Il Mahabharata
The Mahabharata
1989
Paesi
Belgio, Australia, Usa, Svezia, Portogallo, Norvegia, Olanda, Giappone, Irlanda, Islanda, Finlandia, Danimarca, Gran Bretagna, Francia
Generi
Mitologico, Avventura
Durata
318 min.
Formato
Colore
Regista
Peter Brook
Attori
Robert Langdon Lloyd
Bruce Myers
Antonin Stahly-Vishwanadan
Ryszard Cieslak
Georges Corraface
Miriam Goldschimdt
Nolan Hemmings
Jeffery Kissoon
Sotiguy Kouyaté
Joseph Kurian
Leela Mayor
Vittorio Mezzogiorno
Yoshi Oida
Bakary Sangaré
Mallika Sarabhai
Tapa Sudana
Vyasa (Robert Langdon Lloyd) vuole narrare a un ragazzo (Antonin Stahly-Vishwanadan) un lungo poema, il Mahabharata, che racconta la storia della sua stirpe ma, visto che il giovane non sa scrivere, a stendere il libro è la divinità Ganesha (Bruce Myers). Prende così forma il racconto dei fratelli Dhritharashtra (Ryszard Cieslak) e Pandu (Tapa Sudana), gravati da una maledizione: entrambi sono destinati a regnare. Le loro discendenze, i Kaurava e i Pandava, concepite con interventi magici e divini, si daranno guerra per il trono affiancati da dèi e invincibili guerrieri, ma nessuno di loro vedrà crescere i propri figli.
Monumentale opera di Brook (nata come mini-serie TV composta da 3 episodi) il quale, insieme a Marie-Hélène Estienne e Jean-Claude Carrière, adatta l'opera che quest'ultimo aveva preparato per il palcoscenico, destreggiandosi per oltre cinque ore tra dialoghi, duelli e battaglie. Alla base di tutto c'è una parte della mitologia indiana la cui complessità viene inevitabilmente ridotta anche nel tentativo di rendere comprensibile la trama. Un'operazione abbastanza riuscita e a tratti appassionante, anche se ad affascinare è soprattutto l'indovinato mix tra le tecniche della messa in scena. All'origine teatrale, sottolineata con intelligenza (la maschera di Ganesha, gli attori impiegati in più ruoli, l'estrema stilizzazione di molte sequenze, la narrazione di lunghi brani), si aggiungono pochi (ma efficaci) effetti speciali e una notevole eleganza formale, a partire dai fluidi piani-sequenza. E, nonostante il rischio insito nell'operazione, funziona nel complesso il cast internazionale e multi-etnico, capace di rendere anche plasticamente la mitica “età dell'oro” narrata nel manoscritto che, alla fine della lunga pellicola, il dio dalla testa di elefante consegna al ragazzo erede della tradizione e della stirpe hindu.
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