Desiderio d'omicidio
Akai satsui
1964
Paese
Giappone
Genere
Drammatico
Durata
150 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Shōhei Imamura
Attori
Masumi Harukawa
Ko Nishimura
Shigeru Tsuyuguchi
Yūko Kusunoki
Ranko Akagi
La giovane Sadako (Masumi Harukawa), dalle umili origini, conduce un'esistenza marginale in casa del marito (Kō Nishimura). Maltrattata da questi e dalla madre di lui, sembra vivere solo per il suo figlioletto Masaru. Un giorno, mentre è sola in casa, Sadako viene violentata da un ladro (Shigeru Tsuyuguchi). Dopo un tentativo di suicidio fallito, la ragazza prova a dimenticare l'accaduto ma un secondo incontro con il ladro, ora gravemente ammalato e innamorato di lei, complica irrimediabilmente le cose.
Fresco ancora del successo di Cronache entomologiche del Giappone (1963) con la popolare Sachiko Hidari, Imamura torna in pochi mesi alla carica con un nuovo intenso ritratto femminile, scritturando con grande audacia la allora sconosciuta Masumi Harukawa. Basato su un romanzo breve di Shinji Fujiwara (lo scrittore da cui aveva tratto nel 1958 Desiderio inappagato), il film di Imamura è un complesso dramma con accese virate verso il noir, un affresco vivo e stratificato del Giappone democratizzato del dopoguerra in cui, dietro la sua rapida modernizzazione, si nascondono ancora retaggi ancestrali e disumani che determinano una rigida separazione di generi, ruoli e classi. In questo contesto l'eroina del film è tutt'altro che ribelle o emancipata: donna del popolo, sciocca e rozza, non risulterà vincitrice per le sue qualità intellettive ma per quelle più basse, istintive, di autoconservazione. Oltre che ovviamente, come rimarcato beffardamente nei minuti finali, grazie al puro caso. È per Imamura la celebrazione dell'impotenza dell'uomo di fronte alla donna che, nonostante una società rigidamente patriarcale, riesce sempre a dominare il maschio attraverso il sesso. Messa in scena curata e dinamica, spesso alla ricerca dell'inquadratura ardita e della sequenza audace (una su tutte lo scontro fra la protagonista e il violentatore sul treno), sostenuta da una fotografia in bianco e nero che nel continuo gioco di luci e ombre trova un vivace dialogo con l'ambiguità morale dei personaggi: mentre la distinzione fra i ruoli si annebbia e la vittima si trasforma progressivamente in carnefice, la componente onirica irrompe nella pellicola, dapprima confinata a scene ben definite finisce poi per prendere il sopravvento sull'intera narrazione (emblematica in questo senso la disorientante sequenza chiave nella galleria ghiacciata). Osservatore distaccato ma lucido e consapevole, Imamura accosta come nei suoi film precedenti gli uomini agli animali, ora paragonati a topi in gabbia senza via di fuga.
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