Lulù – Il vaso di Pandora
Die Büchse der Pandora
1929
Paese
Germania
Genere
Drammatico
Durata
128 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Georg Wilhelm Pabst
Attori
Louise Brooks
Fritz Kortner
Carl Goetz
Michael von Newlinsky
Gustav Diessl
Francis Lederer
Alice Roberts
Krafft-Raschig
Lulù (Louise Brooks), giovane e bella fioraia con ambizioni da ballerina, intrattiene rapporti ambigui e altalenanti con una serie di uomini: lo speculatore Schön (Fritz Kortner), il figlio di quest'ultimo (Franz Lederer), l'atleta Rodrigo (Krafft-Raschig) e il vecchio protettore Schigoch (Karl Goetz). Tutti sono magneticamente attratti dal suo fascino. Al termine di una serie di peripezie, Lulù finisce a Londra: qui, costretta a prostituirsi per sopravvivere, rimane vittima della furia omicida di Jack lo Squartatore (Gustav Diessl). Tratto da due drammi teatrali gemelli, Lo spirito della terra e Il vaso di Pandora di Frank Wedeking, uno dei lungometraggi più struggenti e importanti diretti in carriera da Georg Wilhelm Pabst. Secondo capitolo di un'ipotetica “trilogia sessuale”, aperta da Crisi (1928) e proseguita con Il diario di una donna perduta (1929), è un film che riflette al meglio lo spirito tormentato del filone della Nuova Oggettività, sviluppatosi in Germania nella seconda metà degli anni Venti. Rispetto alla pièce di partenza, Pabst modifica i connotati della sua protagonista: da figura demoniaca a ragazza ingenua e vittima di quello stesso spirito anarchico che professa in ogni sua apparizione. Simbolo di un femminismo ante litteram, Lulù è una delle figure tragiche più importanti del cinema muto: fragile, conturbante, magnetica, è il simbolo perfetto di un erotismo sfacciato, perfettamente incarnato dalla indimenticabile Louise Brooks (che il regista, con un tocco di genio, preferì a Marlene Dietrich) e dal suo caschetto nero più volte omaggiato nel corso della storia del cinema successivo (si pensi alla Uma Thurman di Pulp Fiction, del 1994, di Quentin Tarantino). Pabst, con grande maestria, ne valorizza la bellezza e il fascino misterioso (è lei il “vaso di Pandora”, mitologico contenitore di tutti i mali che non sarebbe mai dovuto essere aperto), sfruttando al meglio le sue capacità tecniche: nei primi capitoli della pellicola opta per uno stile descrittivo, chiaro e luminoso; mentre col passare dei minuti punta su una fotografia più oscura, tenebrosa, che sfiora i dettami dell'espressionismo. Il disegno complessivo è fortissimo, emozionante, più che mai coinvolgente. La censura francese ne limitò la portata innovatrice: la contessa Geschwitz, che nel film è una lesbica che corteggia Lulù, si trasforma in un'amica della protagonista, mentre l'intera sequenza finale con Jack lo Squartatore venne tagliata.
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