A Marrakech, un gruppo di donne, amiche tra loro quando non conviventi, si prostituiscono per sbarcare il lunario, s'intrattengono con dei danarosi sauditi e vanno incontro alle non poche umiliazioni e stigmatizzazioni sociali che il mestiere più antico del mondo può causare in un paese come il Marocco. Il regista Nabil Ayouch dirige un film corale al femminile che tocca una tematica assolutamente tabù per la politica e la cultura del suo paese, con il merito di non censurarsi di fronte ai dettagli più sconci e disdicevoli e di portare avanti fino in fondo la sua provocazione iconoclasta contro la propria oscurantista cultura nazionale. Un film impudico e spudorato, quello di Ayouch, presentato alla Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes 2015, che però sconta non poco il prezzo di alcune ingenuità fatali e di qualche meccanicità di troppo, specie a livello narrativo, e che non sa resistere alla tentazione di ricorrere a musiche invadenti e ridondanti, piazzate a dovere in qualche momento topico. Da segnalare, in ogni caso, una bel lavoro sulla psicologia e la scrittura dei personaggi e una consapevole, spietata, demistificazione del maschio arabo che suona davvero inedita e spiazzante per il cinema africano contemporaneo.