In occasione del sessantesimo compleanno del Festival di Cannes, lo storico curatore Gilles Jacob ha chiesto a 34 importanti cineasti della scena internazionale, abituali frequentatori della kermesse francese, di realizzare un corto di 3 minuti sull'esperienza del cinema come spettatori.
Molte e interessanti le chiavi di lettura proposte in quest'opera collettiva che, a differenza di altre simili, è dotata di una sua omogeneità e coerenza. Se sul grande schermo i tributi e gli omaggi ai grandi maestri del passato si sprecano, è nell'oscurità della sala cinematografica che i corti più originali trovano la loro naturale dimensione: per i fratelli Dardenne (Nell'oscurità) luogo di incontro furtivo tra mani sconosciute, per Von Trier (Occupazioni) teatro di un feroce quanto inevitabile massacro, per Polanski (Cinema erotico) set di un imbarazzante fraintendimento, per Nanni Moretti (Diario di uno spettatore) spazio della memoria in cui rintracciare ricordi personali. Accanto a quello dei Dardenne, brillano in particolare i corti degli autori asiatici. Tra i migliori quelli di Tsai Ming-Liang (È un sogno), oscuro ed evocativo, e Chen Kaige (Nel villaggio di Zhanxiou), toccante omaggio a Chaplin e alla magia delle immagini in movimento. Singolare la scelta di David Cronenberg, interprete e regista dell'immaginario suicidio dell'ultimo ebreo sulla terra nell'ultima sala cinematografica del mondo. Tra i più fedeli alla loro poetica, con corti che sono un distillato del loro modo di fare cinema, Kaurismaki (La fonderia), Ruiz (Il dono) e Kiarostami (Dov'è il mio Romeo), che anticipa un'idea sviluppata l'anno successivo in Shirin. Tra i frammenti più deludenti quelli di Gus Van Sant (Primo bacio) e Michael Cimino (Traduzione non richiesta), interlocutorio come nessun altro. Uniche due firme statunitensi quelle di David Lynch (Absurda) e dei fratelli Coen (World cinema).