I colori dell'anima – Modigliani
Modigliani
2004
Paesi
Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Romania, Usa
Generi
Drammatico, Sentimentale
Durata
128 min.
Formato
Colore
Regista
Mick Davis
Attori
Andy Garcia
Elsa Zylberstein
Omid Djalili
Hippolyte Girardot
Eva Herzigova
Miriam Margolyes
Nella Parigi degli anni Dieci, un tormentato Modigliani (Andy Garcia) conduce un’esistenza dedita all’alcol, alle sostanze stupefacenti e alla pittura. In competizione con Picasso (Omid Djalili) e attorniato da altri artisti bohémien che condividono il suo stile di vita, il protagonista trova in Jeanne (Elsa Zylberstein) la sua nuova musa e, dopo la nascita della prima figlia e in attesa del secondogenito, decide di sposarla. Ma un finale tragico attende i due amanti…
Rappresentazione mal riuscita dell’ultimo anno di vita del celeberrimo pittore livornese, il film di Mick Davis propone una melodrammatica storia che vuole a tutti i costi strappare le lacrime dagli occhi degli spettatori. Tanta tragedia nei fatti mostrati non è sufficiente per compensare lo scarso spessore psicologico di tutti i personaggi, ridotti a piatte ombre di se stessi, e l’impianto narrativo farraginoso, con avanti e indietro non necessari, che aggiunge solo confusione a una trama sbrigativa e accompagnata da brani inutilmente anacronistici. Praticamente nullo l’interesse rivolto all’interiorità del protagonista, alla sua arte, al suo valore catartico o al ruolo dell’artista maledetto in piena temperie avanguardistica. Non ultimo, le numerose inesattezze storiche tolgono l’ultima parvenza di credibilità anche alla sommaria ricostruzione della Parigi del 1919: per esempio, i quadri nella mostra finale sono tutti inventati, tranne quello di Soutine (Pièce de beuf), che però è del 1923.
Rappresentazione mal riuscita dell’ultimo anno di vita del celeberrimo pittore livornese, il film di Mick Davis propone una melodrammatica storia che vuole a tutti i costi strappare le lacrime dagli occhi degli spettatori. Tanta tragedia nei fatti mostrati non è sufficiente per compensare lo scarso spessore psicologico di tutti i personaggi, ridotti a piatte ombre di se stessi, e l’impianto narrativo farraginoso, con avanti e indietro non necessari, che aggiunge solo confusione a una trama sbrigativa e accompagnata da brani inutilmente anacronistici. Praticamente nullo l’interesse rivolto all’interiorità del protagonista, alla sua arte, al suo valore catartico o al ruolo dell’artista maledetto in piena temperie avanguardistica. Non ultimo, le numerose inesattezze storiche tolgono l’ultima parvenza di credibilità anche alla sommaria ricostruzione della Parigi del 1919: per esempio, i quadri nella mostra finale sono tutti inventati, tranne quello di Soutine (Pièce de beuf), che però è del 1923.
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