Cosa fai a Capodanno?
2018
Paese
Italia
Genere
Commedia
Durata
95 min.
Formato
Colore
Regista
Filippo Bologna
Attori
Luca Argentero
Ilenia Pastorelli
Alessandro Haber
Vittoria Puccini
Isabella Ferrari
Ludovico Succio
Massimo De Lorenzo
Carlo De Ruggieri
Riccardo Scamarcio
Valentina Lodovini
In uno sperduto chalet di montagna, i padroni di casa hanno deciso di salutare l'arrivo del nuovo anno con una serata tra scambisti. Gli invitati, tutti estranei tra loro, sono Marina (Valentina Lodovini) e Valerio (Riccardo Scamarcio), una coppia di sposi in cerca di emozioni (forti), Romano (Alessandro Haber), maturo e carismatico politico in sedia a rotelle accompagnato dall'enigmatica Nancy (Vittoria Puccini), e Domitilla (Isabella Ferrari), femme fatale e signora dell'alta borghesia, con quello che all'apparenza sembra essere il suo toy-boy (Ludovico Succio). Ad accogliere gli ospiti i misteriosi Mirko (Luca Argentero) e Iole (Ilenia Pastorelli). Mentre le lancette dell’orologio corrono inesorabili verso la mezzanotte, le coppie fanno conoscenza e l'atmosfera si scalda.
Esordio alla regia dello sceneggiatore Filippo Bologna, tra gli autori della commedia di enorme successo di Paolo Genovese Perfetti sconosciuti (2016), Cosa fai a Capodanno? prova a replicare quell’esito sorprendente tentando di sfruttare l’ambientazione ristretta e il gruppo eterogeneo di personaggi, alle prese con un confronto diretto e senza compressi con i propri tanti vizi e le rispettive, ben più ridotte e praticamente assenti, virtù. Il risultato è però sconfortante sotto tutti i punti di vista, a cominciare dalla recitazione degli attori, mal dosata e spudoratamente sopra le righe, per arrivare a un disegno cinematografico corale che fa acqua da tutte le parti, animato da una certa presuntuosità nello spaccato antropologico e da un citazionismo puerile e di grana grossa, che sguazza senza colpo ferire nei riferimenti tarantiniani (il noto portafogli di Samuel L. Jackson in Pulp Fiction, ma anche lo chalet di montagna con delle persone ignote l’una all’altra, alla The Hateful Eight), nell’omaggio alimentare a Frankenstein junior (1974) e nelle strizzate d’occhio coeniane (il microscopico segmento con protagonisti Scamarcio e la Lodovini). Fin dalle prime battute, a dispetto del fumo negli occhi gettato verso lo spettatore, è però perfettamente intuibile la vanità di un’operazione che lascia galoppare a briglia sciolta la propria bizzarria. A causa, soprattutto, di una sceneggiatura assemblata col pilota automatico e ritagliata, o forse rabberciata, sugli attori (si fa riferimento direttamente perfino al Grande Fratello, reality cui hanno partecipato sia Argentero che la Pastorelli) e di un tocco in bilico tra la commedia e il noir da camera, che non riesce a stare in piedi e si lascia morire sguazzando nelle proprie stesse, pretestuose velleità. “Un cinepanettone al veleno per topi”, secondo il regista, che nell’epilogo trova l’apice di un imbarazzo già ampiamente serpeggiante nella sua fusione di macabro e pecoreccio. Una sorta di blanda e dilettantesca variazione sul tema del cinema di Luis Buñuel, che avalla pericolosamente, nella scrittura e nella messa a punto dei personaggi, il qualunquismo più tossico dell’Italia del 2018. Da evitare.
Esordio alla regia dello sceneggiatore Filippo Bologna, tra gli autori della commedia di enorme successo di Paolo Genovese Perfetti sconosciuti (2016), Cosa fai a Capodanno? prova a replicare quell’esito sorprendente tentando di sfruttare l’ambientazione ristretta e il gruppo eterogeneo di personaggi, alle prese con un confronto diretto e senza compressi con i propri tanti vizi e le rispettive, ben più ridotte e praticamente assenti, virtù. Il risultato è però sconfortante sotto tutti i punti di vista, a cominciare dalla recitazione degli attori, mal dosata e spudoratamente sopra le righe, per arrivare a un disegno cinematografico corale che fa acqua da tutte le parti, animato da una certa presuntuosità nello spaccato antropologico e da un citazionismo puerile e di grana grossa, che sguazza senza colpo ferire nei riferimenti tarantiniani (il noto portafogli di Samuel L. Jackson in Pulp Fiction, ma anche lo chalet di montagna con delle persone ignote l’una all’altra, alla The Hateful Eight), nell’omaggio alimentare a Frankenstein junior (1974) e nelle strizzate d’occhio coeniane (il microscopico segmento con protagonisti Scamarcio e la Lodovini). Fin dalle prime battute, a dispetto del fumo negli occhi gettato verso lo spettatore, è però perfettamente intuibile la vanità di un’operazione che lascia galoppare a briglia sciolta la propria bizzarria. A causa, soprattutto, di una sceneggiatura assemblata col pilota automatico e ritagliata, o forse rabberciata, sugli attori (si fa riferimento direttamente perfino al Grande Fratello, reality cui hanno partecipato sia Argentero che la Pastorelli) e di un tocco in bilico tra la commedia e il noir da camera, che non riesce a stare in piedi e si lascia morire sguazzando nelle proprie stesse, pretestuose velleità. “Un cinepanettone al veleno per topi”, secondo il regista, che nell’epilogo trova l’apice di un imbarazzo già ampiamente serpeggiante nella sua fusione di macabro e pecoreccio. Una sorta di blanda e dilettantesca variazione sul tema del cinema di Luis Buñuel, che avalla pericolosamente, nella scrittura e nella messa a punto dei personaggi, il qualunquismo più tossico dell’Italia del 2018. Da evitare.
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