L'ex marine afroamericano Lincoln Jefferson (Nate Parker) è incapace di accettare i tragici eventi che hanno portato all’assassinio del figlio adolescente da parte di un poliziotto bianco. A un anno di distanza dal tragico evento, poco prima che si decida sull’incriminazione dell’omicida, uno studente di cinema ottiene da Lincoln l’autorizzazione a realizzare un documentario che ne ripercorra i fatti.

Opera d’impegno civile volta a mantenere accesi i riflettori sui numerosi casi di ingiustizia ai danni di cittadini afroamericani. Dietro la cinepresa quello stesso Nate Parker che cinque anni prima aveva raggiunto un discreto successo con Nascita di una nazione, e che qui gira in stile mockumentary peccando non poco di verbosità. Il messaggio forte e chiaro che giunge per l’ennesima volta come un pugno allo stomaco è rivolto a chi volesse ascoltare gli echi, necessariamente romanzati, di brutte faccende di soprusi e ingiustizie di cui gli Stati Uniti sono stati protagonisti specie negli ultimi tempi. Parker si conferma sopravvalutato anche come attore, interpretando un ruolo tra rabbia e rassegnazione pur misurato e credibile. Storia di un uomo che decide di fare giustizia istruendo un proprio processo alla giustizia (non solo) americana, deciso a far giungere un messaggio forte e chiaro al carnefice del figlio sperando di sensibilizzare se non la nazione almeno la comunità locale: una storia vista e rivista che proprio non incide.