Alla fine del XIX secolo, nel West statunitense, la giovane Liz (Dakota Fanning) conduce un'esistenza tranquilla con la famiglia. La sua serenità viene sconvolta il giorno in cui un sinistro predicatore (Guy Pearce) le fa visita: si tratta dello stesso uomo che sin dall'infanzia la insegue e la perseguita inesorabilmente e che cambierà il corso della sua esistenza.

Il regista olandese Martin Koolhoven dirige un western dai forti contenuti sanguinosi e dalla vocazione dichiaratamente thriller, un’epopea femminile nella quale il degrado fisico e morale cui viene condannato un gruppo di prostitute assume di fatto i contorni del torture porn e della vessazione estrema. Un film pretestuoso e privo sia di motivazioni che di obiettivi reali, un manipolatorio spaccato sulla condizione della donna in un mondo feroce, patriarcale e misogino che assume ben presto i tratti della farsa violenta e iperrealista, scivolando nel compiacimento e smarrendo così ben presto ogni ragione di interesse. La regia di Koolhoven ha senz’altro dimestichezza con gli spazi e gli ambienti nei quali si avventura, ma il suo sguardo è così discutibile e di dubbio gusto sotto il profilo etico da rendere vano qualsiasi tentativo di problematizzare le tematiche proposte allo spettatore, in un cortocircuito malsano e controproducente di eccessi fuori misura, passaggi temporali raffazzonati e mal scritti e sequenze irritanti e respingenti sotto il profilo sia emotivo che psicologico. Un film bidimensionale, ostinato, sadico e in larga parte inaccettabile, pieno di cadute di stile e di biechi ricorsi a un macabro sensazionalismo da telenovela al veleno; finale di rara ridicolaggine. Diviso in quattro capitoli che non rispettano un ordine cronologico. Nel cast un piccolo ruolo anche per Kit Harington, il Jon Snow de Il trono di spade. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia 2016.