La dottoressa Jean Grey (Sophie Turner), fedele assistente del Professor X (James McAvoy), nasconde un micidiale potere psichico. A far scattare il suo inarrestabile superpotere sarà un incontro con una razza aliena, avvenuto nello spazio durante una missione intrapresa dagli X-Men per conto del governo americano.
La saga degli X-Men, giunta a un snodo risolutivo e dato ormai per acquisito il passaggio della Fox alla Disney, fa registrare un sonorissimo passo falso: X-Men: Dark Phoenix è infatti uno dei peggiori e più sciatti cinecomic mai realizzati, che si ispira malamente alla continuità del Marvel Cinematic Universe, ma trova nel personaggio eletto a cuore del film, Jean Grey, il suo principale e più imperdonabile tallone d’Achille. La telepate interpretata da Sophie Turner è infatti caratterizzata in modi e forme perfino più approssimativi e frettolosi del precedente X-Men: Apocalisse (2016), ambientato una decina di anni prima. Anche la confezione, dalla gestione delle coreografie all’uso degli effetti speciali passando per la post-produzione, sembra completamente lasciata al caso e in balia di se stessa e alcuni passaggi di sceneggiatura, davvero rozzi, fanno alzare più di un sopracciglio, tra didascalismi fuori controllo e vistose cadute di tono e credibilità (per non parlare, tra le altre cose, della gestione deficitaria dei flashback). James McAvoy e Michael Fassbender, che riprende le usuali vesti di Magneto, sono anch’essi ai minimi storici e, a detta del primo, il finale è stato rigirato perché troppo simile a un quasi coevo cinecomic Marvel (i produttori, a quanto pare, non erano soddisfatti del risultato e nemmeno del look della Fenice). Convince poco anche la new entry Jessica Chastain, il cui ruolo nel film era rimasto a lungo avvolto nel mistero, nei panni della villain Lilandra. Diretto da Simon Kinberg, al suo esordio dietro la macchina da presa dopo essere stato per lungo tempo co-produttore dei film della saga e co-sceneggiatore di alcuni di essi.