Toma (Mircea Postelnicu) e Ana (Diana Cavallioti) si conoscono all’università, si innamorano e si accorgono di non poter fare a meno l’uno dell’altra. Lei vive in un complicato contesto familiare, è ansiosa e soffre di gravi attacchi di panico. Lui è disposto a tutto pur di aiutarla, si stacca dai genitori per lei e la porta da diversi specialisti per farla curare. Quando Ana, dopo essere rimasta incinta, inizia una terapia che le farà superare diverse paure e la renderà più forte, sarà Toma a iniziare a crollare. Quarto lungometraggio del regista romeno Calin Peter Netzer, Ana, mon amour è un potente dramma sentimentale che segue una struttura lineare e cronologica soltanto nella prima parte: si seguono sette anni nella vita della coppia e, dopo un inizio che descrive le prime fasi della relazione, col passare dei minuti i piani temporali si mescolano, andando avanti e indietro nella loro storia d’amore. Se il soggetto può apparire banale, a colpire è l’approfondimento psicologico sui due personaggi, divisi tra un reale sentimento e una sorta di dipendenza che si instaura molto presto: la debolezza di Ana sembra rendere Toma più forte, ma poi le parti si invertono e lui dovrà provare a rimettere insieme i pezzi del puzzle. Grazie a tempi di montaggio perfetti e a una regia sempre all’altezza, Netzer riesce a scuotere e a coinvolgere, nonostante si senta un certo calo con l’approssimarsi della conclusione. Niente di troppo nuovo, ma tutto è detto davvero molto bene, i dialoghi risultano incisivi e sono diverse le sequenze che colpiscono nel segno (finale compreso). Ottima prova dei due attori protagonisti e notevole anche il lavoro dei truccatori nel far percepire con pochi dettagli il passare del tempo. Presentato in concorso alla Berlinale 2017.