Re Granchio
2021
Paesi
Italia, Francia, Argentina
Generi
Avventura, Drammatico
Durata
105 min.
Formato
Colore
Registi
Alessio Rigo de Righi
Matteo Zoppis
Attori
Maria Alexandra Lungu
Jorge Prado
Dario Levy
Mariano Arce
Daniel Tur
Italia, giorni nostri. Alcuni vecchi cacciatori ricordano insieme la storia di Luciano (Gabriele Lilli). Tardo Ottocento, Luciano è un ubriacone che vive in un borgo della Tuscia. Il suo stile di vita e la sua ribellione al dispotico principe locale lo hanno reso un reietto per il resto della comunità. In un estremo tentativo per proteggere dal principe la donna che ama, Luciano commette un atto scellerato che lo costringe a fuggire in esilio nella Terra del Fuoco. Qui, la ricerca di un mitico tesoro, al fianco di marinai senza scrupoli, si trasforma per lui in un’occasione di redenzione. Ma la febbre dell’oro non può seminare che tradimento, avidità e follia in quelle terre desolate.
Esordio alla regia di un lungometraggio di finzione di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, già registi del documentario Il solengo, Re Granchio riprende dal loro film precedente i racconti orali dei cacciatori della Tuscia, immergendoli in una costruzione cinematografica ben più ancestrale, ardita e ambiziosa sul piano tanto estetico-formale quanto sostanziale. Un po’ viaggio al termine del mondo conosciuto e alle origini della cultura popolare e un po’ radicale incursione nei meandri di una psicologia maschile inquieta, ebbra e tormentata, il film è un affascinante narrazione che prende le mosse da un’idea di (c)oralità molto classica, con storie di paese pronunciate molto spesso da anziani seduti al tavolo di una locanda davanti a una bottiglia, ma ben presto la vena immaginifica, calata alla fine del XIX secolo, prende prepotentemente il sopravvento, cucendo insieme degli eventi che si presumono essere realmente accaduti e che, attraverso visioni e tableaux vivants ricercati e risonanti, delineano un insolito e crudo patto di fiducia con lo spettatore, all’insegna di una torpida e sfaccettata sospensione dell’incredulità. Se la prima parte del film è perfettamente bilanciata da tutti i punti di vista ed esplora con vivida ferocia le traversie dell’anarchico bevitore Luciano in quel di Vejano (in provincia di Viterbo, nel Lazio, anche se i registi dicono di aver trovato il suo nome su un registro di immigrati a Buenos Aires), col passare dei minuti si registra qualche passaggio a vuoto e alcuni, controproducenti estetismi di troppo. Rimane tuttavia indubbia la forza di un’operazione che si colloca a metà strada tra l’ispida mitologia western dell’austero, arcaico e magnetico Jauja di Lisandro Alonso, parabola sul senso di perdita e sullo spaesamento in un paesaggio desolato e inospitale, e il lirismo popolaresco, debitore soprattuto della lezione di Ermanno Olmi, del cinema di Alice Rohrwacher. La ricerca dei due registi, italo-americani, si concentra da sempre sui racconti popolari e le leggende della tradizione contadina, unitamente al meccanismo imperfetto e incompleto con cui la tradizione orale genera sempre nuove storie, e Re Granchio è in tal senso, al netto di qualche rigidità e intorpidimento narrativo, l’apice fin qui raggiunto dalla loro poetica. Diviso in due capitoli: il primo, Il fattaccio di Sant’Orsio, è ambientato a Vejano, mentre il secondo, In culo al mondo, nella Terra del Fuoco, nell’arcipelago a sud dello Stretto di Magellano. Il Re Granchio del titolo è una specie che vive in Alaska, nella penisola russa di Kamchatka e nel Mare di Barents. Presentato nella sezione Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2021 e, fuori concorso, al 39esimo Torino Film Festival.
Esordio alla regia di un lungometraggio di finzione di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, già registi del documentario Il solengo, Re Granchio riprende dal loro film precedente i racconti orali dei cacciatori della Tuscia, immergendoli in una costruzione cinematografica ben più ancestrale, ardita e ambiziosa sul piano tanto estetico-formale quanto sostanziale. Un po’ viaggio al termine del mondo conosciuto e alle origini della cultura popolare e un po’ radicale incursione nei meandri di una psicologia maschile inquieta, ebbra e tormentata, il film è un affascinante narrazione che prende le mosse da un’idea di (c)oralità molto classica, con storie di paese pronunciate molto spesso da anziani seduti al tavolo di una locanda davanti a una bottiglia, ma ben presto la vena immaginifica, calata alla fine del XIX secolo, prende prepotentemente il sopravvento, cucendo insieme degli eventi che si presumono essere realmente accaduti e che, attraverso visioni e tableaux vivants ricercati e risonanti, delineano un insolito e crudo patto di fiducia con lo spettatore, all’insegna di una torpida e sfaccettata sospensione dell’incredulità. Se la prima parte del film è perfettamente bilanciata da tutti i punti di vista ed esplora con vivida ferocia le traversie dell’anarchico bevitore Luciano in quel di Vejano (in provincia di Viterbo, nel Lazio, anche se i registi dicono di aver trovato il suo nome su un registro di immigrati a Buenos Aires), col passare dei minuti si registra qualche passaggio a vuoto e alcuni, controproducenti estetismi di troppo. Rimane tuttavia indubbia la forza di un’operazione che si colloca a metà strada tra l’ispida mitologia western dell’austero, arcaico e magnetico Jauja di Lisandro Alonso, parabola sul senso di perdita e sullo spaesamento in un paesaggio desolato e inospitale, e il lirismo popolaresco, debitore soprattuto della lezione di Ermanno Olmi, del cinema di Alice Rohrwacher. La ricerca dei due registi, italo-americani, si concentra da sempre sui racconti popolari e le leggende della tradizione contadina, unitamente al meccanismo imperfetto e incompleto con cui la tradizione orale genera sempre nuove storie, e Re Granchio è in tal senso, al netto di qualche rigidità e intorpidimento narrativo, l’apice fin qui raggiunto dalla loro poetica. Diviso in due capitoli: il primo, Il fattaccio di Sant’Orsio, è ambientato a Vejano, mentre il secondo, In culo al mondo, nella Terra del Fuoco, nell’arcipelago a sud dello Stretto di Magellano. Il Re Granchio del titolo è una specie che vive in Alaska, nella penisola russa di Kamchatka e nel Mare di Barents. Presentato nella sezione Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2021 e, fuori concorso, al 39esimo Torino Film Festival.
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