A Marsiglia una famiglia si riunisce per la nascita della piccola Gloria. Nonostante la gioia, per i giovani genitori sono tempi duri. Mentre lottano per uscire dalla difficile situazione, si ricongiungono con il nonno di Gloria, Daniel (Gérard Meylan), un ex carcerato.
Il regista francese Robert Guédiguian ritrova i suoi attori di sempre, a cominciare dalla compagna e musa Ariane Ascaride, per un dramma corale ambientato nella città natale del regista, Marsiglia, che fa i conti da molto vicino con gli spettri della crisi economica e del mutare in peggio di ogni certezza lavorativa e affettiva (il vagito di una neonata, non a caso, apre e chiude la radiografia di un sic transit gloria mundi al tempo del precariato). Sospinto in maniera delicata dall’uso operistico e teatrale della musica classica, che nel finale sfocia nell’utilizzo del Requiem verdiano, quello dell’autore de Le passeggiate al Campo di Marte (2015) è uno spaccato intriso di malinconia e languore crepuscolare, per i volti, le vite, i panorami, i luoghi. Con in più una dose massiccia di ironico e non troppo velato erotismo, capace di farsi specchio riflettente di pulsioni, desideri e disagi tutt’altro che armonici e conciliati. La cupa semplicità dell’approccio fa però i conti con un andamento melodrammatico altalenante, che rende a tratti monche le psicologie convocate e sbanda nel finale verso risoluzioni tanto enfatiche e sfocate quanto pasticciate e discutibili. Non trascurabile, ad ogni modo, la qualità di sfumature fornite dalla recitazione dell’ottimo parco d’interpreti e da una regia limpida e armoniosa nonostante le sbavature di scrittura, anche se c’è il rischio che alcuni dei caratteri in campo, a cominciare dalla Mathilda di Anaïs Demoustier, suonino gratuitamente respingenti e che l’eccesso di poeticità prenda sommessamente ma stucchevolmente il sopravvento. Prodotto, tra gli altri, dall’italiano Angelo Barbagallo. Per questo film Ariane Ascaride ha ottenuto la Coppa Volpi come miglior attrice alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.