Sono solo fantasmi
2019
NOW
Paese
Italia
Genere
Commedia
Durata
100 min.
Formato
Colore
Regista
Christian De Sica
Attori
Christian De Sica
Carlo Buccirosso
Gianmarco Tognazzi
Leo Gullotta
Francesco Bruni
Tommaso (Christian De Sica), ex mago in bolletta, e Carlo (Carlo Buccirosso) sono due fratellastri che si rincontrano dopo anni a Napoli per la morte del padre Vittorio. Qui scoprono di avere un terzo fratello, Ugo (Gianmarco Tognazzi), apparentemente un po' tonto ma in realtà un piccolo genio molto esperto di fantasmi, amuleti e miti legati al paranormale. Quando l'eredità tanto agognata sfuma a causa dei debiti del padre, ai tre viene in mente una brillante idea: sfruttare la superstizione napoletana per trasformarsi in un team di "acchiappafantasmi".
Sorta di Ghostbusters (1984) italiano in chiave comica, Sono solo fantasmi nasce da un soggetto di Nicola Guaglianone e Menotti, già autori della sceneggiatura de Lo chiamavano Jeeg Robot (2015), che l’hanno proposto a Christian De Sica. La commistione e la fusione tra uno spunto all’americana e il sostrato fornito dalla tradizione popolare posta all’ombra del Vesuvio produce un ibrido tutt’altro che mal gestito, con un dosato equilibrio tra i due poli e un gusto fantasy che non risparmia stoccate horror e spunti da pelle d’oca ben al di sopra delle aspettative, a cominciare dall’utilizzo della janara, leggendaria strega partenopea. Rispetto a un prodotto analogo come La befana vien di notte (2018), in cui la sceneggiatura di Guaglianone tentava la stessa strada partendo in quel caso da I Goonies (1985), in questo caso la quadratura del cerchio è maggiormente rifinita e l’alchimia tra i tre protagonisti (il romano imbroglione, il milanese d’adozione e l’autistico problematico) decisamente al servizio dei vari capovolgimenti di fronte della ghost story, incrociata con i consueti spiantati e millantatori tipici della commedia all’italiana. Ampio spazio, allo stesso tempo, è concesso alla farsa sboccata tipica della fisicità e della carriera cinematografica di De Sica, con molto fan service per gli appassionati delle consuete gag dell’attore romano e una rivedibile sequenza scatologica con protagonista un fantasma, ampiamente oltre la soglia dello scult, cui si affiancano una manciata di volgarità assortite. Al netto di tutto, però, i fantasmi fortunatamente non sono virati in chiave forzatamente comica e creano un universo narrativo inquieto e credibile, tanto nelle pennellate gotiche quanto negli scricchiolii tutt’altro che sparuti e ad alto tasso di suggestione. Particolarmente commovente, per di più, anche l’omaggio di Christian De Sica al padre Vittorio, il più autentico e imprescindibile “fantasma" di tutta l'operazione: non solo è lui stesso, invecchiato e truccato a dovere, a interpretare Vittorio Di Paola, il padre dei tre fratelli giocatore d’azzardo e donnaiolo proprio come il vero Vittorio De Sica, ma nel finale questa componente familiare e autobiografica, già forte delle varie citazioni disseminate lungo tutto il film, si tinge di uno struggimento quasi commovente, tracciando una lettera d’amore da figlio a padre dall’incedere addirittura chapliniano, affettuosissimo e tutt’altro che spettrale (senza dimenticare che il personaggio di Tognazzi, eloquentemente, si chiama Ugo). Il figlio del regista, Brando, ha avuto un ruolo decisivo nella messa a punto degli effetti speciali. Sceneggiatura di Andrea Bassi, Luigi Di Capua e Christian De Sica. Nel cast anche i due giovani Francesco Bruni e Valentina Martone, spalle comiche alle prese con un esilarante e strettissimo dialetto puteolano (proprio della città di Pozzuoli).
Sorta di Ghostbusters (1984) italiano in chiave comica, Sono solo fantasmi nasce da un soggetto di Nicola Guaglianone e Menotti, già autori della sceneggiatura de Lo chiamavano Jeeg Robot (2015), che l’hanno proposto a Christian De Sica. La commistione e la fusione tra uno spunto all’americana e il sostrato fornito dalla tradizione popolare posta all’ombra del Vesuvio produce un ibrido tutt’altro che mal gestito, con un dosato equilibrio tra i due poli e un gusto fantasy che non risparmia stoccate horror e spunti da pelle d’oca ben al di sopra delle aspettative, a cominciare dall’utilizzo della janara, leggendaria strega partenopea. Rispetto a un prodotto analogo come La befana vien di notte (2018), in cui la sceneggiatura di Guaglianone tentava la stessa strada partendo in quel caso da I Goonies (1985), in questo caso la quadratura del cerchio è maggiormente rifinita e l’alchimia tra i tre protagonisti (il romano imbroglione, il milanese d’adozione e l’autistico problematico) decisamente al servizio dei vari capovolgimenti di fronte della ghost story, incrociata con i consueti spiantati e millantatori tipici della commedia all’italiana. Ampio spazio, allo stesso tempo, è concesso alla farsa sboccata tipica della fisicità e della carriera cinematografica di De Sica, con molto fan service per gli appassionati delle consuete gag dell’attore romano e una rivedibile sequenza scatologica con protagonista un fantasma, ampiamente oltre la soglia dello scult, cui si affiancano una manciata di volgarità assortite. Al netto di tutto, però, i fantasmi fortunatamente non sono virati in chiave forzatamente comica e creano un universo narrativo inquieto e credibile, tanto nelle pennellate gotiche quanto negli scricchiolii tutt’altro che sparuti e ad alto tasso di suggestione. Particolarmente commovente, per di più, anche l’omaggio di Christian De Sica al padre Vittorio, il più autentico e imprescindibile “fantasma" di tutta l'operazione: non solo è lui stesso, invecchiato e truccato a dovere, a interpretare Vittorio Di Paola, il padre dei tre fratelli giocatore d’azzardo e donnaiolo proprio come il vero Vittorio De Sica, ma nel finale questa componente familiare e autobiografica, già forte delle varie citazioni disseminate lungo tutto il film, si tinge di uno struggimento quasi commovente, tracciando una lettera d’amore da figlio a padre dall’incedere addirittura chapliniano, affettuosissimo e tutt’altro che spettrale (senza dimenticare che il personaggio di Tognazzi, eloquentemente, si chiama Ugo). Il figlio del regista, Brando, ha avuto un ruolo decisivo nella messa a punto degli effetti speciali. Sceneggiatura di Andrea Bassi, Luigi Di Capua e Christian De Sica. Nel cast anche i due giovani Francesco Bruni e Valentina Martone, spalle comiche alle prese con un esilarante e strettissimo dialetto puteolano (proprio della città di Pozzuoli).
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