In un rifugio di cacciatori, un gruppo di anziani del luogo rievoca la vita di Mario de’ Marcella, un uomo vissuto per più di sessant’anni nel ritiro di una grotta di tufo. Non si sa bene cosa abbia portato questo personaggio dai modi bruschi ed eccentrici a condurre un’esistenza solitaria. Chi lo incontrava andando a caccia, lo chiamava semplicemente il solengo, come il maschio del cinghiale che vive isolato dal gruppo.
 Seppur gli spunti proposti dai due giovani registi di questo documentario siano sicuramente interessanti e condivisibili, Il solengo resta un progetto ricco di potenziale ma per la maggior parte inespresso. L'idea di concentrare l'attenzione sui racconti dei cacciatori riguardanti la figura del misterioso Mario è notevole, sia per sviluppare un discorso legato alla natura menzognere delle leggende (e di riflesso anche del cinema del reale), sia per la chiave narrativa curiosa e insolita. Così, lungo la proiezione, ci si affeziona più all'umanità degli intervistati che al profilo sinistro del soggetto di riferimento. Tuttavia, il film non riesce a reggere il ritmo proprio di un lungometraggio e, seppur si avvalga di una durata esigua, finisce per ripetersi più volte diventando monotono e pedante. Lo stile rigoroso, geometrico e freddo adottato dai cineasti resta di buona fattura, ma non sempre risulta funzionale e si resta coinvolti dalla vicenda soltanto a fasi alterne.