New York, metà ‘800: i Five Points sono teatro di scontri tra bande per il predominio del territorio. Il giovane Amsterdam Vallon (Leonardo DiCaprio) vuole vendicare il padre ucciso anni prima da Bill il Macellaio (Daniel Day-Lewis), capo dei Nativi Americani: al suo fianco, la ladra Jenny Everdeane (Cameron Diaz) e ciò che resta della gang irlandese dei Conigli Morti.
Da sempre interessato ad analizzare la violenza come fenomeno alle radici della società americana, Scorsese apre il terzo millennio con un affresco epico sulla sua città natale, che finisce inevitabilmente con il contenere vari riferimenti alla recente tragedia dell'11 settembre. Elefantiaco nella durata come nella scenografia (minuziosamente ricostruita da Dante Ferretti nell'ultimo grande set della storia di Cinecittà), il film squarcia il velo su un capitolo storico eluso dai manuali scolastici e racconta un'epopea urbana dominata dalla reciproca sopraffazione, dove la struttura “tribale” dell'America proletaria e multietnica viene spazzata via da un'autorità costituita non meno brutale. L'estetica da grand guignol, i tanti eccessi sul piano registico – complice una lavorazione travagliata – e qualche concessione di troppo a stilemi da spot pubblicitario lo rendono un'opera imperfetta che fece gridare molti in al capolavoro mancato: nonostante tutto siamo però dalle parti del grande cinema. Se Day-Lewis è monumentale nei panni di un “padre della patria” sadico e razzista – ruolo pensato inizialmente per Robert De Niro – DiCaprio imprime una svolta alla sua carriera diventando da questo momento il nuovo attore-feticcio di Scorsese. Clamorosa débacle agli Oscar: dieci nomination e nessun premio.