Miserere
Oiktos
2018
Paesi
Grecia, Polonia
Generi
Drammatico, Grottesco
Durata
97 min.
Formato
Colore
Regista
Babis Makridis
Attori
Giannis Drakopoulos
Evi Saoulidou
Pavlos Makridis
Costas Xikominos
Makis Papadimitriou
Kostas Kotoulas
Nota Tserniafski
Georgina Chryskioti

Un avvocato di successo (Yannis Drakopoulos), che deve accudire la moglie in coma in seguito a un incidente stradale, è gratificato dalle numerose testimonianze di affetto da parte di tutti coloro che lo frequentano. Quando però inaspettatamente la moglie (Evi Saoulidou) esce dal coma e torna a casa, egli si trova del tutto spiazzato: cercherà a modo suo di riconquistare la compassione che gli è venuta a mancare.

Paradossale film greco in linea con gli umori acidi che la cinematografia ellenica ha prodotto negli ultimi anni, Miserere mette in scena la curiosa e raggelante vita di un uomo medio, con occhiali ispessiti e lo sguardo catatonico, che ha trasformato il compatimento altrui in una droga sottilissima e insidiosa: la vicina gli prepara ogni giorno una torta, alla lavanderia gli applicano una tariffa ridotta, tutti quanti intorno a lui si prodigano per farlo sentire meglio e alleviarne le sofferenze. Un lenitivo insostituibile il cui improvviso venir meno spingerà però la sua parabola esistenziale, e con essa tutto il film, verso l’abisso del grottesco più beffardo: un cortocircuito ben gestito, in partenza, da Babis Makridis, uno dei registi della nuova onda di cineasti greci che ha ovviamente in Yorgos Lanthimos il suo rappresentante più celebre e in vista. Con Lanthimos, Makridis ha in comune anche il legame con Efthimis Filippou, co-sceneggiatore di entrambi e al lavoro anche sullo script di Miserere. Un’opera seconda che nei primi due tre terzi accumula premesse raggelanti e d’impatto, ma che col passare dei minuti mostra progressivamente la corda, denudando tutta la fragilità programmatica e la pretestuosità asettica e ostentatamente anti-empatica dell’intera operazione. La scrittura regala non poche stoccate gelidissime e ispirate e la messa in scena denota un controllo invidiabile sulle proprie immagini, ma la freddezza generale suona qua e là come una facile scorciatoia misantropa, scivolando oltretutto in una risoluzione pasticciata, grossolana e non all’altezza. Presentato al Sundance e in concorso al Torino Film Festival nel 2018. 

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