Omen – L’origine del presagio
The First Omen
2024
Paese
Usa
Genere
Horror
Durata
120 min.
Formato
Colore
Regista
Arkasha Stevenson
Attori
Bill Nighy
Ralph Ineson
Nell Tiger Free
Sonia Braga
Andrea Arcangeli
Una ragazza americana (Nell Tiger Free) viene mandata in Vaticano per iniziare un percorso di servizio alla Chiesa. Quando arriva a Roma, però, scopre una terribile verità: è in atto un piano per la nascita dell'anticristo: la fede della ragazza inizia a vacillare.
La sceneggiatura, scritta a sei mani dalla regista Arkasha Stevenson insieme a Tim Smith e Keith Thomas, corre percorsi non sempre lineari e oscilla pericolosamente tra l’ellissi e l’eccesso didascalico, laddove l’origine del male non avrebbe bisogno di essere spiegata, la cospirazione di suore e cardinali invece sì. L’intuizione di Stevenson risiede nella necessità di scrivere una storia autonoma e radicalmente diversa da quella de Il presagio, mettendo al centro un giallo dalle sfumature macabre visivamente e narrativamente concentrato sul corpo femminile. C’è qualcosa di molto inquietante nella drammatica storia di Margaret e nella sua progressiva presa di consapevolezza, che non risiede nelle allucinazioni demoniache, ma nella sensazione di impotenza di fronte ad un destino disegnato da altri e per giunta votato al male, di cui lei non è padrona ma vittima sacrificale. La prevaricazione sulla donna – raffigurata efficacemente in tutte le sue versioni: con gli stilemi della morale sessuale, con la repressione e infine con la negazione del libero esercizio dell’autodeterminazione riproduttiva – incombe come tema dominante in questa storia ambiziosa di indisponibilità del corpo femminile, che pure quando è sottratto alla vita mondana sembra essere oggetto di contesa e pretesa, tanto da venire strumentalizzato dalla storia religiosa per una progenie più che mai indesiderata. La paura è instillata nelle immagini senza il ricorso a mostri o disgustosi fenomeni di possessione, ma attraverso un lavoro di luci e suggestioni, cedendo solo sul finale alla più classica delle raffigurazioni diaboliche. Apprezzabile che la storia venga riscritta da un punto di vista femminile e che la tensione horror passi attraverso l’attenzione filmica sui corpi, specialmente quelli delle donne, lontana dall’erotismo se non come suggestione: sono l’oppressione fisica e la costrizione a fare paura. La sceneggiatura sebbene armata di buone intenzioni è troppo incerta nei suoi fondamentali passaggi narrativi e la scelta dell’ambientazione romana negli anni di piombo più che un contesto evocativo di tensione finisce per imprimere una vaga sfumatura caotica priva di reale potere scenografico.
La sceneggiatura, scritta a sei mani dalla regista Arkasha Stevenson insieme a Tim Smith e Keith Thomas, corre percorsi non sempre lineari e oscilla pericolosamente tra l’ellissi e l’eccesso didascalico, laddove l’origine del male non avrebbe bisogno di essere spiegata, la cospirazione di suore e cardinali invece sì. L’intuizione di Stevenson risiede nella necessità di scrivere una storia autonoma e radicalmente diversa da quella de Il presagio, mettendo al centro un giallo dalle sfumature macabre visivamente e narrativamente concentrato sul corpo femminile. C’è qualcosa di molto inquietante nella drammatica storia di Margaret e nella sua progressiva presa di consapevolezza, che non risiede nelle allucinazioni demoniache, ma nella sensazione di impotenza di fronte ad un destino disegnato da altri e per giunta votato al male, di cui lei non è padrona ma vittima sacrificale. La prevaricazione sulla donna – raffigurata efficacemente in tutte le sue versioni: con gli stilemi della morale sessuale, con la repressione e infine con la negazione del libero esercizio dell’autodeterminazione riproduttiva – incombe come tema dominante in questa storia ambiziosa di indisponibilità del corpo femminile, che pure quando è sottratto alla vita mondana sembra essere oggetto di contesa e pretesa, tanto da venire strumentalizzato dalla storia religiosa per una progenie più che mai indesiderata. La paura è instillata nelle immagini senza il ricorso a mostri o disgustosi fenomeni di possessione, ma attraverso un lavoro di luci e suggestioni, cedendo solo sul finale alla più classica delle raffigurazioni diaboliche. Apprezzabile che la storia venga riscritta da un punto di vista femminile e che la tensione horror passi attraverso l’attenzione filmica sui corpi, specialmente quelli delle donne, lontana dall’erotismo se non come suggestione: sono l’oppressione fisica e la costrizione a fare paura. La sceneggiatura sebbene armata di buone intenzioni è troppo incerta nei suoi fondamentali passaggi narrativi e la scelta dell’ambientazione romana negli anni di piombo più che un contesto evocativo di tensione finisce per imprimere una vaga sfumatura caotica priva di reale potere scenografico.
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