In guerra
En Guerre
2018
Paese
Francia
Genere
Drammatico
Durata
113 min.
Formato
Colore
Regista
Stéphane Brizé
Attori
Vincent Lindon
Jacques Borderie
Bruno Bourthol
Valérie Lamond
Guillaume Draux
A causa di ingenti problemi finanziari, gli alti dirigenti di una grande fabbrica decidono di ridurre drasticamente il numero degli operai. I 1.100 lavoratori, capeggiati dal determinato sindacalista Laurent Amédéo (Vincent Lindon), iniziano una dura battaglia in difesa dei propri diritti.
Proseguendo il discorso proposto con La legge del mercato (2015), Stephane Brizé, anche sceneggiatore, si spinge ancora nel territorio del dramma di impegno sull'instabilità lavorativa ai tempi dell'incertezza, della crisi (non solo finanziaria, ma anche di rapporti umani) e dello sconforto individuale. E lo fa superando qualsiasi barriera convenzionale, immergendosi con una capacità mimetica a dir poco straordinaria nel complesso mondo di dinamiche trattate spesso con superficialità e sensazionalismi di comodo dai media (i quali, non a caso, giocano un ruolo centrale all'interno del film, in termini di fredda documentazione ma anche di distacco omertoso). Un'opera che indaga il peso della responsabilità e gli alti valori morali con una prospettiva cruda e realistica carica di rispetto per chi lotta in difesa dei propri diritti. Costruito su una serie di blocchi magistralmente coordinati che gettano uno sguardo puntuale sui diversi aspetti che coinvolgono una storia di questo tipo, il film non si fa mai freddo reportage di inchiesta: il taglio quasi documentaristico conserva sempre una profonda umanità e in numerose sequenze, anche grazie a un sapiente uso della musica, si respira aria di grande cinema. Un concerto di volti, di emozioni e di situazioni portati sullo schermo grazie a una densissima scrittura, in cui la parola gioca un ruolo cruciale ma, attraverso una regia attentissima ai dettagli, le immagini si fanno tramite di un toccante quadro complessivo che culmina con un finale bellissimo e commovente. Vincent Lindon superiore a ogni elogio, ma ogni singolo attore presente sulla scena meriterebbe una standing ovation. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
Proseguendo il discorso proposto con La legge del mercato (2015), Stephane Brizé, anche sceneggiatore, si spinge ancora nel territorio del dramma di impegno sull'instabilità lavorativa ai tempi dell'incertezza, della crisi (non solo finanziaria, ma anche di rapporti umani) e dello sconforto individuale. E lo fa superando qualsiasi barriera convenzionale, immergendosi con una capacità mimetica a dir poco straordinaria nel complesso mondo di dinamiche trattate spesso con superficialità e sensazionalismi di comodo dai media (i quali, non a caso, giocano un ruolo centrale all'interno del film, in termini di fredda documentazione ma anche di distacco omertoso). Un'opera che indaga il peso della responsabilità e gli alti valori morali con una prospettiva cruda e realistica carica di rispetto per chi lotta in difesa dei propri diritti. Costruito su una serie di blocchi magistralmente coordinati che gettano uno sguardo puntuale sui diversi aspetti che coinvolgono una storia di questo tipo, il film non si fa mai freddo reportage di inchiesta: il taglio quasi documentaristico conserva sempre una profonda umanità e in numerose sequenze, anche grazie a un sapiente uso della musica, si respira aria di grande cinema. Un concerto di volti, di emozioni e di situazioni portati sullo schermo grazie a una densissima scrittura, in cui la parola gioca un ruolo cruciale ma, attraverso una regia attentissima ai dettagli, le immagini si fanno tramite di un toccante quadro complessivo che culmina con un finale bellissimo e commovente. Vincent Lindon superiore a ogni elogio, ma ogni singolo attore presente sulla scena meriterebbe una standing ovation. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
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