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Non solo Nosferatu: il cinema espressionista di Friedrich W. Murnau arriva su MUBI
Non solo vampiri. La filmografia di Friedrich W. Murnau, che il look da vampiro, tra l’altro, un po’ ce l’aveva, si estende ben oltre i confini di Nosferatu (1922), pietra miliare per la storia alla celluloide dei non-morti succhia-sangue e trasposizione del Dracula di Bram Stoker. Nato in Prussia nel 1888 sotto il cognome di Plumpe, Friedrich diventa Murnau quando decide di darsi il nome di una cittadina della poi Germania meridionale dove risiedette per qualche tempo. Influenzato dall’Espressionismo, Murnau, come spesso accade ai grandi, ruba, impara, ma poi è lui a fare scuola. Che si trattasse di film a tema leggenda ed esoterismo o mirabili ritratti umani, la luce dei set di Murnau è inconfondibile, la sua cinepresa, nell’era della fissità teatrale, libera e pensante. Confrontarsi con i suoi film muti per credere: la grazia e la fluidità della mano di Murnau non passano inosservate.



Anche il servizio di streaming MUBI ha deciso di celebrare l’artista tedesco, e lo fa dedicandogli un Double Bill (una mini-rassegna in due titoli) rimarchevole. Uniti da sceneggiatore (Carl Mayer), direttore della fotografia (Karl Freund, collaboratore di lungo corso, tra gli altri, di Fritz Lang), e interprete principale (Emil Jennings, unico attore nella storia del cinema tedesco a vincere l’Oscar come Miglior Attore Protagonista), L’ultima risata (1924) e Tartuffo (1925) permettono di scoprire la piena potenza dello stile di Murnau.



Entrambi film a tesi, L’ultima risata e Tartuffo si snodano per dimostrare un assunto di partenza. Che, nel primo caso, “chi ride bene ride per ultimo” e invece, nel secondo caso, che non si può mai essere sicuri degli scopi di chi ci mettiamo accanto. Storia di un anziano portiere d’albergo rimosso dalla sua posizione a causa dell’età, L’ultima risata vede uno Jennings farsi, nella fierezza di barba e baffi prussiani, prima difensore della “old way” contro il progresso spigoloso e infestante della modernità, che gli impone standard di efficienza di cui non sa più tenere il passo; poi, diabolico vendicatore, che lavorerà al meglio dei suoi mezzi per girare la situazione a suo favore. Nel Tartuffo – adattamento della pièce del commediografo francese Molière – Jennings veste invece i panni del protagonista eponimo, parassita e gaglioffo, che, fingendosi santo vivente, si approfitta della cieca devozione del signor Orgon, ricco padrone di casa.



Apparentemente distanti nei temi, le due pellicole vengono riunite dallo stile. Murnau alterna campi lunghi sui teatri di posa a primi piani su volti ad alto contrasto, definiti dalle ombre più che dalla luce. Al contrario di Carl Dreyer, che nei primi piani comunicava la tracsendenza, Murnau non indica all’oltremondano, all’essenza, ma si concentra sulla realtà umana del personaggio e sfrutta al meglio le risorse del cinema muto, che nel volto degli attori trova motori per la trama. Ne L’ultima risata, il dramma è ulteriormente messo in scena nei i movimenti di macchina. Murnau si muove in profondità e scardina la fissità bidimensionale dell’inquadratura pre-sonoro, scivola tra gli interpreti, entra nella testa del protagonista attraverso spacchi di città obliqui che, dell’Espressionismo, richiamano più la produzione poetica che cinematografica.



Un cinema che si auto-comprende al pieno delle sua potenzialità, ma che, allo stesso tempo, esercita discernimento stilistico e tematico. Una volta trasferitosi negli Stati Uniti per lavorare a Hollywood, Murnau riuscì a mantenere intatta la sua visione autoriale e coronò la propria vita, e carriera, con Tabu (1931), film che lo riportò circolarmente ai blocchi di partenza attraverso il confronto con la mitologia e la ritualità tribale. Murnau morì giovane, nel 1931. Eppure, la delicatezza, e l’incisività, dei suoi film rimangono ancora scritte sulla pelle del pubblico. Nel cinema di Murnau, nulla è fuori tempo. Ogni volta, con le parole del Faust goethiano, di cui il regista produsse un adattamento, è un incontro con un prezioso, irripetibile, attimo bello.

Elisa Teneggi
Maximal Interjector
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