Henry Oldfield (Nathan Meister), terrorizzato dalle pecore in seguito a un trauma infantile, fa ritorno dopo molti anni alla fattoria di famiglia in Nuova Zelanda, dove il fratello Angus (Peter Feeney) conduce esperimenti proprio sugli odiati ovini. Un'epidemia causata dal furto di un feto geneticamente modificato trasformerà i pacifici animali dell'isola in feroci carnivori affamati di carne umana. Sulle orme del connazionale Peter Jackson, al suo esordio devoto all'horror più bizzarro e sperimentale (Fuori di testa nel 1987 e Splatters – Gli schizzacervelli nel 1992), il neozelandese Jonathan King realizza nel 2006 uno spassoso horror che fa della mutazione il proprio marchio di fabbrica. L'intuizione di trasformare innocue pecore (tra i simboli della Nuova Zelanda) in spietate macchine di morte e una trama improbabilmente architettata sono comunque accompagnate da una discreta realizzazione tecnica, grazie anche all'apporto della Weta Digital, co-fondata dallo stesso Jackson. Divertimento assicurato solo per i fanatici dell'orrore più bizzarro, che troveranno pane (e carne con frattaglie assortite) per i loro denti, servite con un buon ritmo e numerose sequenze (s)cult, tra cui una trasformazione in "uomo-pecora" che cita deliziosamente Un lupo mannaro americano a Londra (1981) di John Landis.