«Quando mi chiedono perchè scelgo delle ragazze come protagoniste dei miei film, la mia prima reazione è domandare a mia volta: ‘E perchè dovrei scegliere i ragazzi, piuttosto?’»
La filmografia dello Studio Ghibli, e in particolare di Hayao Miyazaki, ha da sempre posto enorme attenzione verso i personaggi femminili, al punto che quasi in ogni favola del Maestro le protagoniste sono donne. Se si fa eccezione per Lupin III – Il castello di Cagliostro, Porco Rosso e il quasi biografico Si alza il vento, le eroine sono state da sempre al centro della narrazione, cominciare dal manga del 1982: Nausicaä della Valle del vento. Che si tratti di Nausicaä, Sheeta, Mei e Satsuki, Kiki, Mononoke, Chihiro, Sophie o Ponyo, tutte hanno dei tratti in comune: forti, sognatrici e con uno sguardo sempre proiettato verso il futuro.
«Il motivo per cui presento un’eroina femmina dipende probabilmente dal fatto che la società accorda tradizionalmente il controllo all’uomo, in Giappone come nel resto del mondo».
Sotto questo punto di vista, la vera eccezione è Mononoke, che tra tutte è l’eroina meno poetica e più violenta di tutta la filografia di Miyazaki. Principessa Mononoke è infatti il assoluto il suo film più pessimista in cui anche la protagonista, nonostante possieda fascino e una personalità forte, non ha alcun tratto dolce e luminoso, anzi. L’essere violenta e quasi sanguinaria per difendere la natura la rende l’altro volto di una medaglia in cui si trova Nausicaä, che affronta il mondo inquinato come una guerriera, ma sempre con il sorriso sul volto, l’arma più forte con cui si relaziona al disastro ambientale e a chi non vuole porvi rimedio. Sheeta, protagonista de Il castello nel cielo, è probabilmente la figura più debole tra queste, anche se indubbiamente si incastona alla perfezione nel mosaico femminile creato dall’autore nipponico.
«Abbiamo raggiunto un’epoca in cui questo modo di pensare orientato al maschile sta per raggiungere i suoi limiti. Le ragazze e le donne possiedono una maggior flessibilità. Questo è il motivo per cui un punto di vista femminile va incontro ai tempi correnti».
Quale sguardo al futuro è più puro di quello di un bambino? Quello di una bambina, stando alla poetica di Miyazaki, che declina l’universo femminile in ogni modo possibile: in Il mio vicino Totoro Mei e Satsuki sono due sorelline che vivono con il papà, mentre la mamma è in ospedale, e saranno proprio loro due (con l’aiuto di una creatura della foresta e di un gattobus) a trasformare il periodo di convalescenza in un momento quasi magico e a lieto fine per la loro famiglia. Creature salvifiche, come del resto la piccola Ponyo, la pesciolina protagonista di Ponyo sulla scogliera: il suo desiderio di diventare un essere umano per amicizia del giovane Sosuke è ciò che (assieme alla presenza materna) salverà il bimbo dall’assenza del padre: Miyazaki ha disegnato Sosuke con i lineamenti di suo figlio Goro, con il quale non ha passato molto tempo nel periodo dell’infanzia.
«Secondo la mia opinione, non dovrebbe sussistere alcuna differenza tra uomo e donna. Io li vedo uguali in molti modi».
La pesciolina che vuole diventare umana potrebbe ricordare La Sirenetta, ma anche Pinocchio, come avviene in La città incantata: i genitori di Chihiro vengono trasformati in maiali come punizione per la loro gola e toccherà alla piccola salvarli. Non sarà facile, proprio perché la ragazza è molto giovane e la missione per lei sarà duplice: diventare grande e responsabile, provando in questo modo a far tornare i suoi genitori degli esseri umani. Chi affronta un periodo di crisi è Kiki, la streghetta che parte per il suo anno di praticantato e che, in piena adolescenza, entra in una crisi profonda, perdendo così i suoi poteri e non riuscendo più a volare: raramente si è vista una delicatezza simile nell’affrontare la fragilità di un periodo così difficile. Sophie, in Il castello errante di Howl è vittima di un sortilegio che la costringe ad avere un aspetto che non è il suo, quello di una signora anziana, e solo un percorso che riesca a portarla al cuore di sé stessa riuscirà a guarirla: una soluzione che arriva da se stessa, prima di tutto.
«Esiste sempre il ruolo maschile, certo, ma c’è anche sempre il ruolo femminile. In Giappone abbiamo un antico modo di dire quanto siano stupidi gli uomini. Gli uomini si danno immediatamente all’azione, mentre le donne pensano alle cose approfonditamente. Ciascuna delle due parti supporta l’altra».
Lorenzo Bianchi
La filmografia dello Studio Ghibli, e in particolare di Hayao Miyazaki, ha da sempre posto enorme attenzione verso i personaggi femminili, al punto che quasi in ogni favola del Maestro le protagoniste sono donne. Se si fa eccezione per Lupin III – Il castello di Cagliostro, Porco Rosso e il quasi biografico Si alza il vento, le eroine sono state da sempre al centro della narrazione, cominciare dal manga del 1982: Nausicaä della Valle del vento. Che si tratti di Nausicaä, Sheeta, Mei e Satsuki, Kiki, Mononoke, Chihiro, Sophie o Ponyo, tutte hanno dei tratti in comune: forti, sognatrici e con uno sguardo sempre proiettato verso il futuro.
«Il motivo per cui presento un’eroina femmina dipende probabilmente dal fatto che la società accorda tradizionalmente il controllo all’uomo, in Giappone come nel resto del mondo».
Sotto questo punto di vista, la vera eccezione è Mononoke, che tra tutte è l’eroina meno poetica e più violenta di tutta la filografia di Miyazaki. Principessa Mononoke è infatti il assoluto il suo film più pessimista in cui anche la protagonista, nonostante possieda fascino e una personalità forte, non ha alcun tratto dolce e luminoso, anzi. L’essere violenta e quasi sanguinaria per difendere la natura la rende l’altro volto di una medaglia in cui si trova Nausicaä, che affronta il mondo inquinato come una guerriera, ma sempre con il sorriso sul volto, l’arma più forte con cui si relaziona al disastro ambientale e a chi non vuole porvi rimedio. Sheeta, protagonista de Il castello nel cielo, è probabilmente la figura più debole tra queste, anche se indubbiamente si incastona alla perfezione nel mosaico femminile creato dall’autore nipponico.
«Abbiamo raggiunto un’epoca in cui questo modo di pensare orientato al maschile sta per raggiungere i suoi limiti. Le ragazze e le donne possiedono una maggior flessibilità. Questo è il motivo per cui un punto di vista femminile va incontro ai tempi correnti».
Quale sguardo al futuro è più puro di quello di un bambino? Quello di una bambina, stando alla poetica di Miyazaki, che declina l’universo femminile in ogni modo possibile: in Il mio vicino Totoro Mei e Satsuki sono due sorelline che vivono con il papà, mentre la mamma è in ospedale, e saranno proprio loro due (con l’aiuto di una creatura della foresta e di un gattobus) a trasformare il periodo di convalescenza in un momento quasi magico e a lieto fine per la loro famiglia. Creature salvifiche, come del resto la piccola Ponyo, la pesciolina protagonista di Ponyo sulla scogliera: il suo desiderio di diventare un essere umano per amicizia del giovane Sosuke è ciò che (assieme alla presenza materna) salverà il bimbo dall’assenza del padre: Miyazaki ha disegnato Sosuke con i lineamenti di suo figlio Goro, con il quale non ha passato molto tempo nel periodo dell’infanzia.
«Secondo la mia opinione, non dovrebbe sussistere alcuna differenza tra uomo e donna. Io li vedo uguali in molti modi».
La pesciolina che vuole diventare umana potrebbe ricordare La Sirenetta, ma anche Pinocchio, come avviene in La città incantata: i genitori di Chihiro vengono trasformati in maiali come punizione per la loro gola e toccherà alla piccola salvarli. Non sarà facile, proprio perché la ragazza è molto giovane e la missione per lei sarà duplice: diventare grande e responsabile, provando in questo modo a far tornare i suoi genitori degli esseri umani. Chi affronta un periodo di crisi è Kiki, la streghetta che parte per il suo anno di praticantato e che, in piena adolescenza, entra in una crisi profonda, perdendo così i suoi poteri e non riuscendo più a volare: raramente si è vista una delicatezza simile nell’affrontare la fragilità di un periodo così difficile. Sophie, in Il castello errante di Howl è vittima di un sortilegio che la costringe ad avere un aspetto che non è il suo, quello di una signora anziana, e solo un percorso che riesca a portarla al cuore di sé stessa riuscirà a guarirla: una soluzione che arriva da se stessa, prima di tutto.
«Esiste sempre il ruolo maschile, certo, ma c’è anche sempre il ruolo femminile. In Giappone abbiamo un antico modo di dire quanto siano stupidi gli uomini. Gli uomini si danno immediatamente all’azione, mentre le donne pensano alle cose approfonditamente. Ciascuna delle due parti supporta l’altra».
Lorenzo Bianchi