Gli infami delitti perpetrati dalla Manson Family visti attraverso gli occhi di Karlene Faith (Merritt Wever), ricercatrice che lavora nel tentativo di rieducare tre giovani donne entrate a far parte della setta guidata dal famigerato e sanguinario Charles Manson (Matt Smith) dopo aver subito il lavaggio del cervello. Condannate alla pena di morte per il coinvolgimento nei crimini durante i quali furono assassinate nove persone, compresa l’attrice Sharon Tate (Grace Van Dien), la loro pena fu in seguito convertita in ergastolo.
Basato sul libro The Family di Ed Sanders e ispirato alle memorie della stessa Faith, il film della regista di American Psycho (2000) Mary Harron, sceneggiato da Guinevere Turner, si fa largo nel racconto delle vicende della Manson Family dalla prospettiva femminile delle giovani donne che ne subirono da vicino il fascino apocalittico e omicida. Un progetto sulla carta affascinante, che riporta la cineasta alle atmosfere dell’adattamento da Bret Easton Ellis con protagonista Christian Bale da lei diretto quasi vent’anni prima, ma in parte azzoppato da una vena compilativa e illustrativa, che banalizza molti dei contrasti insiti nei personaggi e non aggiunge granché alla florida narrazione già portata avanti su Manson e i suoi accoliti da svariati prodotti cinematografici, televisivi e documentari. L’attore Matt Smith, noto per la serie Doctor Who, è un calzante e somigliante Manson, ma il prodotto non esce mai dalla messa a punto didascalica di eventi e situazioni a dir poco risaputi, dalla suggestione del serial killer per Helter Skelter dei Beatles alla messa in scena controllata e mai parossistica di orge di sesso, droga e riti messianici, in linea con la dimensione cristologia e ultraterrena di cui lo stesso Manson si ammantò all’apice del suo vile operato. In apertura una celebre citazione da The White Album di Joan Didion che fa riferimento alla data del noto massacro di Cielo Drive, in cui perse la vita anche la Tate: «Molte persone che conoscono a Los Angeles pensano che gli anni Sessanta siano finiti bruscamente il 9 agosto del 1969». Presentato nella sezione Orizzonti della Mostra del cinema di Venezia 2018.