«Ho la sensazione che farò bei film per il resto della mia vita.»
Epico, innovativo, minuzioso, sontuoso, imprescindibile. Paul Thomas Anderson continua a stupire e incantare con un cinema capace di unire nobile rispetto per il classico e intuizioni orientate al futuro. Grandi sono le aspettative per il suo prossimo progetto, Soggy Bottom; nell'attesa, e a 25 anni di distanza dal debutto di Sydney al Sundance Film Festival (avvenuto esattamente il 20 gennaio 1996), ripercorriamo la filmografia di un autore di importanza capitale all'interno del panorama cinematografico contemporaneo attraverso le figure che la popolano. Di seguito, i personaggi memorabili dei film di Paul Thomas Anderson.
Amber Waves di Boogie Nights – L'altra Hollywood (1997)
Peggy Dodd di The Master (2012)
Ritratto di un'America ferita, a caccia di certezze e maestri da seguire. L'uomo americano, stretto tra gli orrori della Seconda guerra mondiale e l'imminente conflitto in Corea, si muove in cerca di qualcuno che possa guidarlo e aiutarlo a incanalare in maniera costruttiva forza e brutalità dettate dalla disperazione e da nervi a pezzi. Un incontro/scontro attoriale che si potrebbe definire "triello": tra Freddie/Phoenix e Lancaster/Seymour Hoffman si inserisce, ambigua e manipolatrice, la Peggy Dodd di Amy Adams che intuisce il pericolo, rappresentato da Quell, per la Causa e l'unità familiare.
Cyril Woodcock de Il filo nascosto (2017)
«Non ti conviene provocarmi, non ne usciresti vivo. Perché miro dritto al cuore, e finisci tu a terra, capito?». Un rapporto ossessivo tra un uomo e una donna, quello raccontato da Anderson ne Il filo nascosto, in cui le dinamiche di figura forte e figura debole si vanno a interscambiare nel corso della narrazione. A inserirsi in questo gioco di forza tra lo stilista Reynolds e la musa Alma è la Cyril Woodcock di Lesley Manville, figura solerte, gelida e prevaricatrice, decisa a dominare in ogni senso il fratello e a frantumarne l'ego con una parola o uno sguardo.
Frank T.J. Mackey di Magnolia (1999)
«Nel gioco della vita l'importante non è quello che sperate o che meritate, ma quello che prendete». Accentuando un'impostazione drammaturgica che punta sulla coralità e su uno stile virtuosistico, Paul Thomas Anderson racconta, ancora una volta, una storia di miseria, di sofferenza e di inadeguatezza di fronte alle varie declinazioni di dolore e frustrazione. Un puzzle di dolente umanità, nel quale svetta prepotente il guru Frank T.J. Mackey interpretato da un Tom Cruise in stato di grazia, "maschilista motivazionale" dal linguaggio scurrile e dall'atteggiamento beffardo che nasconde un trauma radicato nel profondo.
Freddie Quell di The Master (2012)
«Di' il tuo nome»; «Freddie Quell»; «Te lo faccio ripetere, così che tu possa essere sicuro di chi sei». L'incontro tra uno sbandato reduce della Marina e il leader di una setta spirituale si trasforma in uno dei duelli più serrati mai visti sullo schermo: bestialità e sessualità contro razionalità e rigore. Il Freddie Quell di Joaquin Phoenix, assolutamente perfetto per il ruolo, possiede una componente animalesca evidente fin dalla postura, che l'ingresso in un Ordine Precostituito cerca di esorcizzare. Un personaggio dolente, condannato all'isolamento per sua stessa natura, che regala momenti da antologia (la sequenza della cella).
Larry "Doc" Sportello di Vizio di forma (2014)
«Quando stavano insieme passavano settimane senza che sul viso comparisse niente di più complicato di un broncio. Ora stava presentando a Doc una combinazione di espressioni che lui non riusciva minimamente a interpretare. A pensarci bene non c'era mai stato così tanto dolore nella sua voce». Paul Thomas Anderson adatta per il grande schermo l'omonimo romanzo di Thomas Pynchon, contaminando il noir al nonsense e riflettendo la psichedelia di un mondo impazzito; specchio deformato e deformante di questa realtà è il Larry "Doc" Sportello di Joaquin Phoenix, antieroe fragile e al tempo ferreo, perennemente travolto da eventi surreali che non è in grado di controllare, ma portatore di un'ormai troppo rara coerenza.
Reynolds Woodcock de Il filo nascosto (2017)
«Kiss me, my girl, before I'm sick». Un film di fantasmi: il Reynolds Woodcock di Daniel Day-Lewis (alla sua ultima interpretazione), uomo austero e severissimo ma anche capace di inattese fragilità infantili, è succube del ricordo di una madre le cui reliquie (una fotografia, una ciocca di capelli) porta sempre con sé. Lui, che conosce alla perfezione la femminilità e i desideri di ogni donna, sembra poter fare a meno di una compagna nella vita, fino a quando non conosce Alma, modella, amante e addirittura “nuova madre” pronta a prendersi cura di lui e a scacciare gli spettri nascosti tra i fili degli abiti che Reynolds tesse quotidianamente. Anderson scava negli abissi dell’animo umano con una forza audiovisiva e drammaturgica impressionante, realizzando un melodramma da antologia.
Lancaster Dodd di The Master (2012)
«E se trovi il modo di vivere senza servire un padrone, un qualunque padrone, allora vieni qui a raccontarcelo, va bene? Perché saresti la prima persona nella storia del mondo»: Anderson riflette sulla necessità ineludibile per ogni essere umano di trovare un modello da seguire e al contempo di ricoprire tale ruolo in rapporto a qualcun altro. Metafora primaria di questa tesi è il Lancaster Dodd di Philip Seymour Hoffman, ispirato al fondatore di Scientology L. Ron Hubbard: cardine, guida, dittatore, carismatico, contraddittorio, instabile, ipocrita. Un personaggio, tra molti personaggi, che fa rimpiangere amaramente la prematura scomparsa di un attore da brivido.
Daniel Plainview de Il petroliere (2007)
Paul Thomas Anderson racconta la perdita dell'innocenza di una Nazione. Il Daniel Plainview di Daniel Day-Lewis è incarnazione paradigmatica delle qualità e dei limiti dell'Homo americanus: tenacia, determinazione, pragmatismo e senso degli affari, ma anche ambizione smisurata, individualismo e salvaguardia delle apparenze. Avido, prevaricatore, dilaniato dalla sete di denaro e potere e dall'impossibilità strutturale di amare davvero qualcuno, Plainview si manifesta in tutto il suo desolante vacuum nell'esplosione finale («Io sono la Terza Rivelazione! Io sono l'eletto del Signore! Perché sono più bravo di te! Perché sono più abile di te! Sono un veterano, io! Io non sono un falso profeta! Stupido principiante! Io sono la Terza Rivelazione! Io sono la Terza Rivelazione! Ti ho detto che ti avrei divorato! Ti ho detto che ti avrei divorato!»), espressione cristallina dello sconfinato talento di Day-Lewis (premiato con l'Oscar).