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I migliori 10 film sulla guerra del Vietnam
La guerra del Vietnam è una delle ferite più profonde degli Stati Uniti, che sanguinano ancora dopo molti anni, come dimostra l'ultimo film di Spike LeeDa 5 Bloods. Sono moltissime le opere narrative e cinematografiche che hanno affrontato l'argomento, cercando di coglierne e raccontarne gli orrori e l'essenza, eccezion fatta per il caso di Berretti verdi, di John Wayne, unico ad esaltare il confitto. Tra le opere in cui la guerra riveste un ruolo importante, sebbene non centrale, c'è sicuramente Forrest Gump, mentre invece Taxi Driver è un perfetto esempio di disturbo post traumatico, grazie all'iconico Travis Bickle, reduce di guerra. Ecco i 10 film più significativi sul tema!

10) Allucinazione perversa (Adrian Lyne, 1990)



La sceneggiatura di Bruce Joel Rubin alterna sapientemente realtà e immaginazione (assai vividi gli incubi di Jacob), fondendole senza soluzione di continuità (al fine di creare un funzionale straniamento) e rendendo palpabile il delirio mentale del protagonista: fondamentale, in tal senso, la rappresentazione di una New York cupa e malsana, specchio e metafora di un lacerante disagio interiore. 

9) Giardini di pietra (Francis Ford Coppola, 1987)



Dimenticato film di Francis Ford Coppola sulla guerra in Vietnam sciaguratamente uscito lo stesso anno di Full Metal Jacket (1987) di Stanley Kubrick. Dramma intimo e controllato sulla elaborazione del lutto e sul dolore, sensazione descritta come una lacerazione irrazionale che non ha nulla a che vedere con le celebrazioni militari o, per estensione, con qualsiasi cerimonia pubblica. Una dolorosa riflessione sulla perdita che sa essere universale, partendo da una suggestione personale.

8) Nato il quattro luglio (Oliver Stone, 1989)




Sempre in linea con la tendenza cinematografica del regista a usare il mezzo di comunicazione per denunciare temi sociali di grande spessore, Stone ritorna sul Vietnam senza più raccontare la tragedia dall'interno, come fece con Platoon (1986), ma immortalando impietosamente le insanabili ferite lasciate dalla guerra nel fisico e nell'animo anche dopo la fine di un conflitto. A essere sotto esame è soprattutto la nazione americana, il suo continuo bisogno di essere spronata e scossa per destarsi e riflettere, la sua incapacità di stare vicina ai suoi cittadini dopo averli spremuti e sfruttati: un problema che risulta essere ancora di scottante attualità. 

7) Good Morining Vietnam (Barry Levinson, 1987)



Ispirata alla storia vera di Adrian Cronauer, una pellicola che omaggia efficacemente il noto speaker radiofonico (quarantanovenne all'epoca dell'uscita del film) che ha anche collaborato alla sceneggiatura scritta da Mitch Markowitz. Robin Williams (vincitore di un Golden Globe) lo interpreta al meglio e riesce a restituire sullo schermo tutta la sua carica eversiva. Il complicato bilanciamento tra la scatenata verve comica dell'attore e la cruda realtà della guerra è il vero punto di forza di un'operazione ben equilibrata, valorizzata da un notevole ritmo e da una serie di dialoghi scoppiettanti. 

6) The Fog of War (Errol Morris, 2003)



McNamara si racconta davanti alle cineprese di Morris e allo stesso tempo ne approfitta per impartire undici lezioni (numero dei capitoli in cui è diviso il film) apprese durante il suo lungo operato. Come da suo stile, il regista lascia “sfogare” il suo protagonista, aiutandosi con immagini di repertorio ma senza mai mostrarsi in prima persona. Morris è interessato alle dichiarazioni del suo intervistato in quanto “persona informata sui fatti”, ma il film non si limita solo a questo: scavando più in profondità.

5) Platoon (Oliver Stone, 1986)



Nel rischioso compito di percorrere un terreno già più volte battuto con clamoroso successo in passato, Oliver Stone riesce a trovare una propria dimensione personale nell'affrontare gli orrori del Vietnam, incentrando il film sui conflitti interni tra i soldati americani piuttosto che sulle sequenze di pura azione. Il consueto approccio energico alla regia, mai più così pertinente, riesce a calare lo spettatore in un universo allucinato, sulla base di uno sguardo crudo e reale maturato durante l'esperienza dello stesso Stone come soldato nel territorio vietnamita. Film di alto impegno civile che ha come scopo primario quello di denunciare l'oscenità della guerra e la stupidità del genere umano, dimostrando come l'intolleranza e l'odio possano nascere da divergenze tra persone appartenenti alla stessa cultura, per semplice incapacità di conciliare le differenze individuali. 

4) Bullet in the Head (John Woo, 1990)



A una complessità drammaturgica che dona alla pellicola il sapore di un affresco tragico e straziante, si accompagnano uno stile iperrealista e dosi di massacri inaudite per gli standard occidentali, tra vendette e atrocità belliche. Una violenza necessaria e funzionale, atta a veicolare tragedie personali che si fanno simbolo di una disperazione storica e universale: non a caso, il film mostra una valenza fortemente politica (che riflette su come la Storia travolga gli uomini senza pietà) e cita tra le righe il massacro di piazza Tienanmen. 

3) Full Metal Jacket (Stanley Kubrick, 1987)



Mostrare la “follia della guerra” (del Vietnam, in particolare) non è certo una tematica di primo pelo nel 1987: Stanley Kubrick riesce però a costruire una grande riflessione sull'argomento, posticipando l'azione sui campi di battaglia per focalizzarsi inizialmente sugli alienanti metodi d'addestramento, resi iconici dal sergente Hartman, interpretato da un ex istruttore dei marine. Prendendo spunto dal romanzo Nato per uccidere di Gustav Hasford, il regista priva i personaggi della propria identità (evidente in questo senso la scelta di utilizzare dei soprannomi), li trasforma in anonima carne da macello pronta a sfogare i propri istinti primordiali e, in seguito, a morire. 

2) Il cacciatore (Michael Cimino, 1978)



Poche pellicole hanno mostrato in modo così profondo la ferita lacerante del conflitto in Vietnam, esemplificata nella tragedia condivisa di Mike, Nick, Steven e dei loro amici (rappresentanti dell'America proletaria e multietnica). Il breve segmento bellico centrale, che culmina nell'emblematica scena della roulette russa, è un pugno nello stomaco di brutale realismo, girato senza controfigure e in condizioni proibitive. Prima ci sono l'illusione e la giovinezza, rappresentate dalla lunghissima e splendida sequenza nuziale e dalla metaforica caccia al cervo; poi, solo le ferite, il rimpianto, la morte.

1) Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, 1979)



Due, tra le tante suggestioni, gli assi portanti del film: la lisergica e allucinata descrizione in chiave rock dell'imperialismo americano da una parte, con i soldati che affrontano la guerra come se fosse una folle vacanza, fumando erba, assumendo acidi, ascoltando i Rolling Stones e facendo surf durante i bombardamenti; dall'altra, la risalita del fiume intesa come esoterico viaggio psicanalitico dentro la mente umana, attraverso il quale i protagonisti si spogliano di tutte le sovrastrutture razionali per arrivare a Kurtz, simbolo dell'irrazionalità più oscura e malvagia che alberga dentro tutti noi. A questa impalcatura simbolica di rara forza intellettuale e storica (la guerra in Vietnam era finita da poco più di tre anni), vanno aggiunte una serie di sequenze entrate di diritto nella storia del cinema ma soprattutto nella cultura popolare: l'attacco degli elicotteri con la Cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner; il monologo del colonnello Kilgore (Robert Duvall) sul napalm; Marlon Brando sovrappeso e rasato che parla con sguardo allucinato; The End dei Doors che risuona mentre esplodono le bombe sulla giungla vietnamita.
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