Una piccola porzione delle gesta del cavaliere errante Don Chisciotte (Lluís Carbó) e del suo fido scudiero Sancho Panza (Lluís Serrat), i quali trascorrono il tempo immersi in una minimale quotidianità a contatto con la natura. Concentrandosi su una piccolissima porzione dell'imprescindibile romanzo cavalleresco Don Chisciotte della Mancia (1605) di Miguel de Cervantes, il catalano Albert Serra, al suo secondo lungometraggio, si è imposto all'attenzione della critica internazionale con un'opera di intransigente autorialità. Una trasposizione intellettuale che si concentra unicamente sul rapporto tra i due protagonisti, colti in frangenti di vita del tutto ordinari e privati di qualsiasi aura epica. La scabra bellezza del paesaggio, fotografato in diversi momenti della giornata attraverso l'ausilio della sola luce naturale, suggerisce anche uno studio del rapporto tra le due figure, immerse in un clima metafisico, e la natura incontaminata che li circonda. Essenziale nella messa in scena istintiva, rimane un'opera concettuale di esasperante lentezza, dove la contemplazione e la beckettiana attesa di ciò che non arriverà mai sembrano suggestioni riciclate al solo scopo di incantare le giurie dei festival e le rassegne d'essai più snob. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes. MIglior film al Torino Film Festival 2006, dove ha vinto anche il Premio speciale della giuria e il Premio Holden per la miglior sceneggiatura (Albert Serra).