Un ministro cinese in fuga a New York, a causa di un crimine che non ha commesso, contatta il vecchio amico J.Jonah Jameson (Robert F. Simon), editore del "Daily Bugle", per chiedergli di rintracciare almeno uno dei tre soldati americani che, in gioventù, lo avevano conosciuto e che possono scagionarlo. Il giornalista affida il caso a Peter Parker (Nicholas Hammond), alias l'Uomo Ragno, che rintraccia l'unico sopravvissuto, un professore di storia orientale, convincendolo a partire per Hong Kong assieme a lui. Il terzo film, che assembla in un unico blocco l'ultima avventura televisiva divisa in due parti della serie dell'Uomo Ragno del 1977/79, abbandona gli aspetti più solari, le trame fantasy e le battutine sarcastiche dei primi due film, per diventare un poliziesco d'azione dove l'intero cast si prende fin troppo sul serio. Questa terza evoluzione di Nicholas Hammond porta il suo Peter Parker adulto a diventare addirittura un foto-reporter investigativo provetto, staccandosi del tutto da quello del fumetto Marvel di Stan Lee che lo vuole solo come fotografo di sé stesso. Che si muova a New York o a Hong Kong, l'Uomo Ragno ha più un ruolo da guardia del corpo mascherata che da supereroe, anche perché nessuno si chiede se agisce come eroe, o criminale. Le scene in costume sono molte, ma continuano ae essere brutte, specie in Cina quando l'Uomo Ragno affronta esperti in kung fu che fanno rimpiangere l'agile Bruce Lee. Non aiutano nemmeno le sequenze girate fra i mercatini cinesi e i templi buddisti, perché rallentano l'azione e fanno sembrare il tutto un noioso turismo da cartolina. Assente, ancora una volta, la zia di Peter Parker.