Joe Morse (John Garfield), brillante avvocato newyorkese, ha come principale cliente un pezzo grosso del racket delle scommesse, Tucker (Roy Roberts). Suo fratello maggiore Leo (Thomas Gomez), con il quale è ai ferri corti da diverso tempo, gestisce un piccolo giro indipendente di scommesse ma, quando rifiuta di entrare a far parte del gruppo di Tucker, neanche Joe potrà difenderlo. Esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Abraham Polonsky, autore del copione insieme a Ira Wolfert. Ed è proprio da un romanzo di quest'ultimo, Tucker People, che prende spunto una pellicola tesa e serrata, dotata di splendidi dialoghi con protagonisti i due fratelli: dietro la veste di noir, infatti, si nasconde un complesso dramma familiare e morale, potente dal punto di vista drammaturgico e mai banale nell'andamento narrativo. La descrizione di un sistema corrotto è coraggiosa, e rende la pellicola una cruda riflessione sulla politica e il capitalismo degli Stati Uniti nel secondo dopoguerra. Un risultato notevole, grazie anche al montaggio di Arthur Seid e alle musiche di David Raskin. Strepitoso John Garfield, ben diretto da un regista che sembra tutto fuorché un esordiente. Peccato che dopo questo film Polonsky sia finito sulla “lista nera” di McCarthy e allontanato da Hollywood; tornerà a girare un lungometraggio (Ucciderò Willie Kid del 1969) soltanto ventuno anni dopo.