Germania: Alì (Tuncel Kurtiz), vedovo da tempo, decide di porre fine alla solitudine, iniziando una relazione con una prostituta di origine turca, Yeter (Nursel Köse), contro il volere del figlio Nejat (Baki Davrak). Turchia: Ayten (Nurgül Yeşilçay), giovane attivista politica rifugiatasi in Germania, decide di andare alla ricerca della madre che non vede da tempo, trovando solidarietà nell'amica Lotte (Patrycia Ziolkowska) e nella di lei genitrice Susanne (Hanna Schygulla). Le due storie, apparentemente distanti, sono indissolubilmente legate. La doppia identità è uno dei motivi che riecheggia nella filmografia del turco Fatih Akin, da sempre impegnato a rappresentare il dramma di chi è diviso fra Est e Ovest. Ma, in questo caso, la tematica è trattata con maggiore spessore rispetto ai suoi film precedenti: la sceneggiatura (premiata al Festival di Cannes) è corposa, con intricate dinamiche narrative e i sei protagonisti che si sfiorano nel corso di una storia coinvolgente e sviluppata con cura. Ma il tutto, forse, necessitava comunque di una maggiore creatività nella caratterizzazione dei personaggi, imbrigliati in ruoli standardizzati. Molto virtuosismo, anche troppo, ma Akin riesce ugualmente a colpire nel segno grazie a una messinscena elegante e a un copione capace di far riflettere. Non è poco.