Harvey
Harvey
1950
Paese
Usa
Generi
Commedia, Drammatico
Durata
104 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Henry Koster
Attori
James Stewart
Josephine Hull
Peggy Dow
Charles Drake
Cecil Kellaway
Victoria Horne
Jesse White
William H. Lynn
Wallace Ford
Nana Bryant
Il signor Elwood P. Dowd (James Stewart) non è esattamente un orgoglio per la sua famiglia: sostiene di empatizzare con un gigantesco coniglio bianco di nome Harvey, che lo segue ovunque vada. La sorella Veta Louise (Josephine Hull) non può fare altro che rinchiuderlo in una clinica psichiatrica ma, a causa di una serie di imprevedibili equivoci, è lei stessa a essere presa per matta. Elwood e il suo “amico” si daranno da fare per risolvere la situazione.
Henry Koster traspone sul grande schermo l'omonima pièce teatrale di Mary Chase (vincitrice del Premio Pulitzer nel 1945) e, per farlo, richiama quasi tutto il cast che l'aveva portata in scena a Broadway qualche anno prima, compreso James Stewart. L'attore è ovviamente il motore pulsante di tutto il progetto: una commedia irriverente e frizzante che spinge l'acceleratore dei buoni sentimenti per risollevare l'umore del pubblico a cui è rivolto e scacciarne via il cinismo. La sua interpretazione dell'uomo gentile non è una novità, ma qui è capace di ricodificarsi, sostenuta com'è da una regia che lascia ampio margine di manovra e che lo gestisce al meglio, impedendogli un istrionismo fuori luogo e rischioso. La sceneggiatura, curata dalla stessa autrice del romanzo, è più che intelligente e mostra un perfetto equilibrio tra comicità e riflessione; anche se un po' di coraggio in più nel mostrare i lati oscuri del protagonista avrebbe giovato. Un classico, da vedere.
Henry Koster traspone sul grande schermo l'omonima pièce teatrale di Mary Chase (vincitrice del Premio Pulitzer nel 1945) e, per farlo, richiama quasi tutto il cast che l'aveva portata in scena a Broadway qualche anno prima, compreso James Stewart. L'attore è ovviamente il motore pulsante di tutto il progetto: una commedia irriverente e frizzante che spinge l'acceleratore dei buoni sentimenti per risollevare l'umore del pubblico a cui è rivolto e scacciarne via il cinismo. La sua interpretazione dell'uomo gentile non è una novità, ma qui è capace di ricodificarsi, sostenuta com'è da una regia che lascia ampio margine di manovra e che lo gestisce al meglio, impedendogli un istrionismo fuori luogo e rischioso. La sceneggiatura, curata dalla stessa autrice del romanzo, è più che intelligente e mostra un perfetto equilibrio tra comicità e riflessione; anche se un po' di coraggio in più nel mostrare i lati oscuri del protagonista avrebbe giovato. Un classico, da vedere.
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