearson. L'operazione verte sul tema dell'accettazione di sé stessi in un interessante cortocircuito metacinematografico con l'ipocrisia della pubblicità contemporanea e il lirismo posticcio del piccolo teatro indipendente. Il genere è mellifluo nell'alternarsi di commedia e dramma, di autoironia e atmosfere tensive con tratti tipicamente postmoderni e citazionisti (The Elephant Man, il romanzo The Bluest Eye di Toni Morrison). Il buon coinvolgimento complessivo è ottenuto anche grazie a un'efficace struttura a matrioska dove il livello più esterno è costituito dalla classica contrapposizione tra la bella e la bestia: se la pellicola riesce comunque a mantenere alta l'attenzione, questa operazione di continuo rimpasto di temi e spunti già visti rischia però di risultare ripetitiva con l'andare dei minuti, mettendo di tanto in tanto a dura prova la sospensione dell'incredulità dello spettatore. La solida interpretazione di Sebastian Stan, Renate Reinsve (La persona peggiore del mondo) e dello stesso Pearson sorreggono l'impalcatura che sviola in maniera evidente solo nella banalizzazione della caratterizzazione positiva del nuovo "mostro", ovvero il personaggio interpretato proprio dall'attore britannico. Eccellente il lavoro del compositore Umberto Smerilli, capace di aggiungere tonalità gialle alla regia dinamica e in alcuni casi avventata di Schimberg. Presentato in concorso alla Berlinale 2024.
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