Nei sobborghi degradati di New York, Jim (Leonardo DiCaprio), un giovane e promettente cestista dilettante, abbandona la scuola sulle ali di un’onda di ribellione e spensieratezza adolescenziale. Il suo status paradisiaco si trasforma lentamente in una discesa infernale verso un oblio di delinquenza, prostituzione e droga. La situazione precipita quando un amico muore stroncato dalla leucemia e Jim comincia a sfogare i suoi pensieri su un diario. Adattamento del romanzo autobiografico The Basketball Diaries (1978) del poeta e musicista punk Jim Carroll. Il film, fin dalle prime battute, si perde nei tipici cliché già visti del dramma sulla dipendenza da droghe, dove nella prima parte della storia la sostanza (in questo caso l’eroina) trasporta il protagonista in un idillio artificiale per poi trasformarsi nella sua carnefice, trascinandolo nel tunnel dell’assuefazione. La trama poco originale, che fatica a ritrasmettere con omogeneità la forza emotiva del libro, si risolleva però in diversi punti grazie all’innesto di alcune citazioni brillanti prese dall’opera di Carroll, che offrono spunti su profonde riflessioni esistenziali disseminate qua e là all’interno dei dialoghi. Il finale, forse la pecca più grande della pellicola, giunge alla risoluzione degli eventi in modo sintetico e frettoloso, risultando poco credibile. Il giovanissimo DiCaprio (all’epoca ventenne), dimostra tutto il suo talento nella prima vera prova da protagonista, riuscendo a calarsi perfettamente nei panni di un personaggio complesso, irrequieto e controverso. L’attore, grazie all’estro e a una bellezza febbrile, dà al film più di quanto la regia sembri chiedere.