Dopo aver condotto una sanguinosa operazione all'interno di un palazzo per catturare una pericolosa gang, il giovane ufficiale Rama (Iko Uwais) cambia identità e si infiltra in una organizzazione criminale di Giacarta per smascherare la corruzione dilagante all'interno del corpo di polizia. Partendo laddove The Raid – Redenzione (2011) si era concluso, Gareth Evans innalza le proprie ambizioni autoriali e dà vita a un dittico di culto all'interno dell'adrenalinico intrattenimento contemporaneo di qualità. Ben raccordato al capitolo precedente dal punto di vista narrativo, questo seguito si discosta in maniera significativa dal primo film attraverso un approccio stilistico diverso (per certi versi più maturo) che rivendica una certa autonomia sia tematica sia di adesione al genere action. Affresco di ampio respiro dalle tinte noir, The Raid 2: Berandal alterna azione forsennata ed epica del silenzio e della contemplazione, interni e ampi paesaggi ripresi in campo lungo, concitato dinamismo e riflessioni intimiste, lunghi dialoghi e virtuosismi di regia. Guardando al cinema di Sion Sono, Park Chan-wook e Nicolas Winding Refn, il gallese Evans unisce suggestioni orientali, rigore europeo della messa in scena e senso dello spettacolo americano, in una pellicola che ambisce a una dimensione bigger than life non sempre ben calibrata, tra parentesi prolisse, tentazioni estetizzanti, accumulo eccessivo di combattimenti in definitiva sempre uguali a se stessi e un respiro solenne a volte un po' impettito. Strepitosa la sequenza di lotta nel fango all'interno del carcere. C'è pure una scena sotto la neve accompagnata dalle note della sarabanda tratta dalla Suite n. 4 in re minore HWV 437 di Händel. Presentato in anteprima al Sundance Film Festival, in Italia è uscito direttamente in home video.